“Nella vita non escludo nulla: non pensavo fosse così difficile andar via dopo quattordici anni dall'Italia, che sinceramente mi manca”: in questo modo alcuni giorni fa parlava Leonardo Nascimento de Araùjo, attuale direttore sportivo verdeoro di quell’opulento Paris Saint-Germain che si annuncia sicura star del firmamento europeo delle prossime stagioni, scatenando quindi i mass-media sulle ipotesi di futuro più disparate, specialmente in considerazione dell’indole spesso girovaga del quasi quarantaquattrenne ex allenatore interista, che in oltre cinque lustri di calcio (giocato e non) è stato attore principe in Brasile, Spagna, Giappone, Francia e, appunto, Italia. Esperienze che – unite a doti naturali ben radicate in Leo quali intelligenza, curiosità e spirito d’osservazione – lo hanno senza dubbio aiutato a formarsi un bagaglio culturale di tutto rispetto, qualità non certo diffusissima tra gli interpreti dell’universo del football odierno.
Un autorevole professionista di calcio a trecentosessanta gradi, capace negli anni di reinventarsi protagonista in più vesti e sempre ottenendo esiti apprezzabili. Giocatore d’innato talento e fantasia, campione del Mondo con la Nazionale carioca nel 1994, provvisto di un’unanimemente riconosciuta polivalenza tattica votata a renderlo prezioso elemento non solo in una determinata zona del rettangolo verde. Allenatore all'altezza di battersi contro la maestosa squadra del “Triplete”, mantenendo in piena corsa-scudetto almeno sino a fine marzo il Milan dei vari Jankulovski, Flamini, Antonini, Borriello, Favalli e Abate: prima e unica stagione disputata da Leonardo nei panni di mister, se si escludono i cinque mesi passati sulla panchina nerazzurra tra il gennaio e il maggio 2011, conditi dalla vittoria di una coppa Italia e da un campionato condotto con una media assolutamente da tricolore (53 punti in 23 partite) che solamente un derby perso grazie a tre gol irregolari e gli asfittici risultati conseguiti dalla precedente gestione marchiata Rafa Benitez – tecnico che anche ora nel Chelsea sta denotando i suoi cronici limiti nel sapersi amalgamare caratterialmente con un gruppo di stelle reduce da importantissimi trionfi – non hanno permesso all’Inter di conquistare per la sesta volta consecutiva lo scudetto. Da dirigente, infine, la perla maggiormente luccicante rimane indiscutibilmente quella di aver scoperto in Brasile, e portato poi in Serie A per pochi milioni di euro, un fuoriclasse ventunenne di nome Kakà.
Una persona di grande prestigio, signorilità e ambizione, in grado di mostrare tutto il suo elegante carisma pure nel voler non chinare il capo di fronte alle ingerenze altrui, sia che queste provenissero da individui di enorme potere e presunzione, sia che fossero dettate da una fetta di popolo-bue gracchiante beceri insulti (vergognosamente ripetuti venerdì scorso, tra l’altro, all’indirizzo dello sfortunatissimo “Principe” Diego Alberto Milito) che, comunque, non avrebbero avuto la forza di spostare di un solo millimetro le personali convinzioni di un uomo libero ed idealista come l’ex trainer della Beneamata: uomo indubbiamente da Inter, capace di custodire nel proprio animo alcune delle massime virtù caratterizzanti la storia del Biscione. Una storia onorata appieno dal profilo di un mister accomunato alla saga del club meneghino, gloriosamente fondato il 9 marzo 1908 da soci dissidenti fuoriusciti dal Milan, anche da una scelta audace quanto nobile: l’aver abbandonato le (umili, direbbe l’avvocato Prisco) origini rossonere per abbracciare e veder nascere un sogno nerazzurro.
Un sogno, quello del Leonardo allenatore interista indicato direttamente da Massimo Moratti come accaduto per Roberto Mancini e Josè Mourinho, interrottosi però troppo presto e senza mai averne capito a fondo il motivo, ma che non è detto, complici le voci poco rassicuranti ed i venti di burrasca che da qualche tempo paiono soffiare sopra la testa del direttore dell’area tecnica Marco Branca, possa magari ricominciare nella probabilmente per lui più adeguata veste dirigenziale. Nella vita, e soprattutto nel calcio, non si può infatti escluder nulla. Parola di Leo, cittadino del mondo e sognatore in libertà.
Pierluigi Avanzi
Autore: Redazione FcInterNews / Twitter: @FcInterNewsIt
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