Lunedì sera ero allo stadio Olimpico di Roma per assistere a Lazio-Cagliari. Senza alcun coinvolgimento emotivo ho guardato la gara con l'attenzione dell'addetto ai lavori, ma con il dovuto distacco. Alla fine avevo scoperto di essermi divertito e di aver assistito a un bel calcio. Da applausi quello della Lazio, soprattutto nel primo tempo. Lodevole nella ripresa, per il coraggio e per la voglia di attaccare anche sotto di tre reti, quello del Cagliari di Zeman che ha rischiato una clamorosa rimonta. Sabato scorso ero al Tardini di Parma per vedere la mia Inter. Ho ammirato, purtroppo, un Parma ultimo in classifica che, senza fare nulla di trascendentale, sapeva cosa fare e l'ha fatto. E quando l'avversario fa le cose con logica, l'Inter va sempre in difficoltà e a volte, come sabato scorso, perde.

Sarà un giudizio dettato dall'approccio tifoso, ma spesso pare che chiunque giochi meglio dell'Inter. Che sembri più squadra. E anche vero che chi conosca la storia della Beneamata, sa che la scarsa fluidità di manovra sia stato un appunto sottolineato costantemente dalla critica. Per rimanere nell'ambito cittadino, il Milan è sempre stato la squadra del bel gioco, l'Inter quella dei singoli e delle azioni a folate, dettate dal sangue caldo. E alla fine ci siamo immedesimati in questo abito calcistico e lo abbiamo rivendicato. Ma chiuso il libro di storia, ora ci interessa capire che cosa non funzioni in quest'Inter e se veramente Walter Mazzarri sia il primo responsabile di una situazione non drammatica, se pensiamo all'obiettivo terzo posto, ma umiliante per i dieci punti di svantaggio maturati dalla prima in classifica dopo solo 10 giornate disputate.

Che l'Inter attuale non abbondi di qualità, mi pare un eufemismo. E a latitare è anche la personalità, che quando la partita prende la piega sbagliata, serve più della tecnica per rimettere le cose a posto. Ma siccome finora ho scritto che quasi tutte sembrino giocare meglio dell'Inter, anche chi è ufficialmente inferiore sul piano tecnico, ecco la domanda: si gioca male per colpa dell'allenatore o perché i giocatori a disposizione non sono funzionali alle idee del tecnico? Ragionando senza dare ascolto agli attacchi a prescindere, propendo per la seconda ipotesi. Mazzarri non ha mai privilegiato il possesso palla e infatti nei suoi centrocampo ideali non hanno trovato posto i registi classici, quelli chiamati a dettare i tempi e a far girare palla anche sotto ritmo. La manovra che ha pagato di più, specialmente negli anni ammirati a Napoli, prevedeva un gran lavoro degli esterni e incursioni continue degli interni pronti a dialogare in velocità con gli attaccanti e a tirare in porta, creando così un continuo affanno alle difese avversarie messe sempre sotto pressione.

Nell'Inter giostrano a metà campo Mateo Kovacic ed Hernanes. Gente di qualità, che però ama ricevere la palla sui piedi per poi trasferirla dall'altra parte, quasi sempre per vie centrali. Icardi è un attaccante che non porta via l'uomo per favorire l'inserimento in area di uno dei due citati sopra, anche lui aspetta il pallone sui piedi per tentare subito la conclusione che spesso risulta “sporcata” dai difensori che hanno tutto il tempo di posizionarsi. Rodrigo Palacio certi movimenti li sa fare, ma al momento risultano controproducenti per i noti motivi (infortunio post-mondiale e ritardi nel ritrovare la forma migliore) a cui si aggiunge una inimmaginabile idiosincrasia a vedere la porta da parte del Trenza.

Gli esterni, a prescindere dai nomi impiegati e da uno spessore tecnico non accelso a parte sprazzi di Jonathan, ora ai box e Dodò, non sono mai protagonisti della manovra, anche se vengono chiamati spesso in causa. Perché ormai l'Inter è prigioniera di un estenuante giro palla che non permette quasi mai di lanciarli nello spazio per arrivare a cross degni (quelli si che farebbero la fortuna di Icardi e dell'Inter). Insomma, sembra che Mazzarri si sia adeguato a guidare una squadra costruita per un'altra tipologia di allenatore. E questa è comunque una colpa, se non si ha la capacità di modificare anche in corsa il modulo prediletto per sfruttare al meglio le caratteristiche degli uomini a disposizione.

Pare scemare anche la proverbiale grinta di Mazzarri. Ora si è trasformata in ansia, basta osservare le impietose inquadrature del tecnico in panchina prima dell'inizio di una partita. Non vedi lo sguardo fiero di chi si appresta alla sfida alla guida di una “grande”, vedi le preoccupazioni di un uomo che così rischia di trasmettere insicurezza ai giocatori. Chi lo difende ad oltranza, sottolinea come Mazzarri sia un gran lavoratore che trascura addirittura affetti e famiglia per il bene della squadra. Respect. Ma penso anche a Josè Mourinho, (che all'Inter qualcosa ha vinto), quando disse: “Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”.

Al termine di questo editoriale, mi rendo conto che una risposta netta e chiara alla domanda pro o contro Mazzarri, non sia riuscito a darla. O forse non ho voluto. In attesa di Inter-Verona. A proposito, mister: prepari questa gara con il sorriso. In fondo si parla di calcio.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 05 novembre 2014 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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