Fra le innumerevoli iniziative online lanciate da personaggi più o meno famosi durante questi giorni drammaticamente, purtroppo, eccezionali, ne spicca forse una che brilla per originalità, ma soprattutto per capacità di rendere ironica e divertente una situazione che per molte persone, soprattutto quelle che emotivamente mostrano più fragilità, rischia anche di creare conseguenze psicologiche non piacevoli, al di là della battuta pronunciata ieri dall’ex tecnico dell’Inter Mircea Lucescu. Si chiama ‘Tg Casa 40ena’, ed è una creazione di un personaggio ormai noto per la brillantezza nell’interpretare e ridisegnare in chiave ironica i tic, le peculiarità e le piccole e grandi nevrosi della società italica contemporanea: trattasi di Marcello Macchia, meglio noto al pubblico col suo nome d’arte di Maccio Capatonda. Il protagonista è proprio lui, che racconta le vicende quotidiane vissute all’interno delle proprie mura domestiche col taglio di un vero e proprio tg, con conduttore da lui impersonato, servizi in cui il protagonista è sempre lui, impegnato nella cronaca dell’omicidio di una zanzara oppure di un rubinetto che perde, o voce narrante fuori campo.
Maccio Capatonda, con questi piccoli video, offre un modo a tutti di guardare con maggiore leggerezza a questa nuova quotidianità fatta di messa in sicurezza dal pericolo sempre incombente del contagio da Covid-19, e al tempo stesso ci fa anche pensare che sì, in qualche modo questo è sostanzialmente un modo, se non addirittura l’unico modo, di narrare la vita di questi tempi, noi che siamo abituati a immortalare e ‘spettacolizzare’, soprattutto attraverso i social, qualunque nostra attività quotidiana, che sia un’uscita di lavoro piuttosto che una seduta in palestra o un aperitivo con gli amici. Adesso che siamo tutti costretti a rimanere in casa, finché non passa la tempesta resta poco altro che aggrapparci alla quotidianità domestica per provare a raccontare noi stessi o il mondo che ci circonda, in questo caso il piccolo mondo murato, magari con l’aggiunta di servizi speciali come la preparazione del pane in casa o sedute fai-da-te di fitness e yoga. Perché sembra che ormai di cose da dire e soprattutto di informazioni da dare ce ne siano ben poche e quasi sempre negative. E nessun ambito pare sfuggire a questa legge non scritta, nemmeno quello sportivo e calcistico in particolare.
All’interno del panorama generale, comunque, si sta progressivamente prendendo coscienza di un punto: meglio chiudere qui, ormai non ha più senso proseguire quest’annata per diversi motivi, che riguardino le tempistiche decisamente strette oppure più semplicemente questioni emotive, per non dire morali. Ha tracciato la strada il rugby, che ha cancellato la stagione 2019-2020 con buona pace della capolista Rovigo; va dritta su questa direzione, per fare un altro esempio, la pallacanestro, dove è stato messo il lucchetto all’attività regionale e anche i campionati professionistici sembrano andare verso la direzione del lockdown nonostante la posizione di qualche irriducibile, anche se l’invito da parte del Sottosegretario di Stato degli Usa Mike Pompeo rivolto a tutti i cittadini statunitensi all’estero di rientrare immediatamente in patria potrebbe suonare quasi come una sentenza definitiva.
Il mondo del calcio, invece, continua a discutere relativamente al se e al come ripartire. Il fronte del ‘fermiamo la giostra’ si è allargato in questi ultimi giorni, come noto, ma non appare ancora compatto e unitario davanti a chi, invece, non vuole mollare l’osso, chiede la conclusione della stagione adducendo motivi più o meno plausibili, ed è disposto ad andare a chiudere ad estate ormai piena, soprattutto nel tentativo di salvare il salvabile dal punto di vista delle casse. Tutto questo mentre il presidente della Figc Gabriele Gravina balza da un pulpito mediatico all’altro ribadendo che comunque la volontà è quella di portare a termine, in qualche modo, questi tormentati campionati ed avere classifiche definitive, pur col rischio di creare un ingolfamento in partenza del calendario per la nuova stagione, e dalla Uefa continuano a proporre date su date per risistemare i calendari specie delle Coppe europee e cercano costante contatto con le varie Federazioni per trovare una quadra. Il nuovo round è previsto proprio per oggi.
