Supponente, presuntuosa, imperfetta, non affamata, sprecona. Sono tanti gli aggettivi che possono essere accostati all'Inter dopo la sconfitta dell'Allianz Stadium contro la Juventus, che coincide con l'ennesimo passo falso nerazzurro negli scontri diretti in campionato. I dati certificano la 'malattia dei big match', dove le vittorie contro Atalanta (4-0), Roma (0-1) e Lazio (0-6) vengono quasi oscurate dalle altre (deludenti) gare con le grandi: il bilancio dice che sono arrivati un pareggio e una vittoria contro Juventus e Milan, un pari col Napoli, un pareggio e un successo con la Fiorentina e un altro pareggio col Bologna. Troppo poco per chi punta al secondo scudetto consecutivo. 

Parliamoci chiaro: nonostante i funerali anticipati di media e parte della tifoseria, la stagione non ancora è da buttare. La vetta della classifica è distante appena due punti (con lo scontro diretto di marzo dietro l'angolo) e gli ottavi di Champions League attendono il Biscione al varco, così come i quarti di finale di Coppa Italia. È allo stesso tempo ovvio, però, che serve una svolta nell'atteggiamento e nell'approccio. Le partite contro il Milan e la Juventus in particolare (oltre alla pesante e inaspettata débâcle del Franchi) hanno messo in luce un aspetto evitabile e incomprensibile: l'Inter non ha ancora capito la lezione, si sente più forte degli avversari e finisce per sottovalutarli. E per piangere. 

La speranza era che il derby d'andata, quello di Supercoppa e il 4-4 in rimonta incassato a San Siro contro i bianconeri potessero aver acceso la spia d'emergenza in quel di Appiano, ma i fatti certificano che così non è. E le dichiarazioni pure. A partire da quelle rilasciate a DAZN da Henrikh Mkhitaryan nella pancia dell'Allianz Stadium di Torino: "Parlo per me stesso, magari il problema è che sapendo di essere molto forti ci rilassiamo troppo ed entriamo in campo non concentrati - le parole pronunciate dall'armeno -. Pensiamo di vincere le partite e alla fine paghiamo. Non ci sono mancanze fisiche o tecniche, forse è il fatto di essere forti che ci disturba". Dichiarazioni ingenue, gravi e rivedibili, con gli errori in campo che si spostano poi davanti ai microfoni e nelle sale stampa. 

Nelle parole di un grande professionista e di giocatore esperto come Micky traspare la genuinità del personaggio ma anche la famosa 'pancia piena' di chi vince e domina, come accaduto l'anno scorso all'Inter. Ma... spolier: non si vive solo di rendita, anzi. I veri campioni dopo la vittoria sono ancora più affamati e hanno ancora più voglia di riconfermarsi. L'esempio l'ha dato Nicolò Barella dopo il gol del pareggio last minute di De Vrij nell'ultimo derby, 'rifiutandosi' di festeggiare sotto la curva e richiamando con urla e gesti tutti i compagni a centrocampo per ripartire subito e provare a cercare la vittoria, senza accontentarsi del pari. In questo momento storico l'Inter ha bisogno di meno Mkhitaryan (ai microfoni e non in campo, s'intende) e di più Barella. Fame e voglia di vincere, con la pancia ancora (semi)vuota e da riempire. 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 19 febbraio 2025 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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