Diego Milito giura all'amore. Si legge negli occhi e nelle parole. Il Principe nerazzurro, dalle pagine de La Gazzetta dello Sport, spende splendide parole per l'Inter: "Questa maglia la sento addosso, rimarrò all'Inter almenofino al 2014. Sento questo club dentro", dice l'argentino. E l'arrivo del connazionale Ezequiel Lavezzi lo esalta: "Lavezzi è un vero campione, mi piace. Sarebbe splendido giocare con lui". Dovesse arrivare Mattia Destro, un ariete in più: "Sicuramente Mattia merita una grande squadra come l'Inter". Il desiderio è chiaro: "Voglio rivincere lo scudetto". Ecco l'intervista, che parte con il riferimento alle dichiarazioni post-Champions che lasciarono impietrititi i sostenitori interisti.
«Sbagliai quella sera, ma sono stato sincero, sono sempre sincero. Adesso cercherò di ripagare tutto l’amore dei tifosi, della curva, cercando di rivincere subito lo scudetto con la maglia dell’Inter. Questa maglia me la sento addosso. Sono qui da tre anni e ci rimarrò almeno fino al 2014, quando scadrà il mio contratto. A quel punto avrò 35 anni e dovrò riflettere».
Milito, Milano. Ci racconti la sua Milano.
«Abito a San Siro, con mia moglie Sofia e due figli: Leandro di 4 anni e Agustina di 2. Spesso vado a prendere Leandro dall’asilo al pomeriggio. Porto al parco i bimbi, li faccio giocare con i gonfiabili e guardo tanti cartoni con loro, soprattutto "Ben 10". Mi adatto io. Seguire il calcio e i programmi sportivi in tv mi piace, ma lo faccio quando loro vanno a dormire. Poi mi divertono Bonolis e Fiorello. Striscia con la Hunziker e pure Zelig. Per il resto, esco poco. Non amo tanto il centro, non ci ho mai abitato, è caotico, è un problema con i parcheggi, ma adoro Milano e ci sto benissimo. E’ una città che ti offre tanto. E’ quella in cui sono stato meglio in Europa».
Soprattutto c’è una cucina fantastica: voi argentini ci stressate con l’asado, un culto, ma i piatti italiani l’avranno presa...
«Una cosa in particolare: il pesto. Me lo faccio portare sempre da Genova. Mia moglie prepara la pasta, ci piace, anche se ultimamente in ritiro la gusto più in bianco. Poi mangio tanta carne, la preferisco al pesce. Amo più il salato. Meglio una buona empanada (una tortilla piena di carne) che un dulce de leche (dessert a base di latte). Al ristorante ogni tanto vado. Il mio preferito è il Gaucho».
Ma dai... Non vale, è quello di Javier Zanetti.
«Mi piace (Diego ci festeggia le ricorrenze con la famiglia, ndr). Non c’entra proprio nulla il rapporto con Pupi. Lui è straordinario a prescindere, non ho più parole per definirlo. Non mi stupisce più niente di Zanetti».
Infatti vi chiamano il clan degli argentini...
«Quanto di più falso. Siamo dello stesso Paese, ma rifiuto questa etichetta. Non siamo un clan, siamo amici, è anche normale».
Amici italiani ne ha?
«Eccoli. Loro due. Danilo e Gianluca Trabucco. Mi hanno venduto la casa di Milano. Ed è nato un bellissimo rapporto, speciale anche con la mia famiglia. Sono sempre con noi. Mi hanno aiutato tantissimo. Io mi affeziono alle persone e fatico a fidarmi. Pensi che Adrian Faija, mio compagno di scuola in Argentina e ora avvocato, segue i miei interessi. E’ un fratello».
Ha sempre pensato di fare il calciatore?
«No, volevo diventare un commercialista. Mi sono iscritto all’università, poi il calcio ha preso il sopravvento. Sono nato con la palla tra le mani e tra i piedi. E ora posso dire che non è andata male; io e mio fratello Gabriel, abbiamo reso felice papà».
Che lavoro fa suo papà?
«Ha un’azienda metallurgica ed è un gran lavoratore. Non siamo ricchi, ma siamo sempre stati bene. Oggi (ieri, ndr) è il suo compleanno. Papà Jorge ne fa 58, spesso viene a trovarmi».
Lei non ha mai sponsorizzato suo fratello a Moratti?