In questo marasma senza fine, ha preso piede ora una nuova tematica, legata forse al maggiore e più potente pericolo che incombe sulla testa di tutto il sistema: lo stillicidio della perdita dei fondi. Nel tentativo di arginare la prevedibile piena di sangue, perché ormai parlare di bagno rischia di diventare anche riduttivo, adesso la strada maestra, in attesa dell’incontro tra federazione e governo e dell’accoglimento delle richieste della Figc per attivare un qualsivoglia meccanismo di aiuto, è quella della richiesta di buonsenso da parte di giocatori e staff tecnici affinché rinuncino a buona parte degli ingaggi da qui fino alla fine della stagione. Hanno indicato la rotta club come la Juventus e il Barcellona, grazie anche al lavoro dei rispettivi capitani Giorgio Chiellini e Lionel Messi, per il quale il quotidiano francese L’Equipe ha speso una prima pagina non proprio opportuna e magari anche un filo provocatoria, dove la Pulga aveva i connotati di un suo celeberrimo concittadino, Ernesto ‘Che’ Guevara. E su questa strada, in attesa che Serie A e Aic trovino un accordo, è pronta a camminare anche l’Inter. Come annunciato ieri, anche il gruppo nerazzurro è pronto a rinunciare all’ultima parte dei propri emolumenti; senza fretta, perché non c’è un listino di Borsa che alita sul collo, ma una volta che sarà chiarito il destino di questa stagione si definirà nel dettaglio ogni aspetto.
Intendiamoci: gesto di buonsenso e di responsabilità sì, ma da non confondersi con qualsivoglia forma di beneficenza. Non c’è assolutamente nulla di eroico in tutto questo, come nelle frettolose definizioni di qualcuno: semplicemente, c’è il riconoscimento di una situazione alquanto allarmante, che rischia di avere pesanti ripercussioni a lunghissimo termine e senza guardare in faccia nessuno, per tentare di fronteggiare la quale tutti gli addetti ai lavori sono chiamati al loro contributo e a tirare in qualche modo la cinghia nel tentativo di porre una barriera più solida possibile per questo tornado. Siamo ben lontani, quindi, dalla definizione di calciatori eroi, pronti a rinunciare a parte di quello che ormai rappresenta il loro status, per il quale sono spesso additati o invisi. Semplicemente, dando un taglio ai loro ingaggi, i calciatori danno una mano a loro stessi e ai club per i quali lavorano, una rinuncia, come detto, di pura coscienza del momento.
Semmai, il dare un taglio dei calciatori dovrebbe essere preso di esempio da altri, affinché si dia un taglio a certe situazioni paradossali che altro non fanno che rendere ulteriormente pesante la situazione:
- Diamoci un taglio, ad esempio, e prendiamo tutti coscienza che ormai la stagione, volenti o nolenti, è già finita. E qui si parlerà del mero lato ‘sentimentale’ della faccenda: al di là del fatto che una ripresa dell’attività fatta adesso genera inevitabilmente complicazioni di calendario e soprattutto di forma dei calciatori, ritornare in campo, magari a porte chiuse, magari esultare per un gol o gioire per una vittoria, non avrebbero più lo stesso senso. Anzi, rischia di suonare cinico, oltre che fuori luogo.
- Diamoci un taglio alle beghe da cortile e proviamo a ricostruire da queste macerie per avere una governance del calcio forte, che non si cacci più in situazioni imbarazzanti come francamente lo è stata la gestione prima della chiusura forzata. E che lavori per trovare un nuovo modo di pensare calcio, magari creando format sostenibili e un sistema di regole chiare e non interpretabili.
- Diamoci un taglio e spegniamo sul nascere le voci di un mercato extralarge che nelle intenzioni durerebbe da luglio a dicembre. A parte il fatto che una finestra temporale così ampia non collimerebbe affatto con un panorama che in tanti prevedono già arido, dove le valutazioni dei calciatori usciranno fortemente ridimensionate e dove soprattutto liquidi ne gireranno presumibilmente pochi, il rischio è quello di avere un’intera prima parte di stagione soggiogata dai condizionamenti di voci di mercato perpetue che causano condizionamenti e lamentele da parte degli allenatori quando si tratta di poche settimane, figuriamoci dovesse accadere per mesi. Se proprio si vuol fare così, lo si faccia in maniera flessibile, magari con l’introduzione di apposite finestre temporali.
Il tempo passa, e nessuno sembra accorgersene in questa quotidianità anomala e forzata. Oggi è il 1° aprile, ma forse voglia di scherzare non ce n’è poi tanta.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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