Sandro Mazzola ripensa al suo passato interista. Dopo 17 stagioni in nerazzurro e gli incarichi nella dirigenza di Moratti le due strade si sono divise. "Sono cambiate tante persone, non sento più nessuno. Sì, un po' mi dispiace, non lo nascondo", confessa ai microfoni di Panorama l'ex bandiera nerazzurra, che dopo il campo si è dilettata nel ruolo di scopritore di talenti: "Ronaldo e Pirlo sono i colpi che mi rendono più orgoglioso. Il brasiliano perché nessuno ci credeva. Quando lo incontrai, sapevo che voleva lasciare il Barcellona ed era attratto dall'Inter. Mi gelò subito però con una frase: 'Tu sai quanto guadagno?', risposi: 'Sì, ma tu mi porti anche due sponsor (Nike e Pirelli, ndr)'".

Per il regista di Flero si è parlato di un clamoroso ritorno in nerazzurro: "Sarebbe utile anche oggi sicuramente. Quando lo presi, era ancora un ragazzo. Lippi mi aveva chiesto l'acquisto di un mediano del Brescia, chiamai allora Lucescu che avevo conosciuto in Romania in occasione di una partita della Nazionale, e lui mi disse: 'Guarda, se vuoi prendere uno che diventerà un grande giocatore, allora punta su Pirlo'. Organizzammo un provino segreto ad Appiano Gentile e anche Lippi diede il suo assenso".  Tra gli acquisti storici di Mazzola non si può poi dimenticare Javier Zanetti. "Non riuscivamo a chiudere l'affare Rambert e alla fine decidemmo di inserire un altro giocatore nella trattativa".

Tre invece i grandi rimpianti: Michel Platini, Paulo Roberto Falcao ed Eric Cantona. "Di Platini conservo ancora il contratto firmato. Era tutto fatto. Poi però le cose andarono per le lunghe e alla fine la cosa sfumò. Per Falcao arrivai a Roma in segreto, non presi aereo né treno, ma mi feci prestare una macchina da un amico. Attraverso strade secondarie arrivai a casa di Falcao, dove la madre insisteva per il trasferimento. Poi ci fu un intervento politico (di Andreotti, ndr) che indusse il presidente Fraizzoli a soprassedere. Cantona invece lo incontrai a Montecarlo: era un gran giocatore dal forte carisma. Ha ragione Moratti: ci avrebbe portato sicuramente qualche successo prima".

Mazzola invece sarebbe potuto finire alla Juve: "Tutte le volte che mi vedeva, Giampiero Boniperti mi parlava sempre di mio padre di cui era la riserva in Nazionale: non dovrei dirlo io che sono juventino, ma era veramente un fuoriclasse. Poi aggiungeva: dài, vieni alla Juventus, andiamo a parlare con l'Avvocato. Così andammo da Agnelli che mi propose il doppio dello stipendio dell'Inter più una concessionaria Fiat e un'agenzia Sai a Milano. Ci pensai su: 'Quando è morto mio padre, solo l'Inter mi è stata vicina e ho un debito di riconoscenza', fu quindi la mia risposta".

Tra passato e presente, inevitabile un paragone tra le vittorie per 1-0 della Grande Inter di Helenio Herrera (sette tra campionato e coppe, nella stagione 1964-65) e quelli ottenuti dalla squadra di Mancini: "È una cosa alla quale ho pensato anch'io. Le due squadre hanno in comune la capacità di soffrire e una volta raggiunto il gol di saperlo difendere. Anche se noi giocavamo un po' più indietro di oggi, una volta in vantaggio. Sinceramente non vedo analogie tra il Mancio e HH. Il Mago era un precursore, faceva fare le cose in velocità, basta allenamenti estenuanti con lunghi preamboli di atletica, subito il pallone, ma esercizi rapidi. E poi diceva sempre, io alleno prima la testa e poi i piedi. Mourinho alla fine è un figlio di Herrera". 

Sezione: Copertina / Data: Gio 12 novembre 2015 alle 21:09
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DaniAlfieri
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