«No, non mi sarei permesso. Ma mio fratello avrebbe sicuramente fatto bene qui in Italia. Col carattere che ha, sarebbe stato davvero un gran difensore. Purtroppo non giocheremo più insieme. E’ successo a Saragozza. Ma se io, dopo l’Inter, dovessi rientrare in Argentina vestirei la maglia del Racing Avellaneda, che di fatto sta in un quartiere di Buenos Aires. Lui è dell’Independiente. Sono due fedi opposte».
Stiamo sull’Argentina: l’argomento è caldo. Ci parli di Ezequiel Lavezzi, l’attaccante del Napoli, l’uomo dei desideri di parecchi vostri tifosi. Le piacerebbe giocare con lui?
«A me piace giocare con i campioni e Lavezzi lo è. Sarebbe bello. Lui salta l’uomo, è veloce, ha una forza fisica incredibile. Insomma, fa la differenza».
Dica la verità: l’ha chiamato al telefono?
«Giuro, no».
E di Destro, un arrivo più probabile, che dice? E un suo fan, gioca col 22, segue e impara tutti i suoi movimenti...
«Mi fa piacere. Io l’ho visto quando si allenava con noi ai tempi di Mourinho, si vedeva già allora che era forte. E’ uno da grande squadra».
Ahi... Ha toccato Mourinho, l’uomo dell’incredibile «triplete». E’ l’allenatore più importante che ha avuto in carriera?
«Premesso che non ho avuto problemi con i tecnici e da tutti ho imparato, dico che Mourinho mi ha dato proprio tanto. E’ statostraordinario. Ma vorrei citare anche Bielsa. Ho imparato tanto da lui. Io ero una seconda punta, mi ha fatto diventare una prima punta, ma soprattutto mi ha fatto capire l’importanza del gol. E’ un grande tecnico».
Solo che all’Inter rimarrà Stramaccioni. Il terzo allenatore stagionale le sembra adatto per gestire uno spogliatoio difficile come il vostro?
«Chiarisco: il nostro spogliatoio non è affatto difficile. E lui ha parlato con i risultati. Dopo la Juve eravamo fuori da tutto, anche dall’Europa League. Si è posto bene e ad alcuni di noi ha chiesto dei consigli. Glieli abbiamo dati».
Ma quello dell’Inter è ugualmente un flop. Milito, un sesto posto non è accettabile per voi... Che cosa è successo?
«La stagione è nata male. Troppi cambiamenti in panchina, abbiamo fatto degli errori, perso qualche partita di troppo e, di conseguenza, perso fiducia. C’è stata anche la cessione di Thiago Motta, ma lui voleva andar via».
Lei ha chiuso con 24 gol, come si è ripreso? Tra i top nei cannonieri tre attaccanti sopra i 30 anni: il leader Zlatan Ibrahimovic vicino ai 31, lei a un passo dai 33 e Totò Di Natale quasi 35. Perché?
«Perché l’esperienza conta, anzi è fondamentale. Poi guardo Di Natale e vedo un giocatore fortissimo, sarebbe stato bello giocare con lui. Io quest’anno semplicemente stavo bene. E poi ho una passione innata, per me il calcio è passione. Lo scorso anno i flessori mi hanno tormentato cinque volte, ho avuto due ricadute. Non impazzivo perché non segnavo, ma perché non stavo bene».
Ma Leonardo faceva giocare Pazzini che, invece, ora soffre. Come va con lui?
«Io non stavo bene, era giusto che giocasse Pazzini. Con lui ho un ottimo rapporto, ci parlo spesso. Lui deve stare sereno, certo ha perso la Nazionale e ci teneva tanto».
Anche Forlan se la passa malissimo, eppure è un campione.
«Sì, un campione. Ne parlo spesso con lui dell’annata storta. Viene da un altro calcio, non è facile adattarsi al nostro. Il campionato spagnolo ha più ritmo e più tecnica, ma il nostro, tatticamente, è ancora il più difficile, soprattutto per un attaccante».
La sua coppia regina in attacco?
«Milito-Eto’o, ma le assicuro che anche con Sculli e Palladino al Genoa fu bellissimo».
Lei pensa nuovamente all’Inter vincente?
«Certo, in questi due anni voglio vincere ancora».
E poi che farà?
«Tornerò a Buenos Aires. So che farò il corso allenatori. Ma non venderò la casa di San Siro, verrò sempre a trovare i miei amici. Credetemi, qui sto proprio bene. E sono cittadino italiano. Ho ancora la casa piena di salsicce calabresi».
Autore: Fabrizio Romano
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