"Mind the gap". Bisogna fare attenzione alla distanza tra le ambizioni di Antonio Conte e Suning per provare a leggere il futuro dell'Inter, con la voce fuoricampo che annuncia l'imminente pericolo di inciampo per il passo compiuto da Steven Zhang dopo essersi cucito lo scudetto sul petto. Settantadue ore dopo le manifestazioni di giubilo dei tifosi fuori da San Siro, che avevano circondato la sua macchina intonando il coro 'c'è solo un presidente', il numero uno del club nerazzurro ha preso la prima, vera decisione impopolare del suo mandato: firmare la risoluzione consensuale del contratto dell'uomo che ha riportato il tricolore a Milano dopo undici lunghissimi anni, sublimando un piano di crescita quinquennale che è crollato sugli stessi presupposti di grandeur della proprietà.
Sì, perché la gloria è arrivata nella stagione più travagliata della gestione cinese, tanto che non è sacrilego affermare che gli uomini di campo si sono laureati campioni d'Italia nonostante le tribolate vicende societarie (il post su Instagram del vicepresidente Zanetti con Oriali e Conte un giorno dopo i coriandoli è stato emblematico e, per certi, versi rivelatore). Il nemico non è mai stato alla porta nella cavalcata verso il 19esimo tricolore, semmai in casa e sotto diverse forme: il pagamento posticipato degli stipendi, il rumoroso silenzio del padrone e le prospettive per l'avvenire mai chiarite. Dal compromesso di Villa Bellini in poi, la divisione delle responsabilità tra le varie anime del club è sembrata subito sproporzionata rispetto ai ruoli. La vittoria, dolce ossessione per il tecnico, non è mai stata obbligatoria per Zhang, che ha fermato il processo di crescita della squadra dopo l'acquisto di Achraf Hakimi nascondendosi dietro una crisi globale del sistema calcio imposta dalla pandemia. E' in questo contesto che Conte, rendendo lo spogliatoio impermeabile alle voci annunciatrici di destini drammatici, si è messo la corona di re della Serie A. Forse l'impresa più grande della sua carriera in panchina, sicuramente quella per la quale ha ritenuto giusto fare una dedica a se stesso: "So che non è stato un percorso semplice in questi due anni, ho dovuto tirare fuori tutto da dentro di me. In certi momenti vengono dei dubbi, anche su te stesso, ma ho superato tutto e tutti ed alla fine è la dimostrazione che siamo stati tutti bravi. Anche il sottoscritto", le ultime parole famose pronunciate alla tv del club da allenatore dell'Inter di Conte, in silenzio stampa con gli altri media ormai da un mese. Una scelta per tutelare se stesso di fronte alla scarsa trasparenza che da tempo regna intorno al progetto tecnico, inghiottito fatalmente dalla questione del maxi-finanziamento di Oaktree.
Questioni di priorità per Suning che, lo scorso novembre, all'atto dell'approvazione del bilancio dell’esercizio finanziario 2019/2020 della società, sosteneva di voler "garantire sostenibilità aziendale e crescita della performance sportiva". Due propositi che, a distanza di mesi, suonano quasi beffardi dopo la rinuncia al vero top della squadra, con la seconda stella a portata di mano. Parlare di ridimensionamento dopo aver messo in bacheca un trofeo ha quel sapore di anacronistico che riporta le lancette dell'orologio del Tempo indietro di un decennio, nell'esatto momento in cui un mecenate d'altri tempi come Massimo Moratti ha dovuto prendere in considerazione l'idea di privarsi del suo giocattolo non prima di averlo rotto. Lo stesso è finito nelle mani del tycoon indonesiano Erick Thohir, che lo ha aggiustato a suo modo, rispettando rigorosamente le norme Uefa, per poi venderlo come nuovo ma svalutato a livello tecnico a Suning. Il resto è storia di ieri, il giorno in cui i tifosi hanno urlato, dai social a sotto la sede di Viale della Liberazione, la loro paura di tornare a vivacchiare nella mediocrità, di inseguire un quarto posto come fosse uno scudetto. "Ridimensionare i campioni è solo da coglioni. Mister, staff e giocatori non si toccano e "Zhang, prenditi le tue responsabilità o lascia la nostra città" sono i due striscioni firmati Curva Nord apparsi davanti al quartier generale nerazzurro qualche ora prima della separazione ufficiale tra l'Inter e Conte. Un concetto, espresso con toni certamente coloriti, che semplifica in poche parole la distanza chilometrica di vedute tra chi si è riabituato allo status dell'Inter che fu e chi non può più stare al passo della storia dopo essere andato oltre le sue possibilità economiche. In mezzo Conte, l'ex garante della credibilità dell'Inter per conto di Zhang. Che, anche se 'non ha fatto apposta a trovarsi in una situazione di questo genere" (Moratti dixit), ora deve dimostrare di essere all'altezza del ruolo che ricopre.
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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