Parla Massimo Moratti e lo fa in una bella intervista concessa al Corriere della Sera. Al collega Fabio Monti, il numero uno nerazzurro spiega la sua delusione attuale e la voglia immediata di tornare a lottare per il vertice, sia in Italia che in Europa. Tanti i temi affrontati, dal ko col Novara agli errori di mercato. Moratti non si nasconde e giura amore al club, con cui vuole vincere ancora.
Dottor Moratti, ha ragione Mancini?
«La sua può essere un’interpretazione intelligente. Non si può dire che contro il Novara tutto sia filato liscio. E lo dico, riconoscendo che quella di domenica non è stata certo una grande partita, anche se migliore di quelle con Lecce e Roma. Quanto al Palermo ripeto che abbiamo buttato via una vittoria, che era già in tasca».
Amareggiato o turbato?
«Essere contenti dopo aver perso a San Siro mi sembra ovviamente eccessivo. Però non ho perso la fiducia in questo gruppo, in questi giocatori e nello staff tecnico. E continuo a pensare al presente, nel senso che abbiamo ancora obiettivi importantissimi e non c’è nessun motivo per mollare. Campionato e Champions League: la stagione resta molto lunga e bisogna dare tutto, soprattutto in un’annata come questa che è sempre stata in salita».
Ma è vero che è in atto un’opera di ridimensionamento della società e quindi della squadra?
«Assolutamente no. Dovevano essere sistemati alcuni aspetti gestionali, perché era necessario consolidare la società, per tanti motivi e perché il fair play finanziario dell’Uefa non è uno scherzo, ma rappresenta una impalcatura di norme da prendere molto sul serio. Detto questo, nessuno più di me ha voglia di tornare a vincere e lavoreremo per farlo in fretta. Per essere chiari: le ambizioni sono quelle di sempre, proiettate su un futuro all’altezza della storia dell’Inter, che conosco bene».
Da Eto’o a Thiago Motta: alcune cessioni sono state molto dolorose per i tifosi...
«Credo di essere anch’io un tifoso dell’Inter e se sono stati ceduti alcuni giocatori, è perché non esistevano più le condizioni per trattenerli. Niente è stato fatto per caso o con superficialità, semmai tenendo presente le necessità del momento».
Pensa di aver commesso qualche errore nelle scelte?
«Può essere che abbia o che abbiamo sbagliato qualcosa in alcune decisioni. Comunque non credo che gli errori siano stati tanti e nemmeno gravissimi. So che il calcio non è aritmetica e che non sempre le strategie di un rinnovamento, che sembrano giuste, danno i risultati che si vorrebbero. Il problema è che ci eravamo abituati troppo bene: abbiamo trovato in questi anni giocatori che hanno avuto la capacità di entrare nel meccanismo con una straordinaria velocità. Viene il momento in cui serve un po’ di pazienza in più, per accompagnare certi inserimenti e per avere il tempo per valutarli con la giusta attenzione».
Domenica c’è stata una contestazione generalizzata a San Siro. Sorpreso?
«Penso che chi viene allo stadio non ha la possibilità di scriverci o di aprire un dibattito. È stata una situazione che mi ha riportato indietro di parecchi anni. Senza guardare troppo al passato, perché nel calcio è giusto pensare sempre al futuro, dal giugno 2005 al maggio 2011 qualcosa abbiamo sempre vinto. Ma io non mi fermo. Ho molta voglia di ricominciare. Il pericolo vero, in questo momento, è farsi dominare dall’ansia e dalla fretta di cambiare tutto».
Autore: Alessandro Cavasinni
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