La bontà delle scelte operate sul mercato la rivelerà solamente il tempo e il prosieguo della stagione e perciò queste righe sono rivolte a tutti coloro che preventivamente stanno deridendo, criticando o esaltando eccessivamente le ultime operazioni che si sono sviluppate in entrata a Milano. Certamente un po' di amaro in bocca l’ha lasciato quello che sta succedendo, o meglio è già successo con l'arrivo di Cerci al Milan invece che all'Inter, anche perché il management nerazzurro confidava pienamente nella riuscita dell'affare visti gli sforzi profusi per trattare con la dirigenza dei colchoneros. Lo scoramento, però, non deve pervadere gli animi dei tifosi interisti.

Alessio Cerci, inutile negarlo, sarebbe stato un ottimo acquisto per l'idea di gioco che vuole portare avanti mister Mancini, ma non è il solo unico buon giocatore a disposizione sul mercato. Anzi. Con un'ottima prontezza la dirigenza dell'Inter ha virato la propria rotta per andare a prelevare dell'Arsenal Lukas Podolski. I giocatori non sono paragonabili e certamente il secondo si adatta di più al 4-3-1-2 che al 4-3-3, ma non per questo implica un ridimensionamento degli obiettivi. Chiunque sminuisca questo giocatore deve prima guardarne il curriculum: dopo il Colonia, squadra in cui si è affermato a livello europeo, è andato a costituire insieme a Klose prima e Toni poi il tandem offensivo del Bayern Monaco che già iniziava a fare paura a livello europeo. Dopo l'arrivo di svariati talenti di livello ancor più superiore al suo, l'attaccante dalle origini polacche si trasferisce all'Arsenal, dopo tre anni al Colonia (dal 2009 al 2012). Ai Gunners, nonostante i vari problemi legati al poco utilizzo, non è mai andato sotto la doppia cifra di reti segnati e, ancora più importante, ha smistato sempre più di 10 assist  a stagione. L'anagrafe dichiara che Lukas ha 29 anni, è quindi nel pieno della sua carriera per essere un attaccante e nella scorsa estate al Maracana di Rio De Janeiro c'era anche lui a sollevare la coppa del mondo, a cui era andato vicino nel 2006, quando solo Buffon, Grosso e compagni si frapposero fra lui e il sogno così come nel 2010 quando fu Puyol a negargli la possibilità di giocare la finale contro l'Olanda nel remake della finale del 1974.

Dall'altra parte abbiamo, come già detto, un giocatore più congeniale al modo di giocare che ha in mente Mancini, ma di certo non così tanto superiore al tedesco. Sì perché chi si strappa le vesti per il mancato arrivo di Cerci deve guardare la realtà dei fatti prima di parlare. L'esterno romano nasce solamente due anni dopo il polacco e nella sua carriera non ha mai seguito una traiettoria lineare: dalla Roma, dove colleziona poche presenze, passa alla Fiorentina, dopo aver girato l’Italia minore in prestito. Da Firenze sembra in procinto di raggiungere Mancini all'Ethiad Stadium di Manchester, ma rimane nel capoluogo toscano dove trova il giusto spazio, anche grazie alla straordinaria esperienza vissuta a Pisa, alla corte di Ventura. Nonostante 53 presenze complessive anche questa volta non riesce ad imporsi come tutti i tifosi e dirigenti Viola avrebbero voluto e finisce al Torino in un'operazione di mercato. Qui vive due belle stagioni sino al culmine quando riesce a portare il Torino in Europa League, in contumacia Parma. Questa stagione gli vale la convocazione al Mondiale dove naufraga con tutto il resto della formazione azzurra e, al ritorno in Italia, dopo un lungo tira e molla, si accasa all'Atletico Madrid. Vi arriva come desiderio di Simeone, ma in realtà gioca pochissimi minuti. Insomma la sfida fra i palmares o la vince Podolski o finisce in un pareggio bugiardo.

Ovviamente in campo non scendono i trofei e le esperienze calcistiche, però esse servono per ricordare il valore assoluto dei giocatori in considerazione. Bisognerà vederli in campo per poi giudicarli, ed è per questo che ogni tipo di giudizio, soprattutto se irrisorio nei confronti del tedesco potrebbe tornare indietro seguendo le leggi del Kharma.

Nel mondo del calcio ci sono tanti fattori da non sottovalutare in fase di giudizio che esulano dal gioco in sé: una è che i tedeschi hanno una voglia superiore a chiunque altro al mondo. Non vi ho convinto? Chiamiamo idealmente a Roma, Formello per la precisione: lì vi diranno che a rimettere sui radar la società biancoceleste c'è un altro tedesco d'importazione che di nome fa Miroslav e di cognome fa Klose, sette anni più vecchio di Podolski, ma che ha fatto impazzire il 90% dei difensori della serie a (il 10% che non è impazzito deve ringraziare di non averlo mai affrontato realmente). Ancora scettici? Allora ritorniamo alla fine degli anni '80. A Milano andava di scena l'ormai storico scontro fra olandesi e tedeschi. Inutile ricordare che la Milano nerazzurra se avesse dovuto scegliere un tricolore avrebbe scelto quello giallorossonero (e infatti alcuni in occasione dei mondiali del 1990 si consolarono proprio grazie a quel tricolore). Ovvio, nessuno chiede a Podolski di impattare l'ambiente nerazzurro come Rummenigge, Brehme, Matthäus o anche solo Klinsmann, ma sarebbe narrativamente stupendo se l'Inter ricominciasse la propria scalata con un tedesco: un tedesco 2.0 per l'Inter 2.0 di Thohir e Mancini.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 28 dicembre 2014 alle 00:00
Autore: Gianluca Scudieri / Twitter: @JeNjiScu
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