E alla fine, è giusto anche così: perché come all’andata l’Inter è stata premiata da quel tocco magico di Rodrigo Palacio a capitalizzare forse l’unica azione di un certo rilievo all’interno di una partita grigia, questa volta la ruota del carro gira dalla parte del Milan, che ad oltre mille giorni di distanza dall’ultima gioia torna ad esultare per la vittoria in un derby riprendendo il cammino dopo il ko di Roma. Decisivo anche qui un guizzo, quello di Nigel De Jong, che saluta tutta la difesa dell’Inter facendosi trovare pronto sul tracciante da punizione di Mario Balotelli e infilando la zuccata a pugnalare un incolpevole Samir Handanovic. E alla fine è giusto così perché il Milan, alla fine, fa quello che deve e lo fa bene; è l’Inter che purtroppo latita anche in maniera pesante, non riuscendo praticamente mai a risultare incisiva dalle parti di Abbiati e non accennando ad una reazione plausibile nemmeno dopo la sberla subita. Un atteggiamento troppo remissivo, visto specialmente nella ripresa, che alla lunga costa caro, in campo e in classifica.
PASSO DEL GAMBERO – Alla fine è giusto così, che il Milan si prenda le luci a San Siro e che l’Inter torni nello spogliatoio rimuginando per quello che è successo. Anzi, che non è successo: la squadra incoraggiante delle ultime partite ha fatto nuovamente un passo indietro. Di certo non una novità in quest’annata un po’ travagliata, ma stavolta la sensazione che se ne ricava è che di passi indietro ce ne siano stati ben più di uno. La squadra è scesa in campo ieri con una mentalità completamente sbagliata rispetto a quella che si chiederebbe, almeno guardandola da un punto di vista logico, in un derby: la tattica di aspettare e ripartire alla lunga ha finito con l’esaltare quella che era l’idea tattica di Clarence Seedorf. Mazzarri ha finito con l’incoraggiare un Milan complessivamente non trascendentale ad essere più grintoso, lasciandogli deliberatamente il pallino del gioco mettendosi lì ad aspettare senza approfittare anche dei pochi spazi concessi. Ma è mancata purtroppo la seconda fase, non supportata da un Hernanes apparso decisamente opaco e con un Maurito Icardi finito ben presto nelle fauci della coppia Mexes-Rami. Ciò che allarma più di ogni altra cosa, però, sono le difficoltà sul piano fisico e nervoso palesate dal gruppo: senza idee ma anche senza la necessaria lucidità per larghi tratti, una squadra che non è mai riuscita nemmeno ad accennare a proporsi a ritmi più alti. E alla fine anche lo stesso allenatore si adegua, non riuscendo a dare stimoli ad un encefalogramma piatto, tralasciando l'inutile reazione di pancia delle battute finali. Insomma, si sta arrivando al traguardo di questo difficile campionato col fiato corto, e visti i presupposti appare alquanto paradossale.
ALMENO TU NELL’UNIVERSO – Cosa si può salvare da una serata come quella di ieri, dove Kakà, per inciso, ha anche sfiorato il gol capolavoro su disattenzione di Rolando? Poco, molto poco: forse un Mario Balotelli che non fa male perché Samuel e Ranocchia gli riservano un trattamento speciale, a tratti da crash test dummy. Se vogliamo aggiungere un sorriso, si può salvare anche l’invasore di campo che pare voler consegnare una bandiera rossonera a Nigel De Jong, matador dell’incontro; una pausa improvvisa che però non aiuta a riordinare le idee. E poi, c’è la prova, almeno quella confortante, di Mateo Kovacic. Estrapoliamo dal contesto il fallo ingenuo dal quale scaturisce il gol di Nigel De Jong, peraltro assegnato solo in seconda battuta dall’arbitro Bergonzi su indicazione dell’assistente: il croato perlomeno lavora, si fa il proverbiale mazzo, sacrificandosi anche in difesa dove perso una volta De Sciglio per evitare di ricascarci gli si attacca come una cozza. E poi, è l’unico che nella mediana sembra avere un briciolo di idee, lì dove Hernanes non entra mai in partita, gli esterni sbattono sui dirimpettai rossoneri, e gli innesti della ripresa non hanno avuto tempo e modo di incidere davvero. E questa volta, Mazzarri gli tende una mano sostenendo che andava aiutato dai giocatori più esperti. Se vogliamo proprio trovare un po’ di pieno nel bicchiere, gustiamoci questo sorso di giovane e frizzante talento croato.
L’AMULETO SPEZZATO – Aveva una striscia vincente di dieci vittorie in altrettanti derby giocati, a volte firmati anche di suo pugno. Stavolta, però, l’incantesimo si è spezzato: non è bastata nemmeno la presenza di Walter Samuel a garantire all’Inter il successo. Il difensore argentino era probabilmente all’ultima recita nella stracittadina milanese, dove ancora una volta ha contribuito alla causa, magari faticando e rischiando qualcosa in più del solito nei suoi interventi, ma sempre con la necessaria presenza lì dietro, ad evitare che Balotelli potesse pungere. Certamente Samuel meritava un ultimo capitolo migliore, se mai così sarà, della sua avventura nel derby. E chissà, magari lo meritava anche Javier Zanetti, lui che di derby ne ha giocati 35 su 36 in Serie A da titolare, e che invece ieri è rimasto in panchina. D’accordo le scelte tecniche, ma alla beffa per la sconfitta si aggiunge anche un pizzico di malinconia…
L’ULTIMO STRAPPO – Se la Fiorentina dovesse superare martedì il Sassuolo, blinderebbe aritmeticamente il quarto posto. Costringendo pertano l’Inter a guardarsi le spalle negli ultimi 180 minuti, difendendo la propria quinta posizione dall’assalto di Torino, Parma, Milan, e una fra Lazio e Hellas Verona o entrambe se questa sera dovesse finire in parità. Un traguardo che sembrava ormai a un passo e che ora, nonostante ci sia ancora margine di sicurezza, potrebbe tornare in bilico in caso di un nuovo passo falso. Sabato, contro la Lazio, e all’ultimo turno contro il Chievo Verona, se ancora c’è un briciolo di benzina va usato fino in fondo per evitare un altro flop che risulterebbe epocale. E comprometterebbe logiche e piani che sembravano consolidati. L’ultima spinta su quei dannati pedali, per poi magari stendersi sul traguardo e aprire una nuova pagina.
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