Il coccodrillo come fa? Quesito questo irrisolto che dal 2006, data di pubblicazione del suddetto brano, attanaglia le menti di tutti, grandi e piccini. La risposta corretta resta tuttora indefinita quantomeno zoologicamente. A rispondere al ‘Piccolo coro dell’Antoniano’, con buona pace di scienza e zoologia, è il signor Marcelo Brozovic, l’epic nerazzurro che il coccodrillo nel calcio lo ha praticamente sperimentato, trovando poi migliaia di emulatori di quel gesto che in principio sembrava quasi buffo e a tratti ridicolo. Da quella prima 'orizzontalità' in campo tempo ne è passato e da allora, sotto la guida di Luciano Spalletti, il signore in questione sembra essere essersi realmente trasformato in un rettile mangia-avversari che non lascia scampo a predatore alcuno, trasformando qualunque avversario in vera e propria preda dalla difficile sopravvivenza.

Brozo non parla molto, resta buono e silenzioso sommerso dalle acque della palude di cui è padrone, si muove con astuzia sfuggendo a manovre e tentativi di difesa e al momento propizio, nella più apparente quiete di chi sembra persino non esserci, tira fuori le squame, spalanca le fauci e agguanta mortalmente la preda. Lo aveva fatto con la squadra di Thiago Motta, replica con quella di Mourinho: anche contro la Roma l'affamato Marcelo "punge" l'avversario e fa piangere. Sì, ma gli altri. Altra partita magistrale del croato che tra tanti migliori in campo si prende per distacco il merito di essere l'mvp degli mvp. Fa tutto bene come al solito: gioca d'astuzia, intelligenza, non si lascia mai sopraffare dall'ansia, detta i tempi e le linee e si lascia andare persino in giochi di prestigio improvvisandosi illusionista imbambolando gli avversari, Mancini docet. E come se non bastasse timbra il match con un Epic-gol che chiude di fatto una partita che al netto degli squilli e dei tentativi avversari ha visto un solo padrone indiscusso: golazo che finisce all'incrocio dei pali e traumatizza Rui Patricio, inerme e impotente di fronte al siluro del ventinovenne di Zagabria che dopo la rete si lascia andare ad una lieve quasi impercettibile reazione degna di un umano. Linguaccia e braccia alzate, come a dire "questa è casa mia e qui comando io". Gesto atipico considerato l'apatia dalla quale sembra perennemente pervaso, e se è vero che, insieme ai due amici Samir e Denzel, è l'uomo meno sorridente della storia, questa volta persino lui alla fine si è lasciato andare in una smorfia di soddisfazione e un pizzico di autocompiacimento. E allora sì che oggi si può finalmente dire come fa sto benedetto coccodrillo. 

Più che una squadra di calcio, quella di Milano sembra un vero e proprio zoo e non è un caso che anche Mourinho parla di animali, "con rispetto e in senso positivo" per citare le stesse parole dello Special One che a fine gara parla della squadra di Inzaghi come un gruppo di 'animali' veramente forti. Che corrono, incornano e sbranano l'avversario. "Per vincere contro l’Inter o lo fai quando hanno difficoltà o tutto deve essere perfetto e noi non lo siamo stati. Siamo stati bravi ma non perfetti" ammette il portoghese a DAZN. Bravi ma imperfetti i romani, che come i milanesi - gli altri - sono usciti da San Siro con qualche magone di troppo e tre gol da digerire incassati più per merito altrui che per demerito di se stessi. A sfiorare la perfezione infatti sono proprio i padroni di casa che partono piano, quasi a rilento come a voler prendere le misure dei dirimpettai e dopo aver indirizzato la gara sul binario giusto con Denzel Dumfries, ancora in gol contro la Roma, si lanciano in una corsa irrefrenabile. I giallorossi non sfigurano senza però dare mai l'impressione di poter competere: i nerazzurri sono una furia, disegnano traiettorie e trame che difficilmente vengono sporcate persino all'emergere di coraggio e orgoglio dei capitolini.

Dumfries apre, Brozo chiude, Lautaro sigilla. Un sigillo che come da copione avviene in incornata proprio del Toro Martinez, tornato irrefrenabilmente indomabile. Sin dal primo minuto l'ex Racing mostra la strabordante garra e sete di decisività e protagonismo, voglia di fare che talvolta lo portano a qualche errorino che passa inosservato al netto di una prestazione che non lascia spazio a particolari appunti da penna rossa. L'argentino si muove tra le linee, cerca la profondità, crea, riceve, serve sponde e disegna geometrie d'attacco che non lasciano respiro alla difesa della Roma, troppo debole al cospetto della furia inumana dei nerazzurri, gioca da reparto e alla fine viene premiato da un'incornata che l'incorona 9+1 con buona pace dei detrattori. 

Questa Inter "sa giocare a calcio, se gli crei un problema, te ne crea un altro", Mou dixit, che alla fine si è lasciato andare scoperchiando le carte: "Adesso lo posso dire, dato che non giochiamo più contro Inter, Milan, Juve e Napoli: mi piacerebbe che l’Inter possa vincere il campionato". E allora un po' come Mou, un po' come l'Epic-coccodrillo e il Toro, adesso possiamo dirlo, tirare fuori la testolina dalla palude e incornare: questa Inter può esaudire il desiderio dello Special One.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 24 aprile 2022 alle 00:15
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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