Fa ancora male. Anche se ormai due giorni sono passati, anche se l'affetto di migliaia di personaggi del mondo dello sport e non solo di sicuro lo avranno aiutato a sorridere dopo gli attimi tremendi del dolore e delle lacrime, anche se l'intervento di ieri a Pavia e perfettamente riuscito e non resta ora che aspettare quanto sarà necessario. Sei mesi, otto mesi, quanti dovranno essere saranno. Ma fa ancora male: fa ancora male pensare a Diego Milito a terra dopo un drammatico inciampo sull'erba maledetta di San Siro, col ginocchio che si gira in maniera innaturale in quella doppia lesione maledetta che gli costerà l'intera ultima parte di stagione. Che faccia male ai tifosi per l'enorme valore affettivo, lo abbiamo ormai assodato. Il rischio, però, è che ora quest'assenza possa fare male su un altro piano, che rischia di diventare davvero inclinato fin quasi ad assumere pendenze vertiginose: il piano tecnico.
"Non esiste un'Inter senza Diego Milito", ha dichiarato testualmente Andrea Stramaccioni nel corso della conferenza stampa della vigilia. E i numeri non gli danno poi troppo torto: perché il Principe, anche se prossimo a superare la soglia dei 34 anni, quando è in forma rappresenta ancora un valore aggiunto per quest'Inter. Soprattutto, i suoi gol rappresentano garanzia di vittoria, e il pubblico nerazzurro ha avuto modo di sperimentarlo per l'ennesima volta domenica scorsa contro il Chievo. Si contava sul suo rientro per rilanciare le ambizioni dell'Inter, e a ragione, almeno fino a quando quel dannato ginocchio... E tutto questo, proprio nel momento del ciclo di fuoco tra sedicesimi di Europa League e le gare contro Fiorentina e soprattutto Milan.
Non esiste un'Inter senza Diego Milito, caro Stramaccioni, però adesso te ne devi fare una ragione: Diego Milito non c'è più fino a giugno, non ci sarà più la sua presenza a dare certezze al gruppo o la sua ombra a incutere timore agli avversari. Il gruppo si ritrova irrimediabilmente orfano, e già sappiamo quanto ha patito le assenze del Principe, quanto ha pagato la mancanza di quel punto di riferimento. E ripercorrendo anche il solo pensiero, purtroppo, i tifosi già cominciano a nutrire dubbi e ansie: temono una nuova fase di sterilità offensiva, temono che Rocchi, indicato come sostituto ideale dell'argentino, già di per sé acquisto poco caldeggiato e per di più ancora non riuscito a trovare uno spazio accettabile per provare a recuperare quel gap di ritmo partita purtroppo ancora troppo evidente, non riuscirà mai a risalire in tempo le gerarchie del reparto offensivo. Proprio adesso che il Milan, a sette giorni dal derby, ha completato la rimonta e si ritrova a lottare per la Champions, si rivive il timore di un'Inter nuda, priva di gioco e di idee, non in grado di rispondere ai colpi degli avversari. Insomma, si sta come d'autunno sugli alberi le foglie...
Certo, però, che non si può vivere per sempre di dubbi e paure. Ora più che mai, ora che il proprio faro guarderà la partita dalla tv, questa squadra ha un compito ben preciso: quello di fare un passo in più. Sin dalla gara contro l'ostica Fiorentina di Montella, certamente un leone ferito dalla brutta prestazione di Torino contro la Juventus, la squadra deve fare il possibile e l'impossibile per dimostrare di essere un vero gruppo, al di là delle assenze. La vittoria col Cluj è un primo passo, ma non può restare un fuoco di paglia, non ce lo possiamo permettere. E' l'ora di compattarsi, è l'ora di prendere tutti in mano quel timone e di soffiare sulle nostre vele, perché il campionato è ancora lungo e la sorpresa è sempre dietro l'angolo, chiedere a Totti per informazioni. E soprattutto, è l'ora di tirar fuori tutto, ma proprio tutto: dare fondo alle risorse, sfoderare la grinta, gli artigli, gli attributi, chiamateli come pare a voi. E insieme ai giocatori in campo, lo devono fare anche i tifosi: si spinge tutti insieme, remare contro è una follia. Vicini, come lo è stato anche il presidente Moratti che ieri si è recato a Firenze in treno con la squadra. Lo dobbiamo a Milito, lo dobbiamo ai nostri colori...
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