C'è mercato oltre le plusvalenze. Strumento più veloce e sicuro attraverso il quale, entro il 30 giugno, deadline ormai arcinota ai tifosi contabili esperti di Fair Play Finanzario, i club si mettono in riga di fronte alla Uefa. Inter compresa, anche nell'anno dell'uscita dal regime del Settlement agreement: la notizia, anticipata lo scorso febbraio da Alessandro Antonello, Ceo nerazzurro, e poi ratificata dal massimo organismo del calcio europeo, è stata accolta con giustificato sollievo ma anche con eccessivo entusiasmo da parte di alcuni sostenitori della Beneamata poco ferrati in materia.

Tralasciando la versione ultraottimista, quel che appare ormai certo è che la società di Viale della Liberazione deve continuare a rispettare le prescrizioni del FFP come ogni squadra che partecipa alle Coppe europee, a cominciare dal bilancio di questa stagione che, per essere chiuso in linea con il break-even , dovrà registrare circa 40 milioni di plusvalenze entro fine mese. E qui finiscono le cattive notizie: Antonio Conte, a differenza di Luciano Spalletti, potrà iscrivere 25 giocatori nella lista Uefa, senza l'assillo del saldo acquisti-cessioni pari a zero che, nel 2016, aveva portato all’esclusione di Gabigol, Jovetic, Kondogbia e Joao Mario dall’Europa League. In soldoni, l'Inter sarà libera di operare come ritiene più giusto, sempre tenendo fede al principio cardine del progetto approvato da Michel Platini nel 2010, quello dell’autosufficienza dei club: si spende solo quanto si ricava, con una tolleranza di 30 milioni di perdite cumulate nell’ultimo triennio di riferimento.

Questo è il punto di partenza indispensabile per leggere tra le righe degli affari Sensi e Dzeko che si stanno concretizzando in queste ore e che, salvo clamorosi ribaltoni, andranno in porto entro i prossimi quattro giorni. Le società con le quali l'Inter si interfaccia, non è un caso, sono le stesse con le quali ha architettato due affari appena un anno fa: Sassuolo (Odgaard chiave per Politano) e Roma (Nainggolan per Zaniolo, Santon più conguaglio). Con i neroverdi, l'Inter va a nozze grazie a un acquisto mascherato da prestito di Stefano Sensi (ipervalutato) ricevendo in dono una plusvalenza preziosa sul giovane di turno della Primavera (Vergani o altri non fa differenza). Operazione fotocopia con i giallorossi, a loro volta marcati stretti da Ceferin, per Edin Dzeko: 10 milioni di euro più un canterano a scelta tra quelli sacrificabili. Facile individuare lo schema ripetuto pedissequamente da Piero Ausilio, maestro in questo campo, come è altrettanto semplice constatare che, se Dzeko è un'opportunità tecnica che poi fa scopa con l'esigenza amministrativa, Sensi è l'esatto contrario. Il che non vuol dire che l'ex playmaker del Cesena sia una tassa da versare alla Uefa ma neppure l'uomo arrivato dalla provincia per scalzare Marcelo Brozovic, colonna della squadra da un anno e mezzo. La parabola tecnica di Politano è esemplificativa in questo senso: l'esterno romano titolarissimo dal primo minuto della scorsa stagione e tra i più utilizzati grazie a caratteristiche uniche in rosa, ai nastri di partenza dell'annata 2019-2020 vedrà ridursi il minutaggio anche per l'avvento di un nuovo modulo e una concorrenza decisamente più quotata. Uno scenario con cui dovrà subito confrontarsi l'altro sassolese che presto emigrerà a Milano, già ricambio in una squadra che ambisce a ben altri traguardi rispetto al galleggiamento pericoloso tra terzo e quarto posto del passato. E' il prezzo equo da pagare, secondo Marotta, per avere degli elementi che allunghino la panchina e pronti all'uso per far rifiatare i titolarissimi. Il tutto con la benedizione della Uefa. "I paletti del Fair Play Finanziario sono molto rigidi, le plusvalenze ormai sono un fattore ordinario per tutti i club e noi dobbiamo procedere in questo verso. Ma la proprietà dell'Inter è forte e vuole raggiungere traguardi importanti, vogliamo fare investimenti importanti per le nostre necessità, pur rimanendo in questi paletti", diceva poco più di un mese fa lo stesso Marotta, fotografando nitidamente i due momenti del mercato interista, prima e dopo il 30 giugno.

I tempi stretti del mercato impongono determinate scelte tecnico-finanziarie, e non è un caso che - oltre alle trattative sopracitate - ne bollono in pentola diverse altre che coinvolgono alcuni giovani prodotti del vivaio (Adorante, Vanheusden, Gravillon e chi più ne ha più ne metta). "Facciamo comodo alla società perché con l'aiuto delle plusvalenze si costruisce una squadra più forte per l'anno prossimo", diceva il 10 giugno 2018 Stefano Vecchi, dopo essersi laureato campione d'Italia Primavera. Dallo scudetto Under 19 allo scudetto delle plusvalenze il passaggio ormai è automatico, un modus operandi ormai sdoganato che non fa più neanche scalpore. E' una realtà a cui i tifosi dell'Inter sono abituati, ciò che deve cambiare è la prospettiva dal 1° luglio in avanti: i sogni alla Lukaku non così impossibili da realizzare saranno la prova della bontà del nuovo progetto solo se si avvereranno. Intanto, prima di rimandare ogni giudizio al 2 di settembre, c'è un dato certo da sottolineare: il re delle plusvalenze l'Inter se l'è già portato a casa ingaggiando Antonio Conte, un tecnico top che è in grado di far sovraperformare i giocatori a sua disposizione.

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Sezione: Editoriale / Data: Gio 27 giugno 2019 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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