Udite udite, in una serata gelida milanese, riemerge l’anti-Juve che non t’aspetti. Già, perché in pochi davano credito all’Inter nella sfida contro il treno napoletano. Colpa di un sistema mediatico che spingeva violentemente per la sfida scudetto tra bianconeri e azzurri, dal sapor d’anni 80 e molto gradita al grande pubblico, quello che compra i giornali, frequenta il web e si abbona alla pay-tv. E invece no, il campo non accetta determinati compromessi ed elegge la precedente candidata a disturbare l’inarrivabile corazzata juventina, ovvero l’Inter di Stramaccioni, la stessa Inter data in crisi, bistrattata per questioni interne e ormai in apnea dopo una striscia fuori ogni più rosea aspettativa. Contrordine, dunque. Oggi, in attesa del prossimo turno di campionato, il secondo posto cambia padrone e la squadra che se l’è ripreso miete un’altra vittima illustre ai piani alti.
L’AMMAZZAGRANDI - Le statistiche non mentono e questa Inter è l’autentica ammazza-grandi. Etichetta che solitamente viene affibbiata a una concorrente di medio-bassa classifica che continua a sorprendere, non certo a chi galleggia in alto alla classifica praticamente sin dall’inizio. Eppure le testimonianze abbondano: Juventus, Napoli, Milan e Fiorentina possono garantire, nel confronto diretto le hanno sempre prese. Peccato per lo scivolone interno contro la Roma, ma quella non era ancora la squadra coniata da Stramaccioni, era il pre-difesa a tre che unita a una maggiore accortezza tattica ha messo le ali al gruppo nerazzurro. Non fosse per le battute d’arresto patite contro avversari ampiamente alla portata, oggi racconteremmo un’altra storia. Ma va bene così, il girone d’andata deve ancora concludersi e il progetto va avanti. Con più di una soddisfazione messa nel cassetto.
STRATEGIA INTONATISSIMA - Tra il primo e il secondo tempo di Inter-Napoli il pubblico è allietato da una splendida esibizione di gospel, ma a cantare prima e dopo sono soprattutto i tifosi nerazzurri, evidentemente meno intonati ma con altrettanta passione. L’Inter infatti propone uno spettacolo di rara bellezza dal punto di vista tattico, tarpando le ali a un Napoli meritatamente in rampa di lancio e punendolo al momento giusto. Direttore d’orchestra, ovviamente, Andrea Stramaccioni, che prepara l’esibizione nei minimi dettagli (vogliamo parlare dello schema da corner nell’azione del vantaggio?), accentrando il capitano e dando freschezza alle fasce (necessario contro gli spauracchi Maggio e Zuniga), ma soprattutto affidando le chiavi del centrocampo a Bostik Guarin, il collante perfetto tra mediana e reparto offensivo. Una disposizione che sorprende i partenopei, colpiti proprio nella zona a loro più gradita, quella nevralgica.
CONTRO LA NOIA – Prima del match, a chi gli chiedeva ancora di Sneijder, il presidente Moratti ha risposto definendo l’argomento alquanto noioso. Può darsi, anche se il tema resta scottante per quanto ripetitivo. Ma contro la noia c’è l’attuale alter ego dell’olandese. Non l’erede designato Coutinho, trequartista per vocazione, ma il Guaro, tuttofare per eccellenza. Recuperi, scatti, dribbling, smistamenti, assist e gol. Chiedetegli tutto, tranne la continuità. Perché se avesse anche quella, probabilmente oggi nuoterebbe nei petroldollari come Zio Paperone in qualche club dell’est, a Parigi o in Inghilterra. Ma il tifoso se ne frega della continuità quando riceve in dono prestazioni come quella di ieri sera, e poco importa se con il trascorrere dei minuti il numero 14 sia calato: la gamba non l’ha mai tolta.
CI SI AFFIDA AL PATRONO - Diciamolo, nella ripresa i nerazzurri hanno pagato dazio e una condizione fisica non al massimo. Stramaccioni l’aveva anticipato, giocando a carte scoperte. Per questo l’arretramento nella propria metà campo, al cospetto di un gruppo di infervorati partenopei, era quasi inevitabile. Ma le vere streghe il tifoso interista (e tutta la panchina) le hanno viste quando Pereira ha sfiorato l’autogol per una questione di centimetri. Palla dentro, anzi no. Vantaggio al sicuro. Con un ringraziamento diretto verso l’alto. A chi? Ovvio, a San Siro, di cui ieri si festeggiava la ricorrenza. Gli hanno intitolato il quartiere in cui giocano le milanesi, non poteva lasciare il passo a San Gennaro, per quanto più popolare di lui. Alla fine, il patrono di Napoli giocava in trasferta…
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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