Le delusioni aprono gli occhi e chiudono il cuore. In casa nerazzurra si vive un sabato fantasmagorico, con finale malinconico: se da una parte la Juventus impatta sull'1-1 a Lecce, dall'altra l'Inter non riesce a cogliere la palla al balzo, incocciando a San Siro sullo spigoloso Parma e rassegnandosi - nonostante l'assedio compiuto nel secondo tempo - ad un disutile 2-2. La squadra di Antonio Conte paga a caro prezzo un perpetuo aggiungersi di svaghatezze nei primi 45' di gioco: alcuni elementi pervenuti a corto di energie dopo l'impegno europeo contro il Borussia Dortmund; atteggiamento molle, approccio alla gara rivedibile e diversi errori rivelatisi poi decisivi. Il primo a finire sul banco degli imputati è Marcelo Brozovic, reo d'aver dato luce con due svarioni risparmiabili alle altrettanti azioni che hanno condotto ai sussurri offensivi compiuti dalla compagine ducale.
Un errore in disimpegno, un anticipo sbagliato di testa: tanto quanto basta, sul conto del croato, per far sì che la festa al Meazza nel giro di cinque minuti si guasti (Karamoh e Gervinho a segno). Il vantaggio di Antonio Candreva (tra l'altro fortunato, viste le due deviazioni subite dal tiro) si rivela soltanto un'illusione: quando la palla entra, il tecnico della Beneamata richiama due o tre giocatori dicendo loro che dei primi 20' a lui è piaciuto poco o niente. Qualche minuto più tardi, la pennichella che manda all'aria la possibilità di sorpassare la Juve in classifica. "Giocano sempre gli stessi, siamo in difficoltà. C'è tanto da migliorare, sia dentro che fuori dal campo", le parole di Conte nel post-match. Come a dire: chi non gioca, non merita di giocare. E chi gioca, ne gioca troppe: dunque, ci possono stare degli errori di stanchezza. Ma serve programmare, di sessione in sessione, un mercato che possa condurre questo organico verso un costante processo di crescita.
Sebastiano Esposito entra a 20' dalla fine: meno incisivo rispetto alla sfida col Borussia Dortmund, anche se la voglia di fare c'è. Forse, pure troppa: per farsi largo, rifila una mezza gomitata all'avversario che gli costa il giallo. Più tardi, un tentativo di sombrero mal riuscito lo porta ad inseguire Kulusevski per 70 metri. Certo, un po' di nonnismo che si respira nello spogliatoio lo pugnala: all'85' ci sarebbe un'occasione d'oro su punizione (e le sa calciare, il ragazzo), ma Matteo Politano con un'aria da grande gli fa capire che non è il caso; va al tiro e centra in pieno la barriera. Male, l'ex Sassuolo: entra con la voglia di aiutare l'Inter, ma forse non intende che per farlo occorre giocare di squadra. Specialmente se non ti chiami Cristiano Ronaldo. A dimostrazione della tesi sostenuta dal mister: chi gioca poco, è perché forse non merita più di tanto.
I nerazzurri, nel pieno di un tour de force che si preannuncia ancora ricco di ardue salite (Rigamonti, Dall'Ara, Signal Iduna Park e Olimpico di Torino), dovranno saper dosare le energie. Dal punto di vista mentale, c'è da azzerare la pressione: Candreva, ad esempio, contro il Parma rimedia un'ammonizione inutile per proteste compiute in una maniera troppo vigorosa. Affaticati Lautaro Martinez, Diego Godin, Milan Skriniar e Nicolò Barella (con quest'ultimo che se la cava meglio rispetto agli altri); gente come Bastoni e Biraghi fa quel che può, considerati i margini di miglioramento di ciascuno. Ancora fuori dai giri Romelu Lukaku, che richiede maggiore mobilità ai suoi compagni. Nonostante ciò, il belga trova un gol (quello del 2-2) davvero miracoloso: sbaglia il tap-in a porta vuota con il destro, ma poi riesce a girarsi per incrociare col sinistro, senza toccare la palla con le mani né tantomeno farsi del male alla schiena.
Altra emergenza, gli infortunati: problema al ginocchio per Asamoah, mentre sembrano tornati i guai al pube per Stefan de Vrij, che nonostante ciò rimarca la sua esperienza ed eleganza quando entra al posto di uno spento Godin nell'ultimo frangente di gara. L'olandese sfiora di testa la stoccata vincente, ma è sfortunato. Così come il baby attaccante Esposito, che sfodera una conclusione al volo di collo destro mirata a giro sul secondo palo: il pallone sibila per centimetri i pali difesi da Sepe (tra l'altro, apriamo parentesi, molto furbo nel far scorrere le lancette); se la sfera entra, viene giù lo stadio. E invece esce: dal rientro negli spogliatoi alle prime interviste post-gara passano venti minuti abbondanti, lasso di tempo più lungo del solito. Assai probabile che nel mentre vi sia stata una memorabile sciacquata di testa compiuta da Antonio Conte.
I rimorsi sono tanti, così come gli errori su cui rimuginare. Ma non c'è tempo: l'imminente sfida infrasettimanale contro il Brescia e il susseguirsi di un impegno dopo l'altro vietano all'Inter di fermarsi per tracciare un punto della situazione. In conferenza stampa, Conte ha lasciato presagire la paura per un potenziale crollo fisico della squadra: se avverrà o meno, con quattro partite ancora da giocare nelle prossime due settimane, lo scopriremo solo vivendo.
Autore: Andrea Pontone / Twitter: @_AndreaPontone
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