Mentre tutto il mondo intona 'God save the Queen' in omaggio alla Regina Elisabetta, scomparsa tre giorni fa all'età di 96 anni, ultimo personaggio del '900 ad averci lasciato, c'è chi in maniera un po' più profana cantava, alla fine del primo tempo di Inter-Torino, un 'God save the Inter' in virtù di quanto fatto vedere dalla squadra di Simone Inzaghi nei primi 45 minuti: uno spettacolo degno di giustificatissimi fischi. A dirla tutta, ci hanno parzialmente pensato i quasi 70 mila presenti al Meazza che al sostegno incondizionato d'inizio match hanno cominciato, allo scorrere del cronometro, ad alternare qualche fischio udibile anche dai televisori e ben chiaro a chi calcava campo e bordocampo. Giocatori e staff tecnico per la precisione, che dopo i 70 minuti di gara imbastiti contro la squadra di Juric di quei fischi dovrebbero seriamente farne monito.
Ammenda e mea culpa che Inzaghi e giocatori effettivamente fanno a match in corso, ma non senza fatica e l'1-0 finale non cancella la discutibile prestazione sciorinata fino quasi un quarto d'ora alla fine. Prestazione poco bella, a tratti indecorosa, quella vista nei primi quarantacinque minuti di gioco che oggi non trova più scuse e alibi e che al contrario comincia a preoccupare. Se è vero difatti che il 2-1 del Milan nel derby dello scorso anno non era giudice corretto rispetto a quanto visto in campo, altrettanto lo si può forse dire a proposito dell'1-0 di ieri rifilato al Torino. Risultato probabilmente giusto, ma non di certo convincente che fa a pugni con la soddisfazione dichiarata da Inzaghi nel post gara. "Una partita del genere fa molto, molto piacere all'allenatore" ha detto ai microfoni di Inter TV dove ha parlato di partita difficile durante la quale la squadra è stata brava a restare compatta anche nella sofferenza per poi trovare la vittoria nel finale. Non si può di certo negare che i tre punti intascati alla fine spostano non di poco l'ago della bilancia dei giudizi, ma altresì innegabile è la fatica quasi titanica che la squadra ha patito nei primi 45 minuti di gioco soprattutto, quando non è neppure stata in grado di registrare alcun tiro in porta. Dettaglio non da poco che andrebbe analizzato a fondo, al di là delle giustificazioni che Lautaro dà a margine della partita. Squadra che gioca a tuttocampo e con ritmo e intensità ad alto livello quella fronteggiata ieri dai nerazzurri, che non possono però nascondersi dietro la scaltrezza e la destrezza di un avversario che, bando alle ciance, non lotta per nessuna grande meta. E allora va detto, senza cattiveria ma con grande pretesa: dati comprensibili ma inaccettabili quelli registrati nella prima frazione di gioco da una squadra come l'Inter. "Siamo l'Inter e lottiamo sempre per ottenere il massimo" aveva detto qualche giorno fa Marotta, frase che trova un'applicazione piuttosto blanda per buona parte di un match che sembrava fino ad un certo punto poter regalare un weekend amarissimo.
A tenere a galla la squadra un insolito Samir Handanovic, rivitalizzato dalla panchina contro i bavaresi, e tornato reattivo e felino come un tempo, deliziando e rincuorando i presenti, per lunghi tratti aggrappati ai guantoni del capitano. Una, due, tre, quattro perle dello sloveno che tra un mugugno e un fischio si è procurato un sonoro applauso di un Meazza visibilmente intimorito. Handa da un lato, Lautaro dall'altro e alla buona, quasi ottima, prestazione dell'uomo tra i pali si accoda quella di un Toro che fa tutto bene, o quasi. L'argentino manca l'appuntamento al gol per la terza partita consecutiva, tre su quattro senza Lukaku. Un dato che inevitabilmente spalanca nuovamente le porte alla nostalgia del belga, ai box da qualche settimana e la cui assenza torna a ricordare il motivo per il quale è stato riportato a Milano. Senza un attaccante dalle caratteristiche del numero 90, Lautaro si asfissia e non poco, non riuscendo spesso a far valere la deliziosa tecnica della quale è dotato. Costretto ad un lavoro sporco che non trova sponde - nel senso letterale e metaforico del termine - e lo costringe ad un dispendio energetico dal quale non può sottrarsi per indole. Il diez, insieme a Calhanoglu, è uno dei più agguerriti e l'ultimo a demordere, in campo e fuori dal campo dove a vittoria conquistata parla da vero leader incoronando i compagni per la prestazione d'alto sacrificio. Ti senti davvero importante e punto di riferimento? Domanda alla quale risponde con umile gratificazione ma senza darsi troppo importanza, spostando al contrario il focus sui compagni, a suo avviso meritevoli di lode per "aver dato quel qualcosa in più che era mancato nelle ultime gare". Parole da uomo-spogliatoio da non sottovalutare che giocano un ruolo fondamentale nell'incitazione di un gruppo che fino al 30esimo del secondo tempo sembrava aver smarrito, oltre che smalto e brillantezza, anche e soprattutto mordente e fiducia. Fa tutto bene, per l'appunto, l'ex Racing. Tutto fuorché trovare la porta, trovata invece da un salvifico Marcelo Brozovic, al secondo score consecutivo in campionato dopo quello rifilato al Milan la scorsa settimana, che al contrario dell'ultimo messo a segno mette in sicurezza l'Inter.
Contro i granata a salvare la regina di Milano (come recitava una vecchia canzone) è proprio il croato, in versione goleador ma anche scaccia fantasmi. Lo 0-0 sul quale viaggiavano i nerazzurri fino all'88esimo indirizzava Inzaghi verso una situazione non così agiata e l'eventualità di perdere ancora punti in classifica stava trascinando gli undici in campo verso una scomodità in campo tangibile nelle difficoltà a trovare varchi verso Milinkovic-Savic. Gli scongiuri sono però evidentemente serviti, tanto quanto 'l'essersi parlati' negli spogliatoi all'intervallo, quando giocatori e allenatore hanno innescato il cambio passo registrato tra prima e seconda frazione di gioco. Un passo che solo Epic Brozo è riuscito a trasformare in felino e graffiante, guizzo propizio a salvare la regina da uno stato di potenziale depressione che l'eventuale pari avrebbe inevitabilmente generato come effetto collaterale. Una zattera quella lanciata dal 77 interista che vale decisamente più dei tre punti come dimostrano le parole dei protagonisti che continuano a tappezzare di "ciò di cui avevamo bisogno" i vari social sui quali festeggiano la vittoria. Tre punti che, effettivamente, servivano come l'acqua nel bel mezzo di un safari in pieno agosto e che regalano a Inzaghi quella spinta e consapevolezza che lo stesso piacentino, ancor prima del gruppo di cui è alla guida, sembrava aver smarrito e ai quali va data obbligatoriamente continuità. La regina, per stavolta, è stata salvata ma il regno, ad oggi non è ancora al sicuro e questo faticosissimo, sofferente e stentato 1-0 ne sia memoria dalla quale attingere a partire da domani.
Send her victorious, happy and glorious, long to reign over us, God save the Queen.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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