Un altro emozionante, avvincente e passionale capitolo della saga Stramoratti si è consumato ieri sera a San Siro. Forse il più bello, anzi sicuramente il più bello. Nonostante l'eliminazione dalla competizione (comunque cocente), il presidente nerazzurro ha finalmente rivisto nella sua Inter gli occhi della tigre. Ha rivisto quella voglia di non mollare mai, di mettere il cuore oltre l'ostacolo: c'è stata finalmente una reazione. Sabato scorso, il numero uno nerazzurro aveva chiesto alla società e in particolare alla squadra una mentalità "più adatta, più sveglia, più pronta, più vicina, più vera, più interista". Ieri tutti questi fattori si sono fusi e hanno reso possibile un sogno. In pochi ci credevano, lo si era capito anche dai vasti spicchi del Meazza rimasti vuoti: il risultato è una sconfitta che ha il sapore di una vittoria.
Lo sa bene Andrea Stramaccioni. Per lui sono stati giorni intensi, difficili e per certi versi molto stressanti. Il terzo posto si è allontanato, gli uomini a disposizione, ridotti. La sconfitta interna col Bologna ha fatto scattare un pre-allarme pesante, che ha messo in bilico, come non mai, la sua posizione. Dalle stelle alle stalle, insomma. Un amore nato a Lisbona il 25 gennaio del 2012: il presidente rimase colpito dalla Primavera che si guadagnò l'accesso alle Final Four di Next Generation Series contro lo Sporting. Cominciò a seguirlo, a osservare i suoi comportamenti durante le gare. Poi è arrivato il trionfo a Londra (proprio la città del Tottenham) contro l'Ajax. L'Inter - quella dei grandi - viveva parallelamente un pessimo periodo con Ranieri. Uscì a testa bassa dallo Juventus Stadium perdendo per 2 reti a 0. Qualche mese dopo avrebbe violato (per la prima volta nella sua breve storia) lo stesso impianto torinese: sulla panchina però c'era lui, Andrea Stramaccioni. E' stato il penultimo capitolo della Pazza Inter #Stramala. Da quel momento soltanto delusioni, colpi bassi, infortuni gravi: Moratti non ha avuto quel che si aspettava e ha pensato per la prima volta a un successore (la conferma, lo scherzo 'Pronto Lucescu?' di ieri sera al tecnico di San Giovanni). Ma l'ultimo capitolo della saga è arrivato dopo l'impresa sfiorata contro gli Spurs.
Difficile stabilire se sarà l'ultima pagina in assoluto, anche perché ci sono dieci gare di campionato e due (in caso di qualificazione alla finale) di Coppa Italia. Per altre imprese, ci sarà tempo (a partire dalla rincorsa al terzo posto). Di certo però, come ammesso dallo stesso Stramaccioni, Moratti deciderà soltanto a fine stagione se proseguire o no l'avventura con lui. Al momento, la bilancia pende decisamente più verso il no. Perché la squadra non ha rispettato le aspettative, perché non c'è stato gioco e perché non è piaciuta la gestione nei momenti difficili. Stramaccioni lo sa, e non si sente più intoccabile come qualche mese fa. Per lui è diventata una partita di poker da giocare in maniera aggressiva: c'è il rischio di fallire, ma va giocata fino alla fine rischiando tutto. Ieri, nonostante il delicato impegno di Genova, si è giocato il suo 11 migliore. Il Tottenham, intimidito, ha sofferto per 113 minuti rischiando la clamorosa eliminazione. Quel che è certo però, è che Stramaccioni ha allontanato (almeno per un po' di tempo) il fantasma di un esonero a stagione in corso. Un piccolo, piccolissimo passo in avanti verso la conferma (ancora lontana) di giugno. Guardando al recente passato, insegnano molto i casi dei finti confermati Zaccheroni e Mancini. Ma stavolta il preavviso di Moratti c'è stato, c'è da giurarci: vittorie come quella di ieri più che danneggiare gambe, fanno tanto bene alla testa in un momento in cui nulla va per il verso giusto (come ammesso da Cambiasso a fine gara). Che sia la svolta? Lo scopriremo solo vivendo. Resta l'immagine di un San Siro che canta "C'è solo l'Inter" dopo un'eliminazione. Si riparte da lì: con Stramaccioni ovviamente.
Autore: Mario Garau / Twitter: @MarioGarau
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