Lunga intervista del Corriere dello Sport a Giovanni Malagò, che parla ampiamente dell'emergenza coronavirus e dei suoi risvolti sullo sport italiano. Ecco alcuni estratti.

Presidente Giovanni Malagò, nel giro di pochi giorni l’Italia è passata dall’indifferenza all’allarmismo per il coronavirus, e ora fatica a passare dall’allarmismo a una responsabile preoccupazione. A farne le spese è stato lo sport? 
"Da uomo delle istituzioni credo che si sia voluto dare un segnale di sensibilità e di attenzione e confermare la priorità della salute pubblica. Ma questo ha innescato una serie di reazioni a catena con le quali ci troviamo a fare i conti".

Da lunedì che si fa? 
"È ciò che mi chiedono in queste ore atleti, tecnici e dirigenti da ogni dove, soprattutto quelli impegnati nelle qualificazioni olimpiche. Non posso che sperare che il rispetto delle prescrizioni adottate rimetta il Paese nelle condizioni di rientrare nella normalità. Ma nessuno lo può garantire e, di conseguenza, penso che si stia navigando a vista". 
 
Se i divieti e le chiusure vanno avanti, c’è un danno per lo sport? 
"Rappresentiamo il 2 per cento del Pil, più l’indotto. Fate voi. C’è un danno economico enorme, ma c’è anche un danno propriamente sportivo. Se ti annullo una competizione in casa, valida per la qualificazione olimpica, la tua squadra avrà meno chance. Se hai una finale di Coppa del mondo di un grande sport, che è a rischio, il danno per quella disciplina si proietta nel futuro. Ed è incalcolabile". 
 
Var con problemi: la soluzione è il challenge? 
"Sinceramente, non credo. Temo che spezzetterebbe troppo la competizione. Credo che bisognerebbe lavorare a monte. Migliorare la qualità delle decisioni e il rapporto arbitro-Var". 
 
Ma chi deve guidare questo rapporto? L’arbitro, dominus in campo, o il collega davanti al monitor, come avviene in Inghilterra? 
"Guida sempre chi è più bravo, più esperto, più autorevole. A prescindere da come scrivi le procedure. L’elemento umano è decisivo, ecco perché bisogna investire sulla qualità". 
 
Il campionato più noioso del mondo è tornato incerto e contendibile: la dittatura della Juve è proprio finita? 
"Mi pare un dato acquisito".  
 
Tra la Lazio e Inter chi ha più chance? Provi a giocare la schedina dello scudetto. 
"Faccio un ragionamento di buon senso: chi è concentrato su una sola competizione può metterci dentro tutte le energie fisiche e mentali. La Lazio vive questa condizione". 
 
Vale un vantaggio chiaro? 
"Non userei questa parola. Però, se penso solo alle incertezze dell’Inter sul calendario, anche per via del Coronavirus, non vorrei stare nei panni del povero Conte".  

Stanno cambiando anche i rapporti di forza all’interno della Lega. L’egemonia della Juve è in discussione. Presidenti nuovi come Commisso chiedono spazio. Il loro ingresso nel campionato può riequilibrare antiche gerarchie? 
"Ci può stare. Può essere che Commisso segni una discontinuità rispetto al ruolo avuto in Lega da Della Valle, può essere che Friedkin si muova diversamente rispetto a Pallotta. Vedremo che succede". 

Sezione: Rassegna / Data: Ven 28 febbraio 2020 alle 10:26 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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