Lukas Podolski sbarca a Milano una sera dei primi giorni di gennaio 2015, portandosi appresso un bagaglio che sa di Champions League. Il campione del Mondo tedesco arriva infatti all’Inter perché Mancini ha bisogno di assemblare una truppa capace di dare la caccia al terzo posto, obiettivo che, complice per l’appunto l’arrivo del Mancio, sembra ora alla portata della squadra nerazzurra. Podolski, nell’idea del tifoso interista, dovrebbe essere il primo di una serie di arrivi invernali che permetteranno alla squadra di estraniarsi da quella situazione stagnante in cui era finita durante l’ultimo periodo di Mazzarri, dove latitavano sia l’entusiasmo sia i risultati, consegnando all’Inter un misero posto da metà classifica e rendendo sempre più scontenta una tifoseria che, partita dopo partita, si dimostrava più avversa verso un gruppo che rischiava di sfiorare l’apatia tecnico-tattica. Nel gioco (sempre il monotono 3-5-2 con scarichi sulle fasce e cross in mezzo) e, appunto, nella corsa alla Champions League.
Podolski si è presentato al popolo nerazzurro nella battaglia dello Juventus Stadium, partecipando alla rimonta dopo il gol di Tevez, rischiando addirittura di riuscire a vincerla, servendo a Icardi un paio di palloni invitanti che la punta argentina non ha saputo sbattere in rete. Nel derby d’Italia, Poldi è riuscito subito a entrare nel vivo del gioco, agendo in una posizione ibrida, a metà fra l’esterno di sinistra e il trequartista, smistando diversi palloni e distinguendosi per la capacità di scuotere i compagni. Il suo ingresso ha cambiato la partita. La settimana seguente, contro il Genoa, l’ex giocatore dell’Arsenal si ripete con una partita di sostanza, contraddistinta dal lavoro in fase di interdizione (5 palle recuperate) e da molti palloni giocabili per i compagni: 5 cross, 2 passaggi chiave per la manovra nerazzurra e anche due dribbling che hanno permesso ai nerazzurri di mettere alle strette la difesa rossoblù di Gasperini. Dopo la prima vittoria conquistata (concisa con l’arrivo di Xherdan Shaqiri), è iniziato un periodo di involuzione, con il tedesco che ha visto calare progressivamente i suoi minuti in campo, con il culmine raggiunto nella partita contro il Palermo, dove Lukas non ha giocato. E, insieme al suolo calo, anche l’Inter è andata perdendosi, con tre sconfitte consecutive fra Torino, Napoli e Sassuolo. Ora, la via tracciata sembra quella della scossa. Come si spiega tutto ciò?
Partiamo da un dato di fatto: Podolski nel corso della prima parte di stagione all’Arsenal, ha disputato per intero un match solo una volta, in occasione della partita di Champions League dei Gunners contro il Galatasaray. In Premier League, il suo minutaggio è stato a dir poco risicato: 7 apparizioni (tutte da subentrante) per un totale di 99 minuti giocati, con il picco di 28’ nella partita contro lo Stoke City del 6 dicembre scorso. Ad un mese esatto quindi dall’esordio in nerazzurro contro la Juventus (datato 6 gennaio 2015). I minuti giocati con l’Arsenal salgono a 227 se si considerano le partite di Champions League a cui il tedesco ha preso parte, segnando fra le altre cose tre gol. Insomma, di certo Lukas non è nelle condizioni ideali per fare bene. E’ lampante come un giocatore come lui (1,82 cm per 83 kg) abbia bisogno di qualche partita per carburare e oliare i movimenti del suo arsenale. Da quando è all’Inter, Podolski ha già giocato 412 minuti, praticamente il doppio rispetto a quanto fatto in Inghilterra. Calma, ha bisogno di prendere ritmo.
