Non ho potuto fare a meno di notare come una delle notizie che ha catturato maggiormente l’attenzione dei tifosi in questa settimana di limbo per il campionato dovuto agli impegni della Nazionale di Cesare Prandelli abbia riguardato il campo. Ma il campo non inteso come notizie relative ai giocatori o alle partite, ma campo inteso come stadio: stadio nuovo. Perché questa settimana è spuntato un nuovo progetto per quello che potrebbe essere il nuovo stadio di proprietà dell’Inter: un impianto avveniristico da 60mila posti, progettato da uno studio architettonico con tre sedi dislocate per il mondo, che sarebbe al vaglio della società nerazzurra. Un’idea che quindi è tornata alla ribalta, dopo che sembrava accantonata in un cassetto per privilegiare il restyling dello stadio di San Siro.
La descrizione dell’impianto associata ai rendering rende perfettamente l’idea dell’iper-modernità di tale progetto: uno stadio che al suo interno ingloberebbe anche un’arena per gli sport al chiuso da 12mila posti, oltre a spazi per l’intrattenimento e attività commerciali, con opportunità anche di costruire degli alberghi (un po’ come alla Bay Arena di Leverkusen) e delle zone residenziali. Un’arena, insomma, concepita sui dettami di quello che dovrebbe essere lo stadio oggi: non solo un impianto da riempire la domenica durante le partite o occasionalmente per concerti o altre manifestazioni estemporanee, ma un vero e proprio punto di riferimento per la città da vivere sette giorni su sette. Un concetto che avremmo potuto introdurre noi italiani per primi, con la grande occasione fornita dai Mondiali ’90 persa malamente, e che invece tutti gli altri grandi campionati europei hanno colto e ora anche la Francia con l’Europeo del 2016 si appresta a fare altrettanto.
Paghiamo un dazio insostenibile, frutto di anni di gestione perlomeno superficiale delle risorse e mancanza totale di lungimiranza. Oggi come oggi, avere un impianto di proprietà esclusiva della società è una condizione imprescindibile per potersi permettere di gareggiare ad armi pari nel confronto col resto dei top club europei che ci danno ormai dai tre giri di vantaggio in su; una fonte di introiti certi, oltre che un punto di riferimento per la squadra ma anche per il marchio e per tutto quanto orbita intorno a esso. I nostri impianti, a parte l’eccezione dello Juventus Stadium, l’unico proiettato nella modernità, vivono sulla propria pelle il peso dell’età, e anche lo stesso San Siro, nel quale si dovrebbe giocare la finale di Champions League, sta andando sotto un generoso piano di lifting per poter godere di tale privilegio. Si aspetta come la manna dal cielo questa benedetta legge sugli impianti sportivi, ma tra disegni di ogni forma e colore e proclami assortiti, la luce in fondo al tunnel sembra ancora lontana. Anche se ovviamente c’è da auspicare che l’accelerazione promessa dal Ministro dello Sport Graziano Del Rio non evapori troppo in fretta.
Un club, uno stadio: ormai la strada è questa, e personalmente lo sostengo da anni. Anche se, ovviamente, il calcio è fatto anche di passioni e, volendo, di nostalgia. Ed è dura per i tifosi nerazzurri di oggi anche solo pensare a dover allontanarsi da San Siro, dallo stadio Giuseppe Meazza, lì dove l’Inter gioca da decenni e dove sono poste le targhe che ne ricordano i trionfi storici. Ma forse non tutti sanno che, se si risale proprio agli albori, lo stadio del quartiere di San Siro in origine era l’impianto… del Milan. Sì, perché in passato le due squadre di Milano avevano le loro case, e a parte qualche breve intermezzo, fino al secondo dopoguerra Milan e Inter girovagavano per Milano giocando nelle zone più disparate. Campi ormai spariti, fagocitati dall’espansione demografica del capoluogo lombardo: come il primo terreno di gioco dell’Inter, quello di Ripa di Porta Ticinese, primi anni del XX secolo. Dove oggi c’è la movida, ieri c’era un campo pieno di polvere recintato, come ricorda il protagonista del bellissimo romanzo di Luigi Garlando ‘Ora sei una stella’, da cassette di frutta, dove ragazzoni con le maglie nerazzurre a strisce irregolari calciavano una sfera di cuoio, con un barcaiolo pronto a raccogliere la palla qualora finisse nei Navigli; barcaiolo che altri non era che il presidente di allora Giovanni Paramithiotti.
Sparito e sostituito da grandi ed eleganti palazzoni anche il campo di Via Goldoni 61, zona est di Milano, poi intitolato allo storico capitano nerazzurro Virgilio Fossati, chiuso per il crollo di una tribuna che causò il ferimento di oltre 160 persone nel 1930. E’ invece al suo posto l’Arena Civica, nel cuore della città, che fu casa nerazzurra fino al 1948 quando il Comune, visti i danni subiti durante la Seconda Guerra Mondiale, spostò l’Inter a San Siro, stadio costruito dal presidente del Milan Piero Pirelli negli anni ’20, e teatro delle gare interne dei rossoneri dal 1926, dopo che questi passarono dal Trotter di Piazza Doria (nell’area che oggi è occupata dalla Stazione Centrale di Milano), al campo di Viale Lombardia, passando per l’Acquabella in Corso Indipendenza, Porta Monforte fino al Velodromo Sempione e al campo Pirelli del quartiere Bicocca, con qualche passaggio anche all’Arena.
Luoghi di una Milano storica, quasi mitologica, oggi soffocati e sepolti da quintali di cemento e che vivono ancora nel ricordo di pochi. Anni che testimoniano come in fin dei conti, l’idea di vedere Inter e Milan in due stadi distinti non è poi così blasfema, anzi fu una realtà degli albori del nostro calcio. A distanza di anni, quindi, avere una casa tutta per l’Inter, nell’ipotesi in cui questa dovrebbe finalmente sorgere, altro non sarebbe che un ritorno al futuro, più che un salto nell’avvenire. San Siro potrebbe perciò tornare ad essere lo stadio solo del Milan, come del resto già sottolineato tempo addietro dall’ad rossonero Adriano Galliani. Lasciare il luogo del cuore potrebbe essere doloroso per tantissimi nerazzurri, ma perlomeno, se un giorno l’Inter dovesse avere il suo stadio, possono lasciare casa vecchia con un’ultima soddisfazione: potranno infatti sempre ricordare ai cugini che la prima partita giocata nel ‘loro’ stadio fu un derby vinto dagli ‘ospiti’ dell’Inter per 3-6.
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