L'esonero di Stefano Pioli, avvenuto da poche ore a questa parte, è una notizia che il popolo nerazzurro vede da due punti di vista diversi: da una parte la grande speranza che si preannuncia per il futuro, dall'altra la consapevolezza di aver fallito nel passato e di ritrovarsi tuttora con un lungo e intricato elenco di punti interrogativi ai quali andrà sin da subito posto rimedio. La decisione divulgata nella scorsa serata è un fulmine in piena tempesta per l'Inter. L'ennesimo esonero nell'era post Triplete. Il terzo in stagione dopo quelli di Mancini e De Boer. Il quinto in carriera per Pioli. Ma cosa c'è realmente dietro questa decisione? Ecco le quattro cause che, verosimilmente, hanno portato Suning alla drastica scelta...
1) RISULTATI DA ZONA RETROCESSIONE - Chi l'avrebbe mai detto dopo quella striscia di sette vittorie consecutive, interrotta solo allo Juventus Stadium, che a tre giornate dalla fine del campionato il tecnico della Beneamata sarebbe stato esonerato. Eppure il calcio è fatto così, è capace di regalarti grandi soddisfazioni e poco dopo di riservarti amare sorprese. Come nel caso di Pioli, che in seguito a 7 trionfi di seguito ha visto la sua Inter cominciare a barcollare in classifica, fino alle ultime 6 giornate, nelle quali è stato raccolto soltanto un punto. Come il Pescara. Peggio delle altre 18 squadre di Serie A. Il Palermo che è penultimo negli ultimi due mesi ha fatto meglio dei nerazzurri. In base a ciò, Suning ha ritenuto l'esonero del tecnico la soluzione migliore, per ricominciare da capo e cercare ripartite con il piede giusto già dalla prossima stagione.
2) MANCANZA DI CARATTERE IN CAMPO - "Dopo la gara contro il Torino, quando la Champions sembrava un miraggio più che un obiettivo concreto, abbiamo abbassato la guardia". È questa la frase che tanto ha fatto discutere i tifosi nerazzurri, pronunciata da Danilo D'Ambrosio nella scorsa settimana. Fatto sta che, al di là delle sue dichiarazioni, dopo il pareggio con i granata l'Inter ha cominciato a subire un eclatante calo di rendimento, rimediando risultati inverosimili come il tonfo di Crotone, il derby pareggiato al 97' che sa quasi di sconfitta, il rocambolesco 5-4 con la Fiorentina in favore dei toscani. Oltre alla sconfitta contro il Genoa, La goccia che ha fatto traboccare il vaso. L'ennesima disfatta dell'ennesima stagione sotto le aspettative. Uno dei difetti principali di questa Inter è la mancanza di grinta e personalità. A volte i nerazzurri sono scesi in campo con l'atteggiamento sbagliato, in altre occasioni è venuta comunque a mancare quella foga e rabbia agonistica che contraddistinguono un grande gruppo. Perché una grande squadra deve avere il coraggio di rialzarsi. E l'Inter non lo ha mai fatto. Certe sconfitte hanno rimarcato una grande discrepanza sul piano caratteriale tra la squadra di Pioli e gli avversari. Quando è stata chiamata in causa, l'Inter non ha mai saputo tirar fuori gli attributi. E questo è il più grande difetto che abbia potuto avere.
3) LA GESTIONE DI GABIGOL - A Pioli si può imputare anche la delicata situazione riguardante il brasiliano: a differenza di De Boer, il tecnico italiano ha concesso qualche chance all'ex Santos. Ma gli ha riservato comunque troppo poco spazio, preferendo favorire come primo cambio in ogni partita l'ingresso in campo di Eder. A Genova Gabriel Barbosa è stato gettato nella mischia, con l'Inter in svantaggio, più per 'punire' chi stava giocando male che per reale fiducia nelle sue qualità. I tempi e i modi per farlo ambientare nella maniera più adeguata potevano essere gestiti meglio.
4) I CAMBI IN CORSA - Sul conto di Stefano Pioli hanno destato alcune perplessità anche le sostituzioni effettuate a gara in corso. Non solo nel caso di Gabigol, che è stato risparmiato in circostanze nelle quali avrebbe potuto esprimere il suo potenziale. Per fare un solo esempio, a Cagliari il brasiliano è rimasto in panchina nonostante già a metà secondo tempo il risultato fosse sul parziale di 5-1 in favore dei nerazzurri. Non ha convinto neanche la gestione di Eder: l'italo-brasiliano non si è rivelato una pedina tattica fondamentale per la squadra a gara in corso. Nella valutazione pesa la gestione del secondo tempo nel derby: l'inserimento di Biabiany e la sostituzione di Joao Mario con Murillo hanno agevolato un'insperata rimonta da parte del Milan, al termine di un derby visto in tutto il mondo. Ma non solo: anche gli stessi cambi effettuati a Genova non hanno del tutto convinto. Non tanto per i singoli, quanto per il nuovo assetto tattico (a forte trazione anteriore) che è stato dato alla squadra. Scelte rivedibili, dunque, quelle di Stefano Pioli.
L'esonero dell'allenatore emiliano, comunque, non è che la conseguenza di una serie di errori societari iniziati ad agosto con la fine del rapporto con Mancini, frutto di una serie di incomprensioni a causa delle quali nei mesi estivi la squadra è stata distolta dal recupero delle attività psicofisiche dopo la lunga sosta ed è arrivata visibilmente tutt'altro che pronta fisicamente per sostenere un'intera stagione. A dimostrarlo sono stati i risultati raccolti soprattutto nella prima parte dell'anno. Con l'addio di Frank de Boer, un'altra rivoluzione. E l'esonero di Pioli potrebbe essere captato come la volontà/necessità da parte di Suning di cambiare rotta sin da subito e dare un segnale di scossa in questo finale di campionato. Quello di cui questa Inter ha dimostrato di avere molto bisogno.
Andrea Pontone
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