A San Siro è entrata in campo la versione amministrativa dell’Inter, quella che non sa gestire i risultati se punta a controllare, trattenendosi per larga parte della partita, al punto da perdere in casa per la terza volta quest’anno. Le è capitato con Juventus e Barcellona in due competizioni diverse e ora col Napoli in Coppa Italia.
Conte sembra quasi che avesse preparato un match che prevedesse anche lo 0-0, pur puntano ad un gol nel finale, per poi giocarsi tutto a Napoli.
La tendenza dimostra ancora una volta che questa squadra e il suo allenatore, pur con tanti meriti, non riesce a giocare con la necessaria intensità mentale ogni tre giorni ed è possibile che il 16° con il Ludogorets possa confermarlo ulteriormente.
Fisicamente la squadra sta bene e lo dimostra anche il modo in cui ha corso nel finale ma c’è quella differenza fondamentale tra la squadra che si esalta dopo una vittoria, per quanto importante, e perde quella successiva, perché troppo ravvicinata. È quello che ancora divide l’Inter dal trionfo, che le impedisce di essere quello che aspira ad essere. Non è ancora una colpa, visto che questo è il primo anno dopo tanto tempo che la squadra lotta per vincere, tuttavia deve essere un moto di riflessione per una squadra che dovrebbe avere più fame quando si è ad un passo dal traguardo. Era una semifinale davanti a 60.000 tifosi in fondo.  
È andata male ed è parso evidente che a Sensi manchi ancora il ritmo partita e quelle sensazioni che a inizio stagione lo avevano reso insostituibile. Dopo settembre il centrocampista si è infortunato due volte, ha giocato poco e sotto lo standard che le prime partite avevano consegnato.
Il primo tempo dell’Inter è vistosamente pigro, con un’attenzione a controllare i ritmi della partita ma senza troppa convinzione. La squadra gioca corta, sceglie Moses per le offensive più efficaci ma si mette in luce anche Biraghi per alcune iniziative, una delle quali produce un colpo di testa mal eseguito di Lautaro Martinez che avrebbe potuto essere spinto in rete.
Lukaku è il gigante assente che aspetta palloni come Godot e Barella cuce dando una mano senza troppa personalità a Brozovic. Il primo tempo termina 0-0 tra qualche sbadiglio e mostra un calo di passione della squadra verso uno degli obbiettivi che Marotta, prima della gara, descriveva come importanti.
Nella ripresa l’Inter gioca meglio e crea un calcio più rapido, attaccando la profondità. Il Napoli è in difficoltà e quando sembra che il vantaggio possa essere vicino, arriva il gol partenopeo a seguito di un’iniziativa di Fabian Ruiz che trova l’angolino e supera Padelli.
Calvarese arbitra con parecchie decisioni irritanti, su tutte l’incredibile ammonizione di Skriniar dopo 2 minuti, senza alcun fallo commesso, più altri interventi discutibili, figli di una classe arbitrale che attualmente è priva di riferimenti e dirige le partite senza qualità e buon senso.
Nel complesso è soprattutto l’Inter a giocare sotto ritmo ma il nervosismo di Conte, ammonito è accentuato da una combinazione di fattori, tra cui Calvarese. Nell’ultimo quarto d’ora il forcing finale ma senza esito. Due grandi occasioni e un possibile rigore su D’Ambrosio ma Calvarese, ancora lui, non va nemmeno al Var e sceglie “coerentemente” una direzione arbitrale ottusa.
Il ritorno al san Paolo è ancora lontano ma arriverà pochi giorni dopo la sfida con la Juventus ed è facile immaginare che le energie nervose saranno prosciugate. Diversamente non sarebbe impossibile pensare ad una rimonta, per quanto in trasferta. Non è una giustificazione preventiva se pensiamo alle parole di Conte che ieri sera ha dichiarato come il derby abbia portato via proprio quella tensione emotiva che in una semifinale di Coppa Italia sarebbe stata decisiva.
Sono tutte informazioni utili per le prossime stagioni, quando l’Inter si sarà presumibilmente abituata al livello alto a cui quest’anno sta avendo accesso dopo tanto tempo perso. Ora testa alla Lazio.
Amala.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 13 febbraio 2020 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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