Premesso che anche noi, come venerdì Pioli, non abbiamo seguito nemmeno un secondo di Verona-Milan, perché alla stessa ora avevamo il GP di Miami, il Clásico, uno speciale sul Giro, la Lega A di basket, torneo di golf americano e i playoff di pallamano islandese (poche ore prima c'era già stato il trionfo del fenomeno Alcaraz al Masters 1000). Naturalmente siamo riusciti a mantenerci aggiornati sul risultato del Bentegodi, anche per rispetto dei tanti milanisti che ci seguono e che continuano a commentare le notizie sui nostri canali social. Il titolo stavolta verrebbe semplice: molto rumore per nulla, per dirla anche noi alla Shakespeare, che comunque era già stato scomodato varie volte per tutta la settimana in riferimento alla fatal Verona e al suo Romeo e Giulietta, quindi non se ne risentirà. L'unica fatalità rimane quella dell'Inter e della papera di Radu al Dall'Ara con il Bologna, mentre i rossoneri continuano a pedalare verso il 19esimo scudetto della loro storia come leoni affamati nella savana. D'altro canto l'Inter deve continuare a fare la corsa su sé stessa, come vuole Inzaghi, non guardando a cosa fa o non fa il Milan (nemmeno per uscire dal tunnel del calcio anni '60 e imparare ad applicare un calcio europeo) e per chiudere la stagione senza nuovi brucianti rimorsi. Se la frittata shakespeariana è già stata fatta lo capiremo solo all'ultimo.
Si è parlato anche tanto di un obiettivo tripletino, un modo forse di rendere la pillola meno amara (sebbene l'Inter dalla Champions sia uscita dopo aver tenuto testa al Liverpool poi finalista) o per esaltare le conquiste esclusivamente italiche di squadre che in Europa steccano continuamente. Non ci caschiamo, il Triplete è soltanto uno, non esige diminutivi e a vincerlo con l'Inter è stato lo stesso tecnico che oggi riporta una squadra di Serie A in finale di una competizione UEFA a 12 anni da quell'ultima volta al Bernabeu. Per la Roma sarà la Conference League, 31 anni dopo l'ultima finale in Europa League, ma, visto che si è parlato tanto di Ancelotti, anche le quattro finali UEFA alla guida di quattro diverse squadre europee sono un traguardo pur sempre Special. Al gradino più in basso troviamo Inzaghi, un tecnico che secondo Marotta "ha margini di crescita forti" e che "quando arriverà all'età di Ancelotti, Conte o Allegri potrà essere uno fra i migliori in circolazione". La crescita di Inzaghi e dell'Inter passerà ovviamente dalla finalissima di Coppa Italia di scena dopodomani sera all'Olimpico contro la Juve, titolo che il tecnico ha già vinto tre volte da giocatore e una volta da allenatore con la Lazio (2018-2019), quando a piegare l'Atalanta furono i gol di Milinkovic-Savic all'82' e di Correa al 90'. E chissà che proprio il Tucu non possa rivelarsi nuovamente la carta vincente di Coppa, come Sanchez lo è stato in Supercoppa, convincendo in questo modo anche chi continua a ritenere eccessivi i 35 milioni sborsati per lui dall'Inter in estate. Per Inzaghi, che ha all'attivo anche tre Supercoppe, sarebbe il quinto trofeo da allenatore a 46 anni. Immaginate cosa potrebbe riuscire a fare all'età di Allegri.
Proprio il tecnico bianconero, prima della sfida contro il Genoa, affermava in conferenza stampa che "andare in giro a fare brutte figure non è da Juventus", anche perché a volte le brutte figure possono arrivare direttamente a casa, vedasi Villarreal. Per l'Inter sarà il quarto confronto stagionale contro la rivale storica dopo il pareggio e la vittoria al 120' dei supplementari in Supercoppa a San Siro e il successo di 'corto muso' all'Allianz Stadium di Torino. Chiunque se ne intenda un minimo di ippica sa che l'Inter arriva anche stavolta da favorita, visto lo stato di forma delle ultime partite in contrapposizione con quello palesato dai bianconeri, che comunque a Marassi hanno fatto un po' di turnover. Per la Juve e per Allegri sarà un match indispensabile, che consentirebbe in un certo modo al tecnico di salvare la stagione e non interrompere il filotto di 10 anni consecutivi con almeno un titolo, a cui hanno contribuito persino Sarri e Pirlo. I bianconeri, in sintesi, daranno tutto, l'Inter dovrà fare lo stesso prima di poter permettersi di pensare alle ultime due sfide di campionato contro Cagliari e Sampdoria, entrambe inguaiate in zona retrocessione. Il match sarà seguito certamente dal doppio ex Cannavaro, che in settimana ha dichiarato che il suo passaggio dall'Inter alla Juve fu una fortuna in quanto gli fece capire la differenza fra il giocare e il vincere. Nel luglio 2006 Cannavaro lasciò i bianconeri per approdare al Real Madrid, ovviamente perché dopo Calciopoli non aveva più nulla da imparare a Torino. Anche Capello è tornato a ribadire che i due scudetti tolti alla Juve sono stati vinti sul campo e che lui non tornerà ad allenare, come se qualcuno ne sentisse realmente la mancanza. Sul fronte Inter la carica è suonata da Lautaro, condottiero anche contro l'Empoli con la doppietta che gli vale il record di gol in una singola stagione: "Ci sarà da battagliare e dobbiamo essere pronti a quello che ci aspetta mercoledì a Roma". Poi alle 21 la parola passerà al campo, le voci del solito contorno infuocato si zittiranno, molto rumore per nulla, e finalmente capiremo la differenza tra il giocare e il vincere.
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DanieleAlfieri7
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