Biraghi in basso a sinistra, Barella mezzala e Sensi in mezzo. Sembrano indicazioni di Antonio Conte nel bel mezzo di un dettame tattico a partita in corso, ma così non è. Strano da leggere, ancor più da dire: formazione di Italia-Bosnia Erzegovina, tre giocatori su undici della formazione azzurra made by Inter. Non dell'Inter, ma made in Inter considerato il rimpatrio di Cristiano Biraghi alla Fiorentina a fine prestito. Una stagione al servizio di Antonio Conte che all'esterno di Cernusco sul Naviglio ha fruttato qualificazione alla Nations League e titolarità. Tre titolari nei primi 11, contributo di certo peso alla causa. D'altronde l'italianizzazione dell'Inter è stata sottoscritta da Antonio Conte che - per indole, complice il passato in Nazionale - lo scorso anno ha prediletto il fatto in casa Inter. Una scelta apprezzata da mister Mancini, che durante la stagione (seppur con le dovute difficoltà del caso) non ha mai smesso di puntare lo sguardo sulla Beneamata, ricca di italiani e con un centrocampo che lo allettava non poco.

Spesso presente e con il taccuino in mano: il commissario tecnico, che in passato aveva lamentato troppa poca fiducia data ai giovani italiani da parte dei club di Serie A, non ha mai nascosto l'apprezzamento nei confronti dei due Inter-Nazionali Stefano Sensi e Nicolò Barella, emblema di una giovine Italia tutta da edificare. Il 23 nerazzurro è un pupillo di Mancini col quale ha fatto il suo esordio in maglia azzurra alla quale ha regalato sin qui 3 reti e 2 assist; Sensi, anche lui per la prima volta in Nazionale maggiore con il Mancio in panchina, è andato in gol una sola volta, prendendo parte al roboante 6-0 contro il Liechtenstein, gara valida per le qualificazioni a Euro 2020. Dopo dieci mesi senza mai indossare la maglia azzurra, a Coverciano i due 'inesperti di Dortmund' - e una stagione alle spalle differente - in pochi giorni hanno fatto breccia nel cuore del ct. Più facile per Barella con 41 presenze stagionali, 8 assist e 4 gol con la casacca dell'Inter, un po' più complessa la situazione dell'ex Sassuolo che, tormentato dagli infortuni, ha condito la formazione di Conte per sole 19 volte tra titolarità e non. Una stagione che non ha dato seguito ad un inizio sfavillante: primo gol alla prima partita, al quale sono succedute altre due reti e quattro assist nelle cinque gare successive. Faville culminate la sera del Camp Nou, dove a dispetto della pressione di migliaia di catalani e Leo Messi di fronte, il numero 12 si impose come uno dei migliori in campo, trascinando la squadra con la complicità - tra gli altri - di Barella. Numeri che lo consacravano tra i migliori acquisti del mercato estivo, un timido talentino tutto da scoprire e gustare ma fermatosi al 34esimo di Inter-Juventus. Tre volte in campo nelle ultime ventiquattro gare dell'Inter, di cui una sola per più di una manciata di minuti, ma in forma abbastanza da fornire a Mancini più certezze rispetto a Jorginho, arrivato in ritardo rispetto ai compagni. 

Osservato, provato e riprovato, Sensi sta bene e il ct non ha dubbi: è lui da affiancare a quel Nicolò Barella, secondo elemento della diade del bel centrocampo nerazzurro di raffinatezza e divertimento contiane. Una diade che ha premiato la sicurezza e il coraggio del Mancio che contro i bosniaci ha recitato il copione migliore. Un'esecuzione suggellata dal più disatteso dei due con un gol per il quale dare la vita... Esattamente come comincia una certa canzone dell'Inter ed esattamente come contro la Bosnia (ri)comincia la sua stagione: con un gol alla gara numero uno come quello dello scorso anno contro il Lecce. Una rete che restituisce quelle certezze mancate nell'ultimo periodo anche e soprattutto all'Inter e a Conte. Una coincidenza che per ovvi motivi ne risveglierà i Sensi.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 06 settembre 2020 alle 00:00
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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