"All'inizio abbiamo mirato a situazioni diverse che non si sono portate a casa. Nel calcio capita di dover modificare il percorso, io sono orgoglioso di averlo fatto con il club in base alle situazioni che ci chiamavano in causa. Non dipende dai direttori se inizialmente si pensava di arrivare a una certa quota e poi non è stato più possibile a causa di paletti, regole, buon senso e logica che nel calcio va usata". Così Luciano Spalletti, prima del match di Roma, aveva commentato l'inversione di rotta sul mercato. Una "certa quota" che prevedeva uno o due top-player, poi rimasti sogni di mezza estate. E non basta il Fair play finanziario per spiegare tutto, perché quello lo si conosceva già in precedenza e già al momento di sfornare l'ormai famigerato #Interiscoming.

Lo stop a spese di un certo livello è arrivato dalla Cina. Un'indicazione caldamente consigliata alla quale Suning non si è sottratto. La Gazzetta dello Sport si domanda: "Che cosa sarà del piano di grandeur della Cina, che fino all’anno scorso puntava a diventare una potenza del calcio globale, col sogno del presidente Xi Jinping di ospitare e possibilmente vincere la Coppa del Mondo? Cesserà davvero la pioggia di yuan che in questi anni ha sconvolto gli equilibri del pallone?". Impossibile rispondere ora. In aiuto arriva l'analista Alberto Rossi della Fondazione Italia-Cina:  "La fuga dei capitali ha portato a un calo delle riserve in valuta estera, che a gennaio sono scese sotto la soglia psicologica di 3mila miliardi di dollari. In questo momento il calcio non è in cima ai pensieri del governo di Pechino ma questo non significa che lo stop è definitivo. Molto dipenderà dal congresso di ottobre del Partito comunista cinese, in cui si deciderà di fatto il futuro politico della Cina fino al 2032. Le vigilie sono sempre molto delicate, assistiamo a riposizionamenti anche da parte delle imprese, che aspettano di capire cosa accadrà".

Quest'ultimo caso si adagia perfettamente a Suning che, dopo aver investito oltre 370 milioni in un anno nell'Inter, ha deciso di frenare sul mercato. "Paradossalmente i destini del Milan sembrano dipendere di meno dalle bizze politiche di Pechino. Il motivo? È vero che l’azionista di riferimento è cinese, Li Yonghong, ma un contributo decisivo all’acquisto del club rossonero è arrivato dal fondo speculativo statunitense Elliott con un prestito di 303 milioni, compresi 50 per il mercato", sottolinea Gazzetta

A ottobre, insomma, tutto sarà più chiaro.  

Sezione: In Primo Piano / Data: Mar 29 agosto 2017 alle 08:15 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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