Nel giorno dell'ufficilità di Antonio Conte come nuovo allenatore dell'Inter, France Football ne approfitta per contattare due suoi ex giocatori ai tempi del Bari, Pedro Kamata e Jean-François Gillet, e studiare meglio le caratteristiche del neo-tecnico nerazzurro.
"È una persona molto passionale - racconta il primo -. Vive il suo lavoro all'8.000%, a volte anche un po' troppo all'estremo. Ma allenatori come lui o Pep Guardiola sono così. Queste sono persone che sono sempre sul pezzo. Sono molto esigenti. Conte è uno molto vicino ai suoi giocatori, li proteggerà sempre. A Bari e Siena non abbiamo perso molto, ma le poche volte in cui la squadra era in difficoltà, ha sempre difeso pubblicamente i suoi giocatori. Potrebbe essere qualcosa che ha mantenuto dall'essere capitano. Non ha mai dimenticato di essere un giocatore e questo gli ha permesso di fare un passo indietro in certe situazioni, e non è una cosa per tutti gli allenatori. Ma se ha qualcosa da dire, non se ne priva. A Bari, un giorno in allenamento, mi chiede di sostituirmi e faccio un gesto di nervosismo. La stessa sera non mi dice niente. Ma il giorno dopo, incontriamo lui e mi dice: 'È così, hai fatto due buone partite e inizi a diventare un grande giocatore. Ma ora per te sta arrivando il difficile. Grandi giocatori ne conosco solo due: Zidane e Del Piero. Possono accendere e spegnere la luce quando vogliono. Tu devi lavorare tutti i giorni'. Dopo di ciò, non mi ha calcolato, sapevo che avevo esagerato e mi sentivo a disagio. Potevo considerarmi fortunato perché avevo una relazione speciale con lui".
Poi aggiunge un aneddotto che invade anche la sfera privata: "A quel tempo, mia moglie viveva in Francia e venne a trovarmi in Italia. E Conte lo sapeva. Non importa che gliel'avessi detto due settimane prima, lo stava scrivendo in un angolo della sua testa e lo ricordava ancora. A volte, mi ha detto: 'Abbiamo una partita importante, non devi fare l'amore'. Prima di tutto il gruppo. Una mattina, prima di una partita, mi ha chiesto cosa avessi fatto con mia moglie il giorno prima (ride, ndr)".
L'ex portiere dei Galletti ne esalta invece il lato umano e professionale: "L'ho avuto quasi due anni ed è uno che non perde mai un discorso. Penso che studi la psicologia e sia molto coerente nei suoi discorsi. Aveva sempre ragione in quello che diceva. Era molto franco con i giocatori, e anche quelli che non giocavano riconoscevano i suoi valori. Quando non si è titolari, non è sempre facile confessare i meriti del proprio allenatore. Ma nonostante la delusione, i giocatori sono comunque riusciti a lavorare con Conte. Lui non lascia nessuno da parte. Prenderò l'esempio di Batshuayi: non ha giocato molto a Chelsea, ma ha fatto davvero la differenza quando è arrivato a Dortmund perché era in forma. A Bari è arrivato con il suo nutrizionista. Quando ha visto il menù, ha rimosso molte cose - racconta Gillet -. Il nutrizionista ci ha detto come mangiare e ci ha controllato regolarmente. Avere uno o due chili in più potrebbe essere dannoso in una partita. Da bordocampo ti motiva. Vedeva la partita, la viveva e nel mentre stava giocando. È un vincitore e quando perdi una partita con lui puoi aspettarti che abbia il muso lungo per tutta la settimana. A nessuno piace perdere, ma con lui lo senti ancora di più. Durante un momento chiave della stagione eravamo giù di morale e quando ero capitano, mi ha invitato a parlare con lui per una mezz'ora. Ho detto a mia moglie che sarei tornato verso le 7-8, poi sono tornato a mezzanotte (ride, ndr). Avevamo parlato della situazione della squadra, di ciò che dovevamo cercare di migliorare e abbiamo avuto questa discussione qualche giorno dopo con il resto della squdra negli spogliatoi. Da quel giorno in poi fatto sedici partite senza perdere e poi siamo saliti in Serie A. È qualcuno con cui puoi discutere di tutto. E, soprattutto, sapeva quando parlare in privato e quando era meglio di fronte allo spogliatoio".
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