Per Josè Mourino era il bambino. Prodigio, visto che dopo essersi segnalato come ottimo terzino destro nelle giovanili dell'Inter, nella stagione 2008-2009, a soli 18 anni, Davide Santon passò nel giro di due mesi, giocando a sinistra, dall'esordio in serie A contro la Sampdoria il 25 gennaio alla marcatura di Cristiano Ronaldo nel doppio ottavo di finale di Champions League contro il Manchester United.
Alla fine di quella stagione per lui magica, Santon iniziò a militare anche in Nazionale e l'allora Ct azzurro Marcello Lippi lo definì un "predestinato". Iniziarono i confronti con i grandi terzini nerazzurri del passato, molti accostarono Davide a Giacinto Facchetti. La magia finì però troppo presto. Un infortunio al ginocchio, la testa che vola troppo lontano, la grande amicizia con l'esuberante Balotelli con tutte le conseguenze del caso ed ecco che Davide Santon si ridimensionò a tal punto da emigrare a Cesena nell'ambito dell'affare che portò Nagatomo a Milano.
In Romagna poche presenze e prestazioni di molto inferiori a quelle che in nerazzurro gli regalarono un posto al sole. Santon torna alla Pinetina, svolge la preparazione estiva e poi emigra in Inghilterra per il grande salto in Premier League nelle fila del Newcastle. Luci e ombre oltre Manica, qualche infortunio di troppo a condizionarne il rendimento, Davide non riesce a decollare. Meteora dunque? Dov'era finito quel bambino prodigio che stregò Mourinho e costrinse Cristiano Ronaldo a girare al largo, specie nella gara di andata di quell'ottavo di Champions giocato a San Siro?
La sorpresa, bellissima, la regala il mercato di gennaio. Santon, reduce da un nuovo infortunio al ginocchio che lo tiene fuori per quattro mesi (il campo lo rivede solo lo scorso 3 gennaio in FA Cup), torna all'Inter in prestito con diritto di riscatto. “Sono tornato a casa”, dice, smentendo una volta per tutte un suo presunto tifo per il Milan, voce che ai tempi contribuì ad allontanarlo dal cuore dei tifosi della Beneamata che avevano già dovuto sopportare Balotelli, allora giocatore dell'Inter, immortalato con la maglia rossonera, oltre ad aver gettato a terra, in mondovisione, quella nerazzurra.
Altro giro, altra corsa. Davide Santon ora ha 24 anni. Maturato in tutti i sensi, fisicamente e mentalmente, si mette con grande impegno a disposizione del Mancio che rischia tutto gettandolo subito nella mischia dal primo minuto al San Paolo nella sfortunata gara di Coppa Italia contro il Napoli. Nonostante avesse nelle gambe solo la partita in FA Cup disputata un mese prima, sotto il Vesuvio Santon gioca subito bene, sostituito solo a quattro minuti dalla fine. Dopo aver valutato i progressi di condizione in allenamento, Mancini lo ripropone in campionato e in Europa League, utlizzandolo sia a destra che a sinistra, complici anche gli infortuni degli altri interpreti del ruolo. Il voto di Santon è sempre oltre la sufficienza, sembra meno esplosivo rispetto agli esordi, ma mostra forza fisica, precisione e senso tattico che infondono sicurezza.
Domenica sera, di nuovo al San Paolo contro il Napoli, Davide ha inciso pesantemente sulla rimonta nerazzurra. In grande difficoltà nel primo tempo, disputato a destra contro uno scatenato Mertens, dominatore della corsia nel secondo tempo quando Mancini lo sposta a sinistra e taglia a fette il malcapitato Callejon. Emblematica l'azione che ha partorito il gol di Palacio quando Santon, prima di mettere ottimamente il pallone in mezzo, ha saltato lo spagnolo del Napoli con una finta e un'accelerazione degne del miglior Brehme. Da quanto tempo non ammiravamo giocate simili sulla fascia sinistra da parte di un giocatore dell'Inter.
La vicenda Santon dimostra come a un giovane, anche nel calcio, faccia spesso bene uscire dal guscio per andarsi a misurare con altre realtà. E quella inglese ha sicuramente maturato Davide, gli ha probabilmente insegnato come siano importanti il lavoro e la vita da atleta per mantenersi a certi livelli, non disperdendo il talento che madre natura regala. E chissà che la sintonia con Roberto Mancini, l'altro “inglese” in casa Inter, non sia aumentata proprio per questa esperienza in comune. Il bambino è diventato uomo e l'Inter se lo gode. Così come gli altri giovani di talento, a partire da Icardi, passando per Shaqiri, Brozovic e Kovacic, nonostante le ultime prestazioni incolori e le conseguenti panchine di Mateo. La politica di Mancini e della società è chiara, all'Inter si vuole creare il giusto mix tra gioventù ed esperienza, la qualità come comune denominatore.
Gli ostacoli a questa strategia che fa ben sperare per il futuro? La Spada di Damocle del Financial Fair Play e il rischio che un'Inter senza Europa stia troppo stretta a Roberto Mancini. Facciamo gli scongiuri del caso e intanto prepariamoci a un'altra battaglia. Domani, primo atto degli ottavi di Europa League nella tana del Wolsfburg. Una tappa del presente, da affrontare con coraggio e spavalderia anche per la costruzione del futuro di questa splendida creatura chiamata Inter. Lunedì scorso ha compiuto 107 anni, ma come canta la Curva: “...Io di te non mi stanco, sei la cosa più bella che c'è”.
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