Ti alzi la mattina di un lunedì e ti senti felice. Non pensavo, proprio non credevo che l’Inter avrebbe vinto questo derby. E questo rende ancora più straordinaria la sensazione che ha trasformato la mia espressione in quella inebetita che, qualche passeggero della metropolitana su cui viaggiavo, deve aver scambiato per quella di un tizio con grossi problemi di comportamento.
Ma al di là dell’inevitabile senso di estasi, che dalle 22-30 circa di domenica sera si è impossessato di anime e corpi nerazzurri non mi sfugge un interrogativo che porto da ormai un anno e mezzo. Quanto vale l’Inter? Non c’è una sola risposta che ne racchiuda il valore, che ne dica il peso, o che ne descriva qualità e difetti in senso definitivo.
Prendi un giocatore come Milito, che la quasi totalità degli interisti aveva incasellato come finito, sopravvalutato, bollandolo come mediocre di successo per la stagione del triplete, arriva a  Zanetti  che saetta come un 28enne e trascina la squadra e ti rendi conto che l’Inter non da punti di riferimento. Nel bene e nel male.

E’ una squadra che è stata attraversata da eventi eccezionali, situazioni fuori dal normale e ora nessuno ne conosce i reali limiti e le effettive potenzialità.
L’Inter negli ultimi 18 mesi si è trovata a perdere l’allenatore più decisivo del pianeta, con un anno di anticipo rispetto a quanto previsto. Mou ha reso l’Inter adulta, l’ha cresciuta con un educazione rigida e saggia, ha preteso molto da lei, l’ha riempita di affetto e incoraggiata a pretendere sempre di più da se stessa. E quando l’Inter si è finalmente convinta di essere grande, Mou è sparito.
Ti ritrovi con tre coppe sulla schiena e i riflettori del mondo puntati e a quel punto non hai nessuno che sia adatto, libero o apparentemente degno di guidare una squadra che per continuare a mantenere quello standard dovrebbe essere corretta proprio da chi l’ha creata.
Il coraggio di vendere Maicon, Milito e un paio di difensori o quello di fare scelte coraggiose.
Invece senza più guida tecnica la società ha puntato su Benitez. Errori di strategia comunicativa dello spagnolo e scarsa convinzione da parte della società, numero di infortunati record, certezze minate e decisione shock di passare da Benitez al milanista Leonardo. La squadra torna ad andare fortissimo, l’organico rientra al completo e per tre mesi l’Inter si trova a giocare ogni 3 giorni. Arriva al derby decisivo, dopo la pausa per le nazionali spremuta di nuovo e con Cambiasso e Zanetti rientrati dall’Argentina solo all’ultimo. Col Milan e Schalke i giocatori deambulano, si ripiomba nei dubbi, si termina la stagione con la coppa Italia vinta e Leonardo a ritagliarsi il ruolo di ondivago. Il brasiliano va a fare il dirigente a Parigi mettendo a soqquadro tutte le strategie per l’anno nuovo. In sede all’Inter si rimettono a cercare un  altro allenatore. In assenza di verità assolute Moratti e società si prendono accuse di cattiva gestione. E in effetti l’arrivo di Gasperini, la campagna acquisti low profile, il cambio di modulo oltre alla perplessità presidenziale conforta i detrattori storici della dirigenza.

Poi l’arrivo di Ranieri.
Una squadra che passa sotto tutti questi uragani e sopravvive a se stessa diventa leggendaria ma non per questo vincente. L’Inter sta tornando a conoscersi. Deve ancora capire come in un girone di andata in cui è arrivato in zona retrocessione prendendole dal Novara si sia ritrovata arrivando a battere il Milan. Il fatto di non conoscere dunque i propri confini per intero è un problema.
E con il mercato in pieno svolgimento senti pure dire che un Tevez o chiunque altro rischia di minare gli equilibri. Le stesse persone che un mese fa giuravano che senza un qualunque acquisto l’Inter sarebbe finita male.
Questa squadra ha fatto ingoiare convinzioni a tifosi e opinionisti. Ma il fatto di non conoscere l’esatto valore dell’organico non permette di porre sicuri rimedi in vista dell’immediato futuro. L’unica cosa su cui tutti si trovano d’accordo è che l’Inter vada ringiovanita.

Cosa che la società sta tentando di fare, se non fosse per il fatto che se un giovane dopo tre partite non convince si grida alla campagna acquisti scadente e a un Moratti che “non ha più voglia”.
Non sono uno di quelli che dice che se l’Inter prende quel giocatore fa un grande errore e se prende quell’altro svolta la stagione.  Ma una cosa me la auguro: che la società sia più forte, più coraggiosa e disposta a supportare in tutto e per tutto l’allenatore. Chiunque esso sia…

Sezione: Editoriale / Data: Mar 17 gennaio 2012 alle 00:01
Autore: Lapo De Carlo
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