Toh! Trump e Putin devono ancora incontrarsi per riuscire a siglare la cessazione del conflitto russo-ucraino (Zelensky chi?) che già potrebbe farne seguito un altro: ossia riesplodere la guerra del Peloponneso (in Grecia)... E nessuno c'aveva detto niente!
Si scherza di brutto, dai. Eppure, ad accendere la miccia virtuale, di sicuro, non potrebbe essere stato l'unico 'tedoforo' ateniese (Christos Alexiou) presente fra i sette giocatori della Primavera nerazzurra che Inzaghi, in piena emergenza, ha dovuto portarsi in panchina per il quarto di finale di Coppa Italia. Bensì, idealmente, un giornalista senza firma che lavora (ancora per quanto?) nella redazione digitale della Gazzetta. Almeno che non si tratti proprio di un eventuale stagista messo lì, ma senza arte né parte.
Un 'rischio' semiserio di escalation bellica corso solo per via di una sua imperdonabile castroneria - ammesso e non concesso che sia tale - che non poteva non sollevare qualche rilievo da parte dello scrivente. Ieri, martedi 25 - in uno dei pezzi di presentazione dedicati dalla rosea online alla partita del Meazza e, specificamente, nel paragrafo intestato COME VI ARRIVA LA LAZIO - costui era riuscito a scrivere, rimanendo serio, che "Se Sparta piange, Atene non ride". Invertendo, però, clamorosamente - libri di storia alla mano - le condizioni diversamente deleterie delle 2 città greche alla fine del conflitto bellico evocato all'inizio (la guerra del Peloponneso, appunto). Dunque, come se Sparta configurasse la Milano nerazzurra ed Atene la Roma biancoceleste anziché il contrario.
E pensare che la continuazione di quell'incipit a tinte laziali ("Anche la squadra di Baroni non attraversa un grandissimo momento") aveva fatto intendere che il redattore fosse del tutto edotto sull'origine di quel modo di dire, peraltro solo nostrano. Che si sia trattato allora di semplice refuso, di banale svista o proprio di dimostrazione di parziale ignoranza (nel senso di mancata conoscenza), residuerebbe comunque un'ulteriore chiave di lettura.
Nel clima di scarsa considerazione generale ed esiguo risalto mediatico (eufemismo!) riservati al lavoro immane di Inzaghi ed allo status quo raggiunto dai nerazzurri - essere rimasti l'unica squadra ancora in lizza in tutte le competizioni - verrebbe proprio da pensare che taluni possano ricorrere pure a questi mezzucci infantili pur di (tentare di) sbeffeggiare la società Inter. Come se già non fossero bastate certe aperture vergognosamente 'oscurantiste' propinate da un paio di testate sportive, ma delle quali scriverò più avanti.
Questa premessa fintamente bellica che poggia su una 'castroneria/provocazione' giornalistica serve, in ogni caso, per avvalorare ancora di più una consolidata nomea peninsulare. Quella di una realtà nostrana contemporanea in cui può valere tutto ed il suo contrario. Dunque meritando di allocarsi nel 'Paese di Sottosopra': per qualche editorialista sportivo, financo "Paese degli Orecchianti" (qualsiasi allusione mercatara, costui, volesse fare...).
Infatti in campo calcistico è successo - ma stavolta per davvero - che i cosiddetti esperti del settore (tecnici, opinionisti, ex giocatori, amici degli amici, ecc.) siano andati avanti per mesi ad offuscare menti e pensieri di tifosi ed appassionati. Finendo con l'ammorbare l'utenza calciofila con litanie assortite del tipo: giocare tante partite è deleterio; il calendario intasato fa ammattire tecnici e tattici fino ad obbligarli a ricorrere ad un turnover più o meno spinto; la densità degli impegni agonistici usura i giocatori con l'esposizione ad un rischio crescente di infortuni, ecc.. Tutto condivisibile, sulla carta, perché in parte già riscontrato. Salvo poi dover prendere atto che, nonostante le fisiologiche traversie, c'è una squadra in Italia che - essendo, appunto, in piena corsa in tutte le competizioni di maggior prestigio - si diverte, oltre che in campo, anche a confutare tesi troppo rigide od analisi preconcette.
Ecco allora spuntare come funghi i revisionisti del settimo giorno, una setta 'pagana' della quale non si fanno i nomi degli adepti solo per non esporli al pubblico ludibrio. In qualche caso sono gli stessi soggetti che si erano attestati dall'altra parte della barricata solo fino a qualche giorno fa. Costoro, con la massima nonchalance, si sono spesi in argomentazioni esattamente opposte a quelle fatteci sciroppare dal vento mediatico finora predominante. Tipo: le fatiche di Coppa, forse, fanno bene; l'Inter fisicamente sta meglio del Napoli, pur con le coppe; andare in campo ogni tre giorni può aiutare a tenere la tensione ai massimi livelli ed altre considerazioni più o meno sulla stessa falsariga. Ce ne sarebbe abbastanza per giustificare il detto "Il mondo è bello perché è vario". O, peggio, a sufficienza per andare ad infoltire le schiere dei voltagabbana di tutto l'orbe terracqueo.
Nel frattempo, prima è successo che i nerazzurri sono tornati ad issarsi solitari in cima alla classifica - 'evento' celebrato almeno dalla Gazzetta, ma non dal binomio dei compari editoriali di Corsport e Tuttosport che l'hanno, invece, pressoché oscurato nelle loro aperture dello scorso lunedì... - poi è arrivata ieri sera (martedì) la sfida Inter-Lazio per i quarti di Coppa Italia. E, checché se ne potrà ora argomentare sull'esito, l'accesso dei nerazzurri alle semifinali della Coppa nazionale contro i derelitti rossoneri non sarà altro che la plastica dimostrazione che il potere logora chi non ce l'ha e, soprattutto, che i nerazzurri non buttano via proprio niente.
'Spiaze' dunque per il senatore Lotito, ma nella 'mensa dei signori' "nun c'è trippa pe gatti" (biancocelesti): da quella di Inter-Lazio non ne sono caduti manco gli avanzi...
Orlando Pan
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