Checché se ne dica, in Italia si gioca un calcio diverso rispetto al resto del mondo. Lo sta imparando anche Prinz Poldi: “Il calcio inglese ha più potenza e dinamismo, è molto più aperto. La Premier League è la numero uno a livello mondiale. Il calcio italiano è basato maggiormente su tattica e risultati. Le partite sono sempre dure, molto chiuse, gli avversari sono difficili da superare. Ti concedono davvero pochi spazi”, ha dichiarato qualche giorno fa. Ebbene sì, Lukas: 15 tackle subiti, più partecipazione alla fase difensiva (i suoi numeri per quanto riguarda le fasi di gioco in cui la palla ce l’hanno gli avversari sono quasi duplicati rispetto a quando era a Londra: Mancini chiede di sacrificarsi molto. In media, Poldi compie due interventi difensivi a gara, quando all’Arsenal difendeva in modo più blando, riuscendo poco ad essere incisivo quando si trattava di difendere). C’è poi un dato che ha una duplice causa: in primo luogo, quello dell’estremo tatticismo italiano e dell’estenuante marcatura a uomo applicata nel nostro campionato. Poi, volendo essere sibilini, si può dire che il dato in esame è figlio del ritardo di condizione del tedesco: se in Premier League negli scampoli di partita concessigli era arrivato a tirare in porta dieci volte, in Italia questo dato è falsato: le conclusioni verso lo specchio avversario sono appena tre, visto che ben sei sono quelle bloccate dal difensore. Poldi non riesce ancora a incidere come sa.
C’è però da far notare come Podolski venisse utilizzato da Mancini in un ruolo che non era il suo preferito. L’ha sempre detto: gli piace giocare da trequartista, al massimo da seconda punta. Nel 4-2-3-1, questo non era possibile. Ora che il Mancio ha varato il 4-3-1-2, l’avvicendarsi di Poldi come seconda punta alle spalle di Icardi, è possibile. Come punta gli riesce meglio duettare con Brozovic (23 i palloni giocati insieme dai due), non solo con l’esterno di turno (allo Stadium giocò bene in combinazione con D’Ambrosio, molto propositivo quella sera). Una volta che Podolski avrà capito come far fruttare la potenza del suo tiro, non ci sono dubbi che si renderà ancora più utile alla causa nerazzurra. Sulle più importanti testate sportive d'Italia si leggono già titolo che millantano di una possibile bocciatura dell'idolo di Colonia, ma non è così. Podolski, come dice lui stesso, ha ancora tanto da dare alla causa nerazzurra. E, sinceramente, parlare di bocciatura dopo una manciata di partire è davvero assurdo. D'altronde, giusto per snocciolare un'altra statistica interessante, stiamo parlando di un giocatore capace di fare la differenza. Basti pensare che, nelle ultime quattro edizioni della Champions League, nessuno è riuscito ad essere ai suoi livelli di efficienza: è il miglior giocatore (con almeno 5 goal all'attivo) per rapporto tiri/gol: 88.9% di realizzazione. No, non è il caso di scommettere contro Podolski.
Volendo giocare un altro po' con i corsi e i ricorsi storici e provando anche a stimolare il destino (o chi per lui), si possono porre a confronto le ultime due stagioni dell'ex Bayern Monaco. Si nota subito una cosa: come nel 2014/15, da settembre a gennaio ha giocato poco (a causa di uno strappo muscolare che l’ha costretto a saltare circa tre mesi di campionato) poi, con l'anno nuovo si è rivitalizzato e le ha giocate tutte, segnando 5 gol e servendo due assist, così da aiutare i Gunners a centrare il quarto posto valevole per i preliminari di Champions League (con cinque vittorie nelle ultime cinque partite, tutte giocate da titolare). Quel che è certo è che la banda di Mancini ha iniziato a correre e, una volta infilato questo doppio successo consecutivo, non ha assolutamente voglia di smettere di rincorrere il sogno chiamato Champions League. Mancini dixit: "Giocheremo quella Coppa. Non so bene come, ma ce la faremo", provando a rassicurare tutti nel periodo più buio della stagione. E, come ci erudiscono fin da piccoli: una volta iniziato a sognare, come si fa a smettere? L'Inter non vuole farlo. Tantomeno Lukas Podolski.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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