Un anno di Inter per Beppe Marotta, che lo scorso 13 dicembre si insediava nel club nerazzurro. La Gazzetta dello Sport ripercorre le tappe di questi primi 12 mesi dell'ex dirigente juventino, racchiusi curiosamente tra due eliminazioni in Champions all'ultima giornata dei gironi: dal Psv al Barcellona. In mezzo, però, l'evidente crescita di un progetto che promette piuttosto bene. "C’è delusione e delusione, anche perché l’Inter è prima in A e la Juve insegue a 2 punti - puntualizza la rosea -. Marotta arrivò un anno fa subito dopo il passo falso col Psv: quella sera, anche quella sera a cui si approcciò in maniera molto particolare – feste, trasferte lampo a poche ore dal match... – fece capire che sarebbero serviti interventi profondi. «C’è tanto lavoro da fare», confidava il futuro a.d. agli amici in quei giorni. Non si riferiva a Mauro Icardi, su cui già sapeva come sarebbe andata a finire. E vicenda della quale non cambierebbe una virgola. Marotta è stato chiamato da Zhang per creare un modello di lavoro. E dalla proprietà ha avuto mano libera per creare una struttura manageriale più frazionata rispetto al passato, ma allo stesso tempo più attenta al particolare. Ha scelto il nutrizionista, ha affidato la gestione del centro sportivo a un uomo di fiducia, ha portato quella che lui ama definire «la cultura del verde», ovvero investimenti mirati alla cura del terreni di gioco. Dettagli solo per chi guarda il dito e non la luna. Era in realtà il passo necessario per ambire all’eccellenza: senza quegli step oggi l’allenatore dell’Inter non sarebbe Antonio Conte. Il k.o. col Barça ha un sapore differente rispetto a quello col Psv. Quello aprì le porte a una rivoluzione. Questo ha insegnato che certe partite e certi gironi si affrontano meglio se hai giocatori in grado di gestire determinati momenti: si chiama esperienza, che all’Inter a livelli top fa rima solo con Godin e Lukaku. Se poi le tappe saranno bruciate in fretta – così come sta facendo l’Inter in Serie A – ben venga. Ma la vittoria non può essere ipotecata. Sarebbe fuorviante aspettarsi dall’Inter un instant team, neppure la prossima stagione: l’idea è costruire un club che si abitui a lottare al vertice, che il cammino di quest’anno non sia l’eccezione. Solo così l’asticella può alzarsi senza troppo spaventare"

"Creare un modello operativo vuol dire far fronte anche ai nodi del mercato - sottolinea la Gazzetta -. La plusvalenza sarà sempre più un fatto ordinario: molto complicato, se non utopistico, pensare a un’Inter che possa farne a meno. La società nerazzurra non può competere oggi con i top club d’Europa – solo lo stadio cambierebbe i piani –, il player trading resta centrale. Il messaggio è chiaro: a fronte di offerte monstre in termini di ingaggio per i suoi calciatori, l’Inter non può avere la forza di pareggiarle. Il pensiero corre a Lautaro: il calciatore in questo resta padrone del proprio destino, anche oltre il discorso clausola, perché non è intenzione dell’Inter trattenere nessuno. La crescita va oltre il singolo. È strutturale, riguarda anche i giovani: presente Bastoni ed Esposito? Se poi il tecnico è Conte, allora la moltiplicazione risulta più semplice. E allora anche inseguire subito lo scudetto può diventare possibile".

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Sezione: Focus / Data: Ven 13 dicembre 2019 alle 08:46 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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