Viene facile immaginare che Simone Inzaghi - in pieno sollucchero già dal primo pomeriggio domenicale - abbia contattato il suo omologo lariano per chiedergli, tra il serio ed il faceto, quali fossero le sue esatte generalità: "¿CÓMO es tu nombre?" (Qual è il tuo nome?). Memore di tutte le sincere attestazioni di stima ricevute dal collega ispanico Fabregas nel recente passato, nonché per ringraziarlo soprattutto dell'inaspettato servigio resogli in giornata con la sconfitta del Napoli in riva al lago di Como. "De nada, Simone. Te lo mereces todo!" (Di nulla, Simone. Ti meriti tutto!) sarebbe potuta essere la risposta di Cesc. Con Simone magari pronto a controreplicare non certo con un: "Vatti a fidare degli 'amici'" (opzione 'valida' solo nel caso in cui fosse maturata una sconfitta lariana), bensì con un euforico: "Gli 'amici' si vedono nel momento del bisogno"... Da rimarcare che l'accorto Simone avrebbe posto la domanda al collega usando per forza un castigliano basico, ché il tempo per imparare l'ostico catalano di Fabregas - con tutto sto calendario superintasato di impegni - non avrebbe saputo proprio dove andarlo a trovare...
Ben diverso, invece, lo status quo linguistico attribuibile al suo rivale partenopeo. Non ancora del tutto assuefatti al particolare idioma usato talvolta da Antonio Conte in conferenza stampa, a Como il tecnico leccese ha regalato all'uditorio mediatico un'altra perla linguistica estratta dal suo repertorio in esperanto-salentino... Talmente in preda lui stesso alla confusione non solo tecnico-tattica - per quanto spacciata come mancanza di fame e cattiveria agonistica da lui indotta ai suoi giocatori - che sembra addirittura fuoriuscita dalla famosa pellicola "Io speriamo che me la cavo", previo libro omonimo. Ecco la perla: "Sanno che A ME ODIA perdere". Il 'vezzo' di coniugare il verbo della frase principale in maniera disconnessa da ciò che richiederebbe il relativo soggetto è una 'licenza' linguistica degna di nota forse solo per i collezionisti del genere 'strafalcioni grammaticali'. E per quanto quella frase potrebbe financo strappare un sorriso all'esperto in materia - il compianto maestro Marcello D'Orta evocato dai precitati libro e film - all'opposto, farebbe incazzare (termine triviale ormai sdoganato..), di brutto, i puristi dell'Accademia della Crusca che, invece, non transigono su nulla.
Venendo finalmente al campionato, si potrebbe provare a decifrare la nuova classifica pescando dai proverbi sull'avvicendarsi delle stagioni o da qualche frase fatta. Perché se è vero che la rondine Martinez (versione portiere) magari non farà primavera - per quanto si speri ovviamente nell'eccezione - allora dovrebbe essere altrettanto lampante che l'infortunio di Sommer (estate, in tedesco...) non potrà decretare la fine delle mezze stagioni...
In realtà, argomentando seriamente in termini di attinenza tra il tempo meteorologico e certa materia calcistica, "nel (nostro) clima temperato le mezze stagioni non esistono e non sono mai esistite come periodi in cui le temperature aumentano o diminuiscono gradualmente e gentilmente, ma sono sempre caratterizzate da CAMBI REPENTINI E FREQUENTI" (cit.). Un po' come starebbe succedendo, in effetti, al rendimento dei nerazzurri in campionato che - all'alba della 26ma giornata - si erano ritrovati, inopinatamente, in posizioni di retrovia nella classifica degli ultimi 5 turni, per quanto parziale e col recupero di Firenze compreso. E stante gli appena 7 punti totalizzati dai nerazzurri al pari di Genoa, Udinese e Cagliari - con l'Inter che risultava sopravanzata da ben 8 squadre (Roma, 13 punti; Juve, 12; Bologna, 11; Lazio e Milan, 10; Napoli e Fiorentina, 9 e Atalanta, 8) - pareva brutto non assecondare certi repentini 'alti e bassi' evocati dalla mattane del clima o dai proverbi. Fino a schizzare, all'improvviso, in testa alla classifica. Possibilmente per non abbandonarla più. Ci si sta così bene.
Per non spendere troppe parole al miele o di mera circostanza sul primato ritrovato, si ritiene più opportuno focalizzarsi subito sul presente della settimana entrante andando, però, in perfetta controtendenza con quanto auspicano le predominanti 'voci' nerazzurre dei social. Allora, in fervida attesa del redde rationem di sabato col Napoli (Atalanta permettendo...), martedì ci sarà il quarto di finale di Coppa Italia contro la Lazio. E per quanto i biancocelesti avranno di sicuro il dente avvelenato anche per via della scoppola casalinga rimediata in campionato, l'accesso alle semifinali della Coppa nazionale sarebbe - a modesto parere dello scrivente - l'unica occasione stagionale che i nerazzurri avrebbero per saldare sul campo i conti con quegli scappati di casa dei dirimpettai. Checché ne scrivano certe pagine FB nerazzurre - comunque apprezzate, in termini di metaforiche secchiate d'acqua altrui già versate sui rossoneri - le volute di fumo emanate dal sigaro saudita di Conceiçao ancora ammorberebbero l'aria nerazzurra... Ma non solo: sconfiggere - magari 2 volte - i rossoneri in semifinale sarebbe anche un ottimo viatico per trovare a Roma quelli di Torino con cui sussistono ben altre parcelle da regolarizzare.
Non si molla nulla! Con i campioni del Triplete che non dovranno passare alla storia per essere stati gli unici a tracciare quel solco.
Orlando Pan
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