“Mi piacerebbe vedere come si comporta il signor Francesco Acerbi. In ogni caso, come ha dimostrato di non saper vincere spero che sappia perdere”. Parole pronunciate in una diretta, che non arrivano da qualche tifoso avversario protagonista di una televisione locale o di uno di quei live che tanto imperversano in questi anni sulle varie piattaforme di condivisione video. No, arrivano dai telecronisti di Barça One, che altro non è se non la televisione ufficiale del Barcellona, e sono state pronunciate al minuto 92 e 28 secondi della semifinale di ritorno di Champions League tra l’Inter e i catalani, con i blaugrana che ormai si sentivano in tasca la qualificazione alla finale di Monaco di Baviera e forti di questo stavano cominciando a esternare sbuffi di spocchia dopo aver visto l’inferno con gli occhi ed essersi ritrovati in paradiso a tre minuti dal novantesimo.

Eppure, passa qualche secondo da questa frase che Gerard Martin scivola goffamente nel tentativo di difendere un pallone (potete stare qui a dire che c’era un fallo quanto volete, non riuscirete a convincere nessuno di questo nemmeno tra dieci anni), Denzel Dumfries ne approfitta, guadagna il fondo e mette la palla in mezzo. Dove pronto ad arrivare all’appuntamento c’è lui, l’uomo che probabilmente da quelle parti ti aspetti di meno ma che nel momento del sacrificio finale dimentica ruoli e caratteristiche tecniche e getta il cuore oltre l’ostacolo; al capolinea di quella traiettoria c’è proprio Francesco Acerbi, che anticipa l’intervento di Ronald Araujo e piazza la palla sopra la testa di Wojciech Szczesny e sotto la traversa, facendo esplodere un San Siro che non ci credeva più al punto tale che molti avevano già sfollato. E in quello che più che una partita è diventato un poema omerico, Acerbi decide di trovare la sua prima firma in Champions League e di farlo usando il destro, storicamente il suo piede meno educato. Se non è epica questa allora c’è solo da alzare le mani…

La rete segnata al Barça rappresenta sicuramente l’apice della parabola nerazzurra di Francesco Acerbi, difensore voluto fortemente da Simone Inzaghi tre anni fa e che arrivò nello scetticismo generale condizionato da quell’episodio forse travisato all’eccesso di quel sorriso nervoso dopo l’errore commesso in un Lazio-Milan col quale spalancò in pieno recupero la porta a Sandro Tonali che realizzò un gol pesantissimo in quell’amaro duello Scudetto. Eppure, lui non si è lasciato condizionare, anzi in poco tempo Acerbi ha saputo superare tutti i brontolii allargando progressivamente il proprio taschino nel quale poter inserire attaccanti di vario lignaggio, italiani e internazionali (Erling Haaland, tanto per fare un nome, probabilmente se lo sognerà ancora nelle sue notti più agitate). Aggiungendo a tutto questo anche qualche gol di un certo livello, ma mai di una pesantezza tale. Almeno fino a ieri sera, quando con la sua zampata da attaccante puro ha vestito i panni del cavaliere senza macchia e senza paura, aprendo poi la strada alla staffilata vincente, all’urlo che terrorizza l’Europa intera, al collo gonfio tale da sembrare sul punto di esplodere come un vulcano di Davide Frattesi nei supplementari.

Nel denunciare una certa assenza di ‘virilità’ e di cattiveria dopo la sconfitta con la Roma, Paolo Di Canio qualche giorno fa ebbe da dire che Francesco Acerbi è a suo dire l’unico esempio di giocatore ‘cavernicolo’, di quelli che ci crede sempre e mette la rabbia in ogni situazione. Magari a livello di dizionario la descrizione non è stata delle più felici, ma l’idea è sostanzialmente corretta: lo si è visto in particolare quando è andato a fare una lavata di testa colossale a Carlos Augusto dopo l’ennesimo errore in marcatura di una partita per il brasiliano inizialmente traumatica. Acerbi, quindi, che nel poema di Inter-Barcellona può essere un Aiace Telamonio che col suo largo scudo di bronzo ricoperto con sette strati di pelle di bue protegge il suo esercito incarnando le virtù della costanza negli impegni e della perseveranza.

E se proprio vogliamo trovare un cavernicolo in tutta questa vicenda, è facile individuarlo in quell’Inigo Martinez che prosegue l’arte della sottile provocazione tipica delle camisetas blaugranas lasciandosi andare a un gesto da vero troglodita che ha scatenato le giuste ire di Acerbi. Che rischia anche qualcosa andando a imbruttire l’avversario, ma che alla fine decide di punire la superbia nel modo più eroico ed esaltante possibile.

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Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 08 maggio 2025 alle 15:33
Autore: Christian Liotta
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