E' veramente sbagliato, se sei un allenatore, lasciare l'Inter dopo una vittoria? La domanda, fatalmente ciclica nella storia recente del club, è tornata d'attualità due martedì fa, quando Antonio Conte ha imitato José Mourinho dopo aver sperimentato fisicamente e mentalmente il significato differente di un trionfo in nerazzurro. Due decisioni molto simili, anche se prese in contesti decisamente opposti: se nel 2010 il ciclo di vittorie raggiungeva la sua apoteosi a Madrid con il Triplete, undici anni dopo lo scudetto che ha interrotto l'egemonia juventina è quanto di più lontano da un ultimo capitolo glorioso. Eppure, le mosse dello Special One e di King Antonio sembrano essere accomunate dalla ricerca di trovare qualcosa di meglio là fuori. Questa volta non è il Real Madrid il cattivo della storia, lo abbiamo scoperto l'altro ieri all'atto dell'annuncio del clamoroso ritorno di Carlo Ancelotti sulla panchina dei blancos. L'ex ct della Nazionale, a differenza del portoghese, non è stato ritenuto adatto al ruolo, il che non toglie dal tavolo delle riflessioni il tema delle ambizioni della Benamata nella prossima stagione e oltre. L'Inter d.C. (dopo Conte) non avrà l'obbligo di conquistare subito la seconda stella dal momento che, senza il tecnico salentino, che pure ha introdotto una mentalità nuova nel gruppo, mancherà quell'ossessione positiva per la vittoria che in pochi al mondo sanno trasmettere con la sua stessa forza. Gli obiettivi dei campioni d'Italia verranno definiti pian piano nelle prossime settimane, soprattutto in relazione alla fisionomia che avrà la rosa dopo un mercato caratterizzato da sacrifici (uno o due top via?) e la solita creatività, tra plusvalenze, cessioni in prestito e acquisti a rate. Lo scudetto cucito sulla maglia impone all'Inter un ruolo di favorita nell'edizione 2021-22 della Serie A, ma quando si cambia guida tecnica e si vanno a toccare (?) giocatori cruciali non c'è nulla di scontato. Esattamente come nella corsa al tricolore che agli inizi di giugno appare più che mai incerta: chi può realisticamente contrastare un'Inter che, pur orfana di un top coach ma che si è dotata del migliore tecnico italiano sul mercato, non verrà smontata? E' l'Inter di Beppe Marotta prima ancora che di Simone Inzaghi: l'ad sport ci ha messo la faccia persino più di Steven Zhang promettendo ai tifosi che la squadra non verrà smantellata. "Proprio ieri – ha dichiarato il dirigente varesino lo scorso 27 maggio - c'è stata una manifestazione di protesta (della Curva Nord ndr) sotto la sede e la cosa più semplice che ho ritenuto fare è stata quella di spiegare a tre rappresentati il momento di difficoltà. Hanno capito e oggi hanno fatto un comunicato in cui si comprendono le difficoltà, con l'auspicio di fare bene. Si può vincere anche senza fare grossi investimenti, che magari vai a fare con competenza nella struttura e nelle risorse umane".
Ecco le due parole chiave: investimenti e vincere. Sempre a braccetto, inseparabili a ogni latitudine nel mondo del calcio. Lo sa anche Marotta, perfettamente consapevole della difficoltà che si incontrano quando si è chiamati a ripetere un successo. Dipende da mille fattori, compresi quelli che non sono controllabili direttamente, come la forza della concorrenza. L'Inter scudettata quanto è davvero più competitiva di chi è arrivato a 12-13 punti di distacco? Il gap, capovolto rispetto all'era pre-Conte, oggi è un concetto difficile da definire per tutti gli stravolgimenti che ci sono stati e ci saranno dentro e fuori dal mondo Inter. L'incertezza è palpabile tra le mura di Viale della Liberazione, un sentimento inusuale dopo l'euforia provata nell'ultimo mese che è stata perfettamente fotografata dall'ad corporate Alessandro Antonello: "Sono giornate di felicità, poi come in tutti i business le giornate sono impegnative. C'è un progetto, una strategia, chiaramente ogni tanto serve rivedere i programmi. Nella nuova stagione riusciremo a garantire una performance sportiva all'altezza dei campioni d'Italia. Scudetto? L'obiettivo è figurare sempre nelle prime posizioni, sarà una competizione sempre più difficile perché le altre squadre si rinforzano".
Senza il fattore Conte, 12 mln all'anno per avere la garanzia quasi matematica di vincere, l'Inter deve trovare un nuovo equilibrio tra campo e bilancio. Tocca a Marotta fare la differenza, assumersi più responsabilità di quelle che divideva con il suo compagno di successi che ora è tentato da una nuova avventura in Premier, al Tottenham. Dalle decisioni che prenderà la dirigenza da qui a settembre, nei margini di manovra disegnati da Suning, dipenderà il destino dell'Inter, un club che deve rifuggire la mediocrità dopo essere stata liberata dalle sue logiche. Questa è l'eredità più grande lasciata da Conte, quasi come a dire: 'ora che vi ho insegnato come si fa, potete continuare a vincere anche senza di me'. Messaggio già ampiamente recepito da Romelu Lukaku, uomo simbolo dell'interismo, che in una dichiarazione rilasciata ieri sera alla tv belga Vtm ha confermato la ferrea volontà di restare per rivincere lo scudetto. Non senza nascondere il dispiacere per la decisione di segno opposto già presa dal suo mentore: "Quando ho sentito che stava per andarsene è stato difficile perché abbiamo un gruppo affamato, ragazzi che lavorano per la squadra. E quel ciclo si era improvvisamente fermato". L'Inter, ha detto tra le righe Big Rom, va avanti anche senza Conte, è la realtà con la quale sta convivendo l'ambiente da nove giorni. E' nata l'Inter di Marotta, che oggi metterà nelle mani di Simoni Inzaghi le chiavi del progetto. Se sarà ciclo, lo dirà solo il tempo.
VIDEO - INZAGHI HA SCELTO IL PREFERITO PER RAFFORZARE LE FASCE
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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