Giusto martedì scorso, a due giorni dalla sentenza emessa dalla Corte di Giustizia Europea che rischia di rivoluzionare il mondo del calcio, si parlava di ‘Coppa Italia anti-democratica’ durante la conferenza stampa di Thiago Motta, alla vigilia di Inter-Bologna. Da quando Maurizio Sarri, all’epoca alla guida dell’Empoli, usò questa espressione nel lontano 2015 le cose nel frattempo non sono cambiate, tanto che pure il tecnico rossoblu ha sposato in pieno la posizione del collega quasi in maniera sconsolata, con la gestualità del corpo di chi non può farci niente fino a che chi domanda non deciderà di cambiare il format che favorisce le big italiane. Le otto più forti sulla carta aspettano, in casa, le altre che devono passare i turni precedenti (più sono piccole e più la strada è a ostacoli) partendo dagli ottavi di finale, praticamente per percorrere la strada più veloce verso le semifinali, da giocare eccezionalmente su andata e ritorno. Una formula che non affascina per nulla gli spettatori perché raramente regala dei vincitori a sorpresa. Trionfano sempre le stesse, anche perché per alzare il trofeo devono giocare appena cinque partite. Meno di un girone di Champions, almeno se lo si intende alla vecchia maniera. In tutto questo ci si chiede che posto abbia il ‘merito’, tanto sbandierato in queste ore da chi vuole mantenere intatto il vecchio sistema come UEFA e FIFA. Non portano molto alla causa, se non altra confusione, le eliminazioni di Inter e Napoli, le due favorite che hanno dovuto arrendersi alle avversarie meno quotate. Se l’uscita dei campioni d’Italia, già allergici agli ottavi nella passata stagione anche quando spazzavano via tutti, è stata fragorosa nelle sue proporzioni, visto il 4-0 rifilato dal Frosinone, quella dell’Inter ha fatto rumore perché la squadra detentrice delle ultime due coccarde ha abdicato subito. Pur tenendo molto alla competizione, come detto da Simone Inzaghi prima dell’1-2 di San Siro, qualche calcolo legato al turnover i nerazzurri lo hanno fatto, anche approfittando del fatto che i ragionamenti li ha fatti pure Thiago Motta, che si è trovato a gestire lo scomodo impegno infrasettimanale contro i vicecampioni d’Europa in mezzo a due gare tremende per difficoltà con Roma e Atalanta, concorrenti diretti per la zona Champions. Turnover contro turnover è l’equazione che dà sempre ragione alla squadra con la rosa più profonda nove volte su dieci, una teoria che Inzaghi sperava si concretizzasse entro il 90’, visto l’undici schierato che comunque presentava diversi titolarissimi. Compreso quel Lautaro che, dopo aver sbagliato il rigore che ha contribuito a spostare la sfida ai supplementari, si è spremuto così tanto da accusare un infortunio. Il guaio fisico del capitano ha avuto un effetto pesante sui compagni: dopo l’uscita dal campo del Toro, è entrato in campo il vero Bologna che si è tenuto le migliori cartucce per lo sprint finale in piena rincorsa, una volta incassato il gol da Carlos Augusto. Con la linea del traguardo vicina, dal nulla, Zirkzee e Ndoye hanno completato la rimonta. “Questo è il calcio”, ha commentato Inzaghi a margine della partita. La migliore delle frasi possibili in mezzo a una guerra di posizione tra favorevoli e contrari alla Superlega. Il calcio resta in mezzo o, meglio, al centro. Si spera che chi organizzerà i tornei del futuro ne tenga conto. Prendendo esempio da quello che succede in ogni campo, a qualsiasi latitudine.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 22 dicembre 2023 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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