Premessa: scrivo questo editoriale a caldo, molto a caldo, appena finita la partita. Lo scrivo con dentro un sentimento incredibile, gioia mista a stupore, con gli occhi che non so come mai ancora non straripano di lacrime. Perché diciamocelo, cari lettori, fino a quattro minuti dalla fine il mio sentimento, comune certamente a quello di molti di voi, se non tutti, era orientato verso la più totale rassegnazione: rassegnazione nel vedere l’Inter dimenarsi sul campo per più di ottanta minuti che su un campo più che verde di erba, sembrava verde di criptonite, colpita dal beffardo pallonetto di Shevchenko nel primo tempo, e che nella ripresa è stata capace di divorarsi davvero i gol più assurdi. Sembrava un segno del destino, niente, questa squadra sembrava condannata ad una sconfitta dal sapore di beffa, oltre che di passaggio agli ottavi praticamente andato a farsi benedire.

Poi, ecco che su quel prato verde si accende un uomo, un uomo non alto di statura ma enorme di carattere, la cui presenza è stata in forse fino all’ultimo momento, e invece regolarmente in campo dopo un incredibile (abuserò di questo aggettivo, vi chiedo perdono in anticipo, ma è quello più adatto per descrivere questa serata) recupero da un infortunio. Si accende Wesley Sneijder, colui che più di tutti ha ancora un alito di voce per dire “no, non ci sto”. Per dire che no, una sconfitta così è davvero troppo. E allora, ecco che all’86’ Wesley prende la palla e la butta lì, in area, un precisissimo passaggio per Diego Milito che riceve la palla quasi stupito, e con un po’ di quella energia che gli è rimasta, dopo aver sbagliato due occasioni ghiotte, tocca la palla quel tanto che basta per mandarla alle spalle di un Bogush che fino a quel momento sembrava un muro insuperabile. Gol, gol, è il pareggio, nulla è perso, la ruota gira anche per noi.

In quel momento mancano tre minuti alla fine della partita: la Dinamo è tramortita, l’Inter, anche senza Samuel, decide di crederci ancora: passano tre giri di lancetta, Muntari, appena entrato, scaglia un tiro da fuori, Bogush devia, la palla va verso la linea di fondo. Ma il Principe no, non si accontenta, e con l’ultimo guizzo mette palla lì, a una spanna dalla linea di porta. Il portiere è lì per prenderla, ma all’improvviso, arriva lui, arriva Sneijder che come una furia si avventa su quel pallone e lo manda oltre la linea. Gol, gol, gol! L’impossibile è diventato realtà, quello che in 86 minuti non è stato possibile concretizzare, è arrivato tutto insieme, in un battito di ciglia infinito. E in entrambi i gol, c’è lo zampone di Wesley Sneijder, l’uomo che ha saputo riprendere l’Inter dall’inferno e con un assist e un gol riportarla in paradiso.

Non è certo mia intenzione sminuire lo splendido lavoro del gruppo nerazzurro, che con questo successo pazzesco spezza finalmente un incantesimo che sembrava duro a morire e da ultima ora si ritrova prima nel suo girone, approfittando del pari tra Rubin Kazan e Barcellona (però, i russi…) di poche ore prima. Però, trovo giusto fare un applauso in più a questo ragazzo, che è arrivato all’Inter nelle ultime ore di mercato, attesa ripagata bene visto il modo in cui si è sin qui calato in quest’avventura. I tulipani sono i miei fiori preferiti, adesso ho un motivo in più per apprezzarli…
 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 04 novembre 2009 alle 23:10
Autore: Christian Liotta
vedi letture
Print