Pochi giorni fa, il “Meazza” di San Siro è stato protagonista di una delle gare più belle dell’anno. Quasi per contrappasso, in un tiepido mercoledì d’inverno, l’andata della semifinale di Coppa Italia tra Inter e Napoli non ha conservato nemmeno un briciolo dell’adrenalina sprigionata nel derby della Madonnina. Conte e Gattuso preparano una gara conservativa, in cui l’intensità delle due formazioni s’equivale: a deciderla è un guizzo, quello di Fabian Ruiz, che scarta metà del centrocampo interista e dal limite dell’area fa partire un pallone su cui Padelli non può nulla. E l’incantesimo creatosi domenica sera, in un secondo tempo in cui tutto era possibile, lascia spazio a leggeri nervosismi per aver perso un’occasione di far pendere il bilancino della finale dalla propria parte. Adesso è dura: c’è da andare a vincere a Napoli. E meno male che, a proposito di sortilegi, Lukaku e Lautaro a inizio gennaio hanno sfatato quello dal San Paolo, che durava da oltre vent’anni. Sarà un’altra sfida.
ROMANZESCHI - Il primo tempo fra Inter e Napoli ha avuto un unico protagonista: Moravia. No, non c’entra la nobiltà romana: è stato più un susseguirsi di lenti passaggi, scaramucce tattiche, ritmi compassati. Non c’erano pittori, in campo, e il pallone non ha mai disegnato traiettorie mozzafiato. Anzi, in alcuni casi il pubblico ha addirittura rumoreggiato per l’andirivieni orizzontale delle due squadre: Gattuso ha organizzato una gara di ripartenza, con il solito uomo su Brozovic e un 4-5-1 attendista, a sfruttare la qualità dei suoi in ripartenza. L’Inter ha provato ad aggirare l’iceberg, allargando spesso la manovra come desiderato da Conte, ma non c’è ancora quella brillantezza fisica d’inizio anno con cui i nerazzurri travolgevano gli avversari. Più che un tornado, quella di ieri da parte dell’Inter è stata una timida pioggerella che Manolas e compagni sono riusciti a gestire senza troppi affanni.
IL RITORNO DEL TORO - Molte delle attenzioni della difesa partenopea erano fissi sulla ricomposta Lu-La che dopo due partite di pausa è tornata a comporsi sotto gli occhi delle sessantamila (!) Persone presenti a San Siro. Lautaro si è visto quanta voglia di farsi perdonare aveva in corpo: ha corso più del solito, come un ossesso, su ogni pallone. Ha provato a risolverla tirando, crossando o cercando l’imbucata giusta ma a nulla sono valsi i suoi sforzi. Lukaku ha passato una gara più silente, a combattere nel fango e a fare a sportellate. Da alcune sue spezzate sono nate occasioni interessanti, con gli inserimenti di Moses che hanno provato a portare scompiglio nella retroguardia di Gattuso, ma non c’è mai stata la combinazione giusta che scardinasse la cassaforte. Addirittura, Conte ha provato lo schieramento a quattro dietro: D’Ambrosio e Biraghi ai lati, centrocampo a tre con Brozovic, Barella ed Eriksen e un tridente ibrido con Lukaku e Lautaro davanti a Sanchez. E per quanto l’Inter provasse ad accendere la miccia, il Napoli si chiudeva per far sì di passare indenne l’innesco. Missione compiuta, gol in trasferta segnato e possibilità di giocarsi il match Point da favoriti in casa.
QUESTIONE DI CENTROCAMPO - L’Inter ha dimostrato di avere diversi modi per vincere una partita. La costante del calcio di Conte è quella di poter contare su un centrocampo solido, che sa dare ritmo alla squadra. Quando quest’anno è mancata questa caratteristica, l’Inter ha sofferto. Fra fine novembre e inizio dicembre c’erano Lukaku e Lautaro che risolvevano tutti i problemi, ma non appena i due hanno calato il loro rendimento stratosferico i nodi sono venuti al pettine. Nel derby, l’Inter la gara l’ha vinta grazie a Vecino, Brozovic e Barella che sono saliti di colpi. Alla stessa maniera, ieri gli stessi Brozo e Barella (poco aiutati da Sensi) non sono riusciti a dare i giri giusti al motore interista. Eriksen è entrato con spirito d’iniziativa, seguendo le linee di Conte (è stato trovato un paio di volte sul filo del fuorigioco dopo dei tagli alle spalle del centrocampo avversario, in combo con un movimento di Sanchez) e forse è arrivato il momento di affidargli continuativamente una maglia da titolare. Contro la Lazio è probabile che si vedrà ancora Vecino dall’inizio, ma il danese sta arrivando. E, si augurano tutti i tifosi, con lui una nuova, rinvigorita Inter.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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