Attraverso le colonne di Tuttosport, Gabriele Oriali si candida per l'ennesima volta per un ruolo da dirigente dell'Inter.
Perché Oriali è ancora tanto amato dai tifosi?
"Me lo chiedo anch’io... (ride divertito Lele, ndr ) Perché credo di aver fatto qualcosa di buono prima come giocatore, per diciassette anni partendo dal settore giovanile; quindi da dirigente per altri tredici. Penso sia questo il motivo per cui gran parte dei tifosi interisti gradirebbe un mio ritorno in società".
Se Thohir glielo chiedesse, accetterebbe?
"Dopo trent’anni, l’Inter è diventata la mia seconda famiglia. Quindi, se ci fosse una chiamata da parte di Thohir, accetterei più che volentieri. Altrimenti, continuerò a fare il tifoso".
Qual è stata la sua trattativa più difficile?
"Quella con la Juve per Ibrahimovic. Si sapeva che avrebbero dovuto cederlo, anche per la volontà del giocatore, però c’era sotto pure il Milan. Andai a Torino con Branca, c’era Blanc col quale trovammo un accordo per il trasferimento di Ibra e rimasi fino alle undici di sera finché non me lo firmarono. Furono due giorni tirati, con alle spalle la pressione del Milan che lo voleva a tutti i costi".
Un colpo da ricordare?
"Cambiasso preso a costo zero: io e Branca fummo inizialmente criticati perché non giocava nel Real. E poi Maicon: lo vedemmo la prima volta con Mancini e ce ne innamorammo subito".
Il flop?
"Quando si lavora, si può anche sbagliare: è successo a noi e, per esempio, è successo anche alla Juventus tre-quattro anni fa. Poi sia loro che noi siamo stati bravi a imparare dagli errori, perché abbiamo puntato più sulla qualità che sulla quantità. Comunque la Juve già da qualche anno è la squadra da battere e lo sarà anche per i prossimi, così come lo siamo stati noi per diversi anni".
Perché lo dice?
"Per i vantaggi dati dallo stadio di proprietà, perché hanno idee innovative, per la bravura della proprietà e dei dirigenti nella scelta dei giocatori e perché hanno un tecnico che, in questo momento, nel nostro campionato è il migliore".
Cosa manca all’Inter per raggiungere la Juventus?
"Quest’anno si è chiusa una pagina storica per il club e, in una stagione così, è chiaro che la squadra un po’ subisca sul piano psicologico il passaggio di proprietà. Non è un caso che, dopo un avvio in cui è stato espresso un buon calcio, ci sia stato un calo, non solo fisico, ma anche mentale e forse inconscio. Adesso ci si sta riprendendo, ma il gap con la Juve c’è: per colmarlo ci vuole lavoro, pazienza e tempo".
Ausilio ha le spalle abbastanza larghe per essere responsabile dell’area tecnica?
"L’esperienza nel condurre trattative se l’è già fatta con me e Branca, in più conosce bene il settore giovanile ed è esperto di calcio internazionale, quindi è una scelta che ci può stare. Anche se ritengo che in un grande club come l’Inter forse dovrebbe avere qualcuno all’interno della società col quale potersi confrontare quotidianamente. Se poi interista ancora meglio".
Cosa si è rotto tra lei e Branca?
"Il nostro rapporto si è incrinato nell’ultimo anno perché avevamo idee diverse, ma prima si è lavorato molto bene. I risultati lo dimostrano. Dopo il Triplete, c’è stata una scelta da parte della società che ovviamente non ho condiviso, ma che ho rispettato con dispiacere perché pensavo di essermi guadagnato sul campo la conferma nel mio ruolo. Così non è stato, quindi le nostre strade si sono divise. E ci sono rimasto male".
Che consiglio darebbe a Zanetti che si trova davanti a un bivio importante nella sua vita?
"Sono convinto che la sua idea sarebbe quella di continuare ancora un anno. Lui è un simbolo e, per diversi motivi, potrebbe anche essere utile nello spogliatoio. Il consiglio che posso dargli è di seguire il suo istinto".
Il capitano ha il curriculum per raccogliere l’eredità di Facchetti o è meglio che prima faccia un po’ di gavetta altrove?
"Non me ne voglia Zanetti, per il quale ho una grande ammirazione, ma di Facchetti ce ne sarà solo uno, unico e inimitabile. Anche se credo manchi una figura percepita come vero interista all’interno del club, che faccia da interlocutore tra società, settore tecnico e allenatore e che sia riconosciuto come uomo immagine dell’Inter".
Ecco, dica una cosa da interista. L’Inter senza rigori da ventotto giornate: dov’è l’errore?
"L’errore? Di errori ce ne sono stati sette-otto clamorosi, sono sviste inconcepibili che penalizzano la classifica dell’Inter. Sembra che ormai ci sia una sindrome da rigore non dato, anche se ritengo che gli arbitri siano comunque in buona fede".
Icardi le ricorda un po’ il primo Balotelli?
"Non lo conosco e mi risulta difficile fare paragoni. So però che è forte, giovane, di prospettiva, potente fisicamente e bravo tecnicamente. L’Inter ha fatto un buon acquisto perché Icardi è il futuro".
Mazzarri è l’uomo giusto per questa fase di transizione?
"Beh, una fase di transizione che deve avere come obiettivo minimo quello di centrare l’Europa League. Comunque ritengo che Mazzarri sia l’allenatore giusto non solo per questa fase di transizione".
Che sfida sarà quella con Ventura?
"Ventura sta facendo grandissime cose a Torino. La sua squadra gioca bene, diverte e ha un’ottima classifica. L’Inter dovrà essere brava a non dare spazio a Cerci e Immobile perché sono micidiali in campo aperto. Anche se per l’Inter, però, quella sarà una partita da vincere".
L’Inter può permettersi di puntare sui giovani?
"Deve puntare a un giusto mix di talenti e giocatori di esperienza, come del resto ha fatto con l’acquisto di Vidic dal Manchester United che ha un'esperienza internazionale e potrebbe essere un punto di riferimento per i giovani".
Autore: Redazione FcInterNews.it
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