Alessandro Gilioli, milanese, classe '62, giornalista de "L'Espresso", è un tifoso nerazzurro alla stregua di Gianni Riotta e Rudi Ghedini. Sul sito del suo giornale tiene un blog, Piovono rane, molto seguito, ma oltre ai temi legati all'attualità e alla cronaca politica, Gilioli ha un passato/presente di scrittore e saggista. Da nerazzurro doc, però, non poteva non scaricare le sue delusioni nerazzurre - ante 2002, a dir la verità - in un testo (Basta perdere. Ventuno scrittori raccontano la loro insana passione per l'Inter, edito da Limina) scritto con Tommaso Pellizzari. FcInternews.it ha raccolto i ricordi, le delusioni e le gioie di Gilioli nella terza puntata dedicata ai tifosi vip.

Alessandro, da quanto tempo tifi Inter?

"Avevo 4 anni quando mio padre ha iniziato a portarmi nei "popolari", quella parte di "San Siro" che adesso si chiama "secondo anello": compravamo le castagne e, durante la salita sulla rampa, finalmente, papà era solo mio, non c'era il suo lavoro tra i piedi, e nemmeno le mie sorelle. Poi, una volta seduti, mi indicava i giocatori: avevo un po' di difficoltà a distinguere Corso da Suarez...".

Perché?

"Erano entrambi pelati... Mio padre, però, mi spiegava che Corso era quello che non correva mai e che d'estate si posizionava all'ombra".

Qual è la partita a cui ti senti più legato?

"2 maggio 1971, Inter-Foggia 5-0, terzultima di campionato. Uno straordinario gol in rovesciata di Boninsegna, su cross dalla sinistra di Facchetti. Rimonta sul Milan completata e primo scudetto della mia vita: quel gol, ogni tanto, lo rivedo nella mia testa la sera quando sto per addormentarmi".

Quella che vorresti cancellare?

"31 maggio 1972, finale di Coppa dei Campioni. Ajax-Inter ascoltata alla radio: due gol di Cruijff e ciao. Ho pianto tutta notte, nel lettone con la mamma che mi giurava che avremmo vinto l'anno dopo".

Così non è stato, però.

"Ho elaborato il lutto solo nel 2010".

In quale partita saresti volentieri sceso in campo?

"Essendo sempre stato calcisticamente una pippa, mi sono ben guardato dal voler scendere in campo per giocare: semmai, per rifilare un paio di ceffoni a Recoba quando si attardava ad allacciarsi le scarpe o per trascinare fuori dal campo con la forza Gresko".

Chi se la dimentica quella data: 5 maggio 2002.

"Ero all'"Olimpico"".

Il giocatore a cui sei più legato?

"Il mio mito, naturalmente, era Facchetti: alto, bello e galoppava sulla sinistra. Le emozioni e l'attaccamento che si provano da piccoli poi, quando si è grandi, non si sentono più allo stesso modo".

Hai mai incontrato il presidente Moratti?

"Un paio di volte, informalmente, alla "Comuna Baires" di Milano".

L'hai mai intervistato?

"Una volta, per il mio giornale, nel suo ufficio alla Saras: forse l'unico ufficio in Italia dove si può ancora fumare...".

Una parola per definire gli ultimi 6 allenatori nerazzurri: Mancini.

"Un fighetta di genio".

Mourinho. 

"Il coraggio e l'azzardo".

Benitez.

"Non pervenuto".

Leonardo.

"Troppo appiccicoso".

Gasperini.

"Uno sventato".

Ranieri.

"Un papà noiosetto".

In cosa la società ha sbagliato nel post-Mourinho?

"Secondo me, ha sbagliato proprio tutto: sia sotto l'aspetto psicologico, che manageriale e sportivo".

Avresti ceduto Eto'o?

"Sì, nessuno deve restare controvoglia: ma avrei cercato di comprare qualcuno di più decente di quelli che sono arrivati".

Pensi che sia "giusta" la totale adesione al fair play finanziario?

"Non ne so abbastanza per esprimere un parere ma, in linea di principio, mi pare inevitabile".

Lo scudetto di cartone, così lo chiamano i detrattori dell'Inter e i tifosi della Juventus, lo senti tuo?

"Lo scudetto del 2006, quello a tavolino, io non l'avrei mai accettato".

Moratti, a proposito di Calciopoli e della figura di Giacinto Facchetti tirata in ballo dall'accusa di un PM, ha detto che non leggerà più la Gazzetta dello Sport, che si sarebbe schierata con una politica calcolata dalla direzione del giornale. Ci dici la tua su questo argomento che intreccia giornali, politica e potere economico?

"Prendersela con i giornali, in Italia, è una tendenza che attraversa schieramenti politici e squadre di calcio, ed è un po' penosa. Comunque, non ci credo proprio che Moratti non legga più la Gazzetta".

 

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Sezione: In Primo Piano / Data: Sab 19 novembre 2011 alle 14:34
Autore: Giuseppe Granieri
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