In fondo, si è scritto più volte come gli alti e i bassi siano la costante della sciagurata Inter degli ultimi anni, quella che, per intenderci, a partire dall’ultimo trofeo e dal successivo abbandono di Leonardo nell’estate 2011 ha visto passare tre diverse proprietà, troppi allenatori e frotte di giocatori, spesso in prestito, che magari erano a Milano con lo spirito di uno studente in Erasmus. Ora, parlando a freddo dopo la banale delusione di una gara non vinta a causa dell’imponderabile, è evidente che il derby di mercoledì va a costituire l’ultima tappa di una striscia positiva, che – come ripete spesso Spalletti – avrebbe trovato il suo avvio nell’ormai famoso intervallo della sfida col Benevento. Senz’altro, almeno da un punto di vista numerico, quella gara è il punto di partenza. Ma il dubbio può persistere, soprattutto nella mente di chi, nel corso della medesima stagione, ha visto Inter che parevano solidissime sgretolarsi senza un perché: insomma, stavolta c’è da fidarsi?
GLI ARIDI NUMERI - A seconda dei punti di vista, il primo momento di svolta dell’annata nerazzurra è arrivato nel brutto ottavo di Coppa Italia col Pordenone o nella sconfitta casalinga con l’Udinese della domenica successiva. Prima di quella settimana di metà dicembre, l’Inter si era resa protagonista dell’ottima striscia positiva di inizio anno che l’aveva portata a lungo in vetta alla classifica. All’attivo, i nerazzurri avevano 33 reti segnate e 10 subite in 16 gare giocate (con una media di circa 2 gol segnati e 0.6 subiti per gara), e nella metà dei casi la porta di Handanovic era rimasta inviolata. Nelle 9 gare successive, quelle del lungo letargo invernale, la media dei gol fatti si era quasi ridotta a un terzo (col dato choc di 0.7) mentre era raddoppiata quella delle reti subite, salita a 1.2. Nelle ultime 5 gare, le roboanti goleade con la Samp drogano certo il dato dei gol fatti, tornati al numero di 2 per gara, mentre le 0 reti subite in 5 gare per complessivi 481’ parlano da sé sulla solidità difensiva nerazzurra. Media punti? 2.5 nelle prime 16, un misero 0.8 nelle 9 tappe del medioevo nerazzurro e, infine, un ottimo 2.2 nelle ultime 5.
TRE TESTE PENSANTI - È insomma evidente come il dato numerico non basti in sé a rinsaldare la fiducia: le 5 gare dell’ultima rinascita son troppo poche perché il dato della media punti risulti significativo. Quanto alle reti, c’è una quasi totale uguaglianza in termini di gol fatti tra i due momenti brillanti della stagione nerazzurra, mentre poco cambia la pur straordinaria inviolabilità della porta di Handanovic, dal momento che in questa stagione il problema, per una volta, non è mai stato connesso alla tenuta difensiva. Anche i dati inerenti al possesso e alle occasioni create, salvo insignificanti oscillazioni, non svelano nessun reale miglioramento. Ma basta con gli aridi numeri: il calcio dell’Inter è finalmente calcio, e lo rivelano gli occhi. Di colpo i nerazzurri si son ritrovati tre teste pensanti in più sul terreno di gioco con l’esplosione del terzino-regista Cancelo, l’affermazione di Brozovic da pivote e l’arrivo di Rafinha, ed ecco così che il fraseggio non si limita ogni volta allo sterile tocco corto al vicino di reparto.
LA MANOVRA ARIOSA - L’arco, insomma, conta su più frecce: ad esempio, ora si cambia gioco con frequenza inaudita, segno che le due fasce sono finalmente di importanza equipollente, nonostante a destra prevalga la qualità e a sinistra il fisico. Un tempo, a inizio stagione, l’Inter era la sua catena di destra, mentre dall’altro lato ci si affidava perlopiù alle sgroppate solitarie di Perisic. Mercoledì, poi, si è visto nel primo tempo un dai e vai di eccellente bellezza ed efficacia, con Icardi bravo per una volta a muoversi incontro toccandola indietro su Brozovic; intanto, Perisic a sinistra era andato, e il connazionale ha potuto pescarlo con un bel lob in profondità. Dopo mesi di apprendistato, con alterne fortune in termini di resa sul campo, i ragazzi paiono aver assimilato le dettagliate lezioni del maestro Spalletti. Quando ci stupivamo che uno strepitoso insegnante di bel calcio come il toscano non fosse riuscito a donare un bel gioco all’Inter, aspettavamo proprio di vedere qualcosa del genere. Eccoci accontentati.
COSA È CAMBIATO - Se giochi meglio hai più armi, più spartiti da suonare a seconda di come si metta la gara, insomma molte più possibilità di aver la meglio. Ciò che è davvero cambiato, rispetto a quell’Inter che fino a dicembre pure macinava punti, è insomma l’enorme crescita in termini di soluzioni e imprevedibilità. Adesso, la matassa può essere sbrogliata in parecchi modi, dunque l’avversario avrà sempre maggiori difficoltà nel leggere i nerazzurri. Per carità, a Torino l’anno scorso andò malissimo e con l’Inter non c’è mai da star tranquilli. È questa crescita di gioco e consapevolezza, però, a suggerire che sì, stavolta c’è da fidarsi.
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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