La sosta dei campionati è andata via più o meno liscia per Inter e Milan, protagonisti sabato prossimo del primo derby della Madonnina a braccetto in vetta alla classifica. Quando scriviamo, l’unico infortunato quasi sicuro di saltare la sfida è Pierre Kalulu, che peraltro non si è mai mosso da Milanello, quindi questa volta il 'virus FIFA' non ha presentato agli allenatori il solito conto salato da pagare. A quasi 12mila km di distanza da Milano, Simone Inzaghi ha persino visto esordire in questa stagione Alexis Sanchez, in campo 90’ col Cile, così da allontanare le notizie più o meno allarmanti rimbalzate tra Sudamerica e Italia sul suo stato di salute. Il Niño Maravilla non ha incrociato la sua strada con Juan Cuadrado, capitano della Colombia, lasciato a riposo perché vittima di una tendinite dopo i 45’ con il Venezuela. Un problema che non sembra insormontabile, comunque ridimensionato dalla condizione fisica straripante di Denzel Dumfries (4 assist e un rigore procurato in due partite con l’Olanda) e dal fatto che all’evenienza da quinti di centrocampo possono giocarci sia Matteo Darmian (0’ in azzurro) che Benjamin Pavard, finito dietro la lavagna nella pagelle stilate da L’Equipe dopo la prestazione generale non indimenticabile contro la Germania della Francia. La selezione con tre rappresentanti rossoneri in rosa, due dopo il forfait di Olivier Giroud che ha spalancato le porte al primo gol di Marcus Thuram con i Blues. Di reti ne ha segnate addirittura due (una su rigore) Marko Arnautovic, che ha lasciato il segno contro quella Svezia che un tempo era la squadra del suo idolo Zlatan Ibrahimovic. Niente gioia personale per Lautaro Martinez, a secco per l’undicesima partita consecutiva con l’Argentina, fermato dal palo contro l’Ecuador e in campo troppi pochi minuti a La Paz, in alta quota, per spezzare il tabù mai esistito contro i cugini (il conto nella stracittadina ora parla di 8 reti in 14 occasioni). Completano il quadro degli Internazionali, Kristjan Asllani (due partite), Hakan Çalhanoglu (una partita e mezza) e Yann Sommer (una partita). 

Poi c’è l’Italia, quella che sentiamo più vicina, anche se ci piace tifarla soprattutto nei grandi appuntamenti. Parliamoci chiaro: i tifosi del belpaese sono contenti se un giocatore della loro squadra riposa durante le qualificazioni visto il rischio di infortuni sempre dietro l’angolo, al contempo accolgono con favore solo gli exploit perché infondono fiducia per i successivi impegni. In generale, le finestre internazionali di settembre, novembre e marzo sono sempre viste con fastidio, anche dagli stessi addetti ai lavori. Il tema del rapporto contraddittorio club-Nazionale è diventato di stretta attualità dopo i famigerati fischi piovuti dagli spalti del Meazza durante Italia-Ucraina sulla testa di Gianluigi Donnarumma, portiere e capitano degli azzurri. Come da copione, la storia italiana insegna, si sono create le solite opposte fazioni a proteggere i rispettivi campanili: c’è chi ha condannato il comportamento e chi, invece, li ha definiti legittimi. La tesi dei secondi: contestano l’uomo Donnarumma, qualsiasi maglia abbia addosso, anche se è quella della nazionale che rappresenta il nostro Paese. I primi ribattono: lasciamo a casa le beghe di cortile, c’è in palio il bene assoluto del nostro calcio, una qualificazione a Euro 2024 da non fallire da campioni in carica che hanno marcato visita agli ultimi due Mondiali.

Davide Frattesi, sugli scudi con una doppietta, ha definito i fischi "una roba mai vista in Nazionale, indegna. Non capisco perché succeda". Diciamo che il perché sia successo non sia difficile da capire, almeno per i tifosi del Milan che hanno vissuto tutto sulla loro pelle. Altra cosa è voler a tutti i costi diventare protagonisti al di sopra dello spettacolo che c’è in campo, pagando il biglietto solo per bersagliare un giocatore che ti ha ferito nel modo noto a tutti. Un atteggiamento che mette l’interesse personale davanti a quello collettivo: il club sopra la Nazionale, insomma. Aspetta, dove è che l'abbiamo già sentita? Tra malati immaginari che lasciano i ritiri, presidenti che chiedono risarcimenti alla Federazioni e le scelte dei ct che vanno sempre a sfavore di qualche club non ci si meraviglia più di nulla. E allora, visto che ormai l’appuntamento si sta avvicinando, lanciamo una provocazione: se Romelu Lukaku fosse stato l'attaccante della squadra di Luciano Spalletti martedì scorso, che trattamento avrebbe ricevuto nel suo vecchio stadio alla luce di quanto successo durante il mercato estivo? Crediamo che alcuni tifosi dell’Inter, non tutti (ci sono anche gli indifferenti), gliene avrebbero dette di ogni, senza aspettare la gara casalinga con la Roma del 29 ottobre. I giocatori si professano professionisti ormai a ogni intervista, perché solo i tifosi devono rimanere la parte candida e pura del gioco più bello del mondo? Anche loro hanno degli interessi, quindi il diritto di scegliere il club al di sopra della Nazionale, senza subire falsi moralismi. 

Sezione: Editoriale / Data: Gio 14 settembre 2023 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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