Lunga intervista di Repubblica a Walter Sabatini, che è tornato a parlare anche della sua esperienza all'Inter, svelando anche qualche retroscena. Ma non solo.

Da dove iniziamo?
"Dalla notizia che sto benissimo. Respiro senza bisogno dell’ossigeno. Faccio la doccia da solo. Non ho più attacchi di panico. Non sono spaventato dalla morte. Ho voglia di fare, di ricominciare, di battagliare. Se quando ero in coma ho detto di aver visto il paradiso, anzi volevo che mi aprissero, ora sono discorsi che non mi interessano più".

Visto l’Ajax?
"Sì. È una formazione di ragazzi che gioca spontaneamente, senza freni culturali. Cattiva come i bambini ai quali si toglie il giocattolo. Il capitano De Ligt ha 19 anni, De Jong, 21, Neres, autore del pareggio, 22. E Ekkelenkamp che è entrato al 75’, debuttando in Champions, è nato nel 2000. La stessa età di Kean della Juventus".

Perché in Italia i giovani invecchiano in panchina?
"Per la paura dei dirigenti e in parte anche degli allenatori di non vincere la partita. Per pavidità, un certo nonnismo culturale, come ha scritto qualcuno. Il nostro campionato ammazza i ragazzi già nella culla. Certe virtù sembrano difetti, impedimenti al successo. I giovani potrebbero portare freschezza, irruenza, prepotenza, invece devono stare lì a macerare, nell’attesa che prima o poi venga il loro turno. Quasi sempre è poi. Anche se ci sono eccezioni: Marquinhos che Zeman fa esordire a 18 anni e Lamela che a 19 entra con Luis Enrique, tra gli italiani Chiesa e Zaniolo, anche loro tra i 18 e i 19, Pellegri esordiente a nemmeno 16 anni, più Barella e Kean".

Il rinnovamento del ct Mancini può aiutare?
"Moltissimo. Se il suo coraggio nel chiamare Kean, Barella, Sensi, Chiesa, Pellegri, attaccante del 2001 in via di recupero dopo un infortunio, porterà avanti gli azzurri, sarà una svolta, una locomotiva importante. Se invece non andrà bene, si tornerà allo scetticismo del passato".

Ma lei ci crede ai giocatori italiani?
"Se devo investire preferisco quelli dell’Europa del nord. Maturano prima, a 20 anni sono uomini, mentalmente non fragili. Un calciatore olandese si trasferisce senza fare una piega, quello italiano è rovinato da ansie e da genitori presuntuosi e invadenti. I nostri giocatori sono più friabili, peccato che noi abbiamo contesti straordinari, Roma da sola ha più popolazione dell’intero Uruguay". 

Ha lavorato con Pallotta e con il gruppo Suning, con Lotito, Zamparini e Ferrero: il suo bilancio delle proprietà straniere?
"Con l’Inter ho sbagliato io. Me ne sono andato per impazienza, la colpa è mia. Volevo fare una grande Inter, chiedevo investimenti forti, ma non c’erano risposte immediate, e davanti all’indugio mi sono tirato indietro, mi sembrava di tradire la fiducia dei tifosi. Detto questo, le cene da Zhang sono state da Mille e una notte, ricche e opulente, da vero imperatore, ma trattare con i cinesi non fa per me, sono impermeabili, non danno mai risposte definitive, le decisioni sono sempre collettive, dopo una riunione ce n’è sempre un’altra e un’altra ancora, e poi c’è un comitato che deve ratificare la decisione e appena credi che ci sia una parola fine, ricominci in un’altra sala".

Indietro tutta, compagni.
"C’è stato anche quello. Il lavoro era affascinante, io ci ho provato, ma in quel momento è arrivato l’avviso del governo cinese che declassava il calcio e invitava a limitare gli investimenti".

Sua opinione sul caso Icardi?
"Spalletti è un allenatore con un legame molto forte con lo spogliato. Ma senza Icardi la squadra si è indebolita. Sul piano disciplinare non mi inoltro, ma c’erano altri metodi".

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Sezione: In Primo Piano / Data: Sab 13 aprile 2019 alle 10:42 / Fonte: Repubblica
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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