Lassa pur ch'el mond el disa dice una delle più note melodie meneghine che poi proclama il celeberrimo Milan l'è on gran Milan. L'Inter si scrolla di dosso le chiacchiere dopo il pareggio di Champions, vince il derby, che è anche il settimo di fila senza sconfitte, riprende la vetta solitaria della classifica, fa 4 su 4 in campionato e, sì, zittisce chi in settimana aveva già iniziato a puntare il fucile. Di grande c'è l'Inter, molto più del Milan perché la vittoria degli uomini di Conte è netta e senza discussioni.
Conte cambia poco o niente rispetto alle formazioni a cui si è affidato in questa prima parte di stagione: nel 3-5-2 dove Godin si prende il suo posto in difesa, la novità è D'Ambrosio esterno al posto di Candreva, con Barella in mezzo al campo e la coppia Lautaro-Lukaku davanti. Giamapolo prova a sorprendere col giovane debuttante Leao, che ha gamba, corsa e voglia ma che davanti si ritrova una difesa che per la terza volta su quattro in Serie A ha tirato giù la serranda senza subire reti. Di più: Handanovic non ha praticamente fatto parate e in pagelle potrebbe meritarsi un bel "senza voto" mentre Donnarumma ha tenuto in piedi i rossoneri fino a che ha potuto. Questo offre la misura del derby anche se l'Inter non ha strafatto. Ma ha mostrato voglia, corsa e concentrazione. E ha colpito nei momenti giusti. Quello che non ha saputo e potuto fare contro lo Slavia Praga.
Nel primo tempo l'Inter ha giocato di più del su avversario, creato e sfiorato il vantaggio. Il Milan ha alzato la testa con ripartenze velenose e si è affidato principalmente alla gamba e all'imprevedibilità di Leao o alle galoppate di Suso. E se Handanovic nei primi 45' ha rischiato solo osservando un colpo di testa alto di Piatek allo scadere del tempo, Donnarumma è stato il vero artefice dello 0-0 della prima parte di gara: prima contrastando Lautaro che si è avventato su un retropassaggio-sciagura di Rodriguez, poi stoppando sempre l'argentino servito da Sensi in area per poi essere graziato dal palo sul successivo tap-in di D'Ambrosio.
L'Inter ha creato le sue occasioni allargando il gioco e pressando alto. E' così, ad esempio, che Sensi ha recuperato un pallone a Suso, recapitato poi sui piedi di Lukaku che ha trovato però, ancora, un Donnarumma sveltissimo a stendersi e chiudere lo specchio. Brozovic è apparso subito più vivo rispetto all'uscita di Champions e utile soprattutto in fase di contenimento. Davanti, a farsi vedere, come chiede Conte, ci hanno pensato, oltre alle corse tra le linee di Sensi, gli inserimenti di Barella: sua la pennellata su cui D'Ambrosio è andato in rovesciata, ma con mezza spalla in fuorigioco. Per questo, dopo un altro prontissimo intervento di Donnarumma, la ribattuta in gol di Lautaro è stata azzerata dal Var. Il finale di tempo è sembrato caratterizzato da un piccolo crescendo rossonero con Suso che si è fatto tutto il campo dopo aver strappato un pallone a Sensi e con Leao che dalla destra ha crossato per un Piatek impreciso.
L'Inter ha però messo in chiaro le cose a inizio ripresa: Sensi, ancora uno dei più incisivi, ha guadagnato una punizione dal lato destro dell'area, punizione battuta corta per Brozovic che dal limite ha trovato il tiro-gol con determinante deviazione di Leao. Attimi-thrilling prima della convalida del Var e vantaggio coonfermato. Poi di fatto i nerazzurri hanno controllato, lasciando al Milan un possesso lento, macchinoso, mai lucido. La partita è sembrata vivere di di lotta e di confusione, di rimpalli, errori e ripartenze. Perché il derby è anche e soprattutto questo. La squadra di Giampaolo ha giocato spesso in orizzontale e senza una chiara regia, senza la possibilità concreta di innescare i vari Suso, Paquetà, subentrato a uno spento Chalanoglu, o Piatek.
Nel nome della fashion week che a Milano volge al termine, il derby ha provato ad accendersi e ad essere se non bellissimo almeno divertente senza troppi tatticismi ma con la voglia di provarci e giocarlo: squadre allungate e disposte a concedere spazi già al 60' ma l'unico impegnato è rimasto Donnarumma. I nerazzurri hanno iniziato a indietreggiare ma l'ordine della difesa diretta da un grande Godin ha evitato qualunque rischio. Il 2-0 arrivato al 78', oltre a sigillare il successo interista, è servito a consacrare Barella che, dopo il gol-pareggio in Champions, ha servito sulla testa di Lukaku l'assist perfetto che il belga, di testa e anticipando Romagnoli a pochi passi dalla porta, non ha potuto sbagliare. Prendendosi pure lui una piccola rivincita sui primi critici già arzilli e pronti a scatenarsi.
La traversa di Politano e il palo interno di Candreva nel recupero hanno reso ancora più sbilanciato il conto delle occasioni nonostante un palo esterno di Theo Hernandez. L'Inter c'è, conferma di essere molto più avanti rispetto ai cugini pur avendo tanto su cui lavorare ancora. Ma farlo a punteggio pieno resta un privilegio e porta entusiasmo. Non è una squadra da scudetto ancora, ma nemmeno un progetto da inziare a prendere a martellate dopo un 1-1 europeo per quanto deludente, brutto e sottotono. Conte e i suoi uomini si sono accorti da soli della differenza di atteggiamento e modo di stare in campo in pochi giorni. Sbagliando si impara. Vincendo il derby l'entusiasmo aumenta. E le certezze anche. Sbaglieranno ancora tanto ma continueranno anche a fare punti e a crescere così come a ricevere mazzate alla prima occasione: lassa pur ch'el mond el disa.
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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