Settimana di calma piatta; la sconfitta di Roma era stata messa in preventivo già da tempo, quindi nulla di particolare da segnalare. A parte il gioco, che sta lentamente ma inesorabilmente migliorando. Si, insomma… ho visto più schemi in campo nelle tre partite con il Mancio in panchina, vari modi di interpretare il calcio, magari in alcuni casi sbagliando e in altri azzeccandoci, che nell’ultimo anno e mezzo con l’altro allenatore. Preferisco mangiarmi il fegato per qualche errore di troppo, volto al miglioramento del gioco, piuttosto che la calma piatta e l’assuefazione, che non portano da nessuna parte.
Quindi, ricapitolando, sembrava una settimana tranquilla; una di quelle che fila via liscia, senza chiacchiere inutili e senza recriminazioni di sorta. Senza casi veri o presunti e senza sussulti.

In questo mare calmo, però, ho letto un virgolettato che, in tutta sincerità, mi ha procurato qualche prurito di troppo. Capita che, intervistato dalla rosea, un “nostro” dirigente abbia rilasciato una dichiarazione che mi ha lasciato, come si dice a Milano, imbesuito. Tradotto, diciamo attonito, interdetto. Ho letto e riletto, pensando di aver dato un’occhiata veloce e, di conseguenza, aver male interpretato. Invece no. Invece, tra le virgolette, le parole erano proprio quelle. E, poiché non è arrivata nessuna smentita, nessun… guardate che io ho detto sì determinate cose, ma grammaticalmente sono state riportate in maniera errata… è evidente che la frase era stata trascritta correttamente.
Capita che, solleticato sul mercato, il “nostro” abbia detto papale papale (riporto il virgolettato): “Di fronte a una offerta di una grande (per Icardi) sarebbe difficile dire no”.

Ora, ammesso e non concesso che una grande offerta arrivi, francamente il pezzo… da una grande… non solo non riesco a comprenderlo, ma mi dà un leggero fastidio. Cioè, vorrei che mi si spiegasse meglio; noi siamo diventati una piccola? Perché io credevo fossimo l’Inter. Che, vado a memoria, ha in bacheca 18 scudetti, 3 Coppe dei Campioni, 3 Coppe Intercontinentali, 3 Coppe Uefa, 7 Coppe Italia e 5 Supercoppe Italiane. Di questi trofei una quindicina vinti negli ultimi 8 anni. E che, continuando nel percorso, vanta un numero accertato nel mondo di circa 50 milioni di fan. Ottava squadra in un'ipotetica classifica.

Quindi, a ben vedere, tanto piccola l’Inter non sembra, dando una veloce scorsa ai numeri. Che difficilmente mentono. Il PSG o il Manchester City, con tutto il rispetto dovuto, non sono grandi e storiche società; semmai sono ricche. Ma è diverso. Allora la frase avrebbe dovuto essere: di fronte a una grande offerta sarebbe difficile dire no. Potrebbe sembrare una mera questione grammaticale, ma non è così. Il problema sta nel fatto che se qualcuno lavora per l’Inter, deve essere perfettamente consapevole del luogo in cui si trova. Di chi rappresenta. Del popolo che ha alle spalle. Una nazione intera. Perché questa Società, al di là delle traversie economiche che sta attualmente attraversando, è tra le dieci più importanti al mondo. E per nome e per blasone. È un obbligo morale avere sempre presenti questi concetti, che non sono per nulla secondari.

Uno scivolone può essere “perdonato” da una tifoseria, sbagliare è oggettivamente umano. Ma, giusto per restare in tema di errori, non più di un paio di settimane orsono lo stesso dirigente, mentre Piero Ausilio si affrettava a confermare che la Società avrebbe fatto il possibile per accontentare Roberto Mancini a gennaio, nei limiti del FPF e della situazione asmatica delle casse nerazzurre, se ne usciva con una intemerata del genere… non ci sono soldi per fare mercato, due allenatori costano già troppo… insomma, di fatto smentendo il povero Ausilio. Che sta crescendo assai nello studio dell’interismo.

Allora caro Presidente Thohir, faccia una bella cosa: control-alt-canc. Resettare e ripartire, con compiti ben specifici; giusto per evitare di incorrere in situazioni pseudo caotiche che spesso avevano caratterizzato il cammino della precedente gestione, soprattutto nel campo della comunicazione. E tutti noi sappiamo quanto Lei tenga a questo settore, è di fatto il Suo lavoro. Mio nonno, antica saggezza popolare, spesso mi ripeteva: Gabrio, quando ti rivolgono una domanda e non sei certo della risposta che stai per dare, prenditi del tempo. E conta. Uno, due, tre, quattro... fino a cento. Dopo, solo dopo, parla.
Buona settimana a Voi.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 07 dicembre 2014 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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