La data da tenere a mente e dalla quale la stagione dell'Inter prende una piega non desiderata è senza dubbio quella del 13 luglio 2016. A Riscone di Brunico, Roberto Mancini è protagonista di una conferenza stampa che, col senno di poi, spiega già tante dinamiche che poi porteranno alla separazione. Lì per lì sembra la solita conferenza un po' scocciata, quasi una strategia per fare gruppo. In seguito, invece, si capirà che il Mancio non era più a suo agio. I concetti sono ancora ben fissati alla mente: Juventus irraggiungibile; Banega anarchico; Joao Mario come Brozovic; dialoghi appena accennati con la proprietà; insofferenza sulla situazione Icardi.

MANCINI ADDIO - In meno di un mese si consuma il divorzio. Dopo le magre figure nelle primissime uscite (pari senza reti con il WSG Wattens e ko 1-2 con il CSKA Sofia), la tournée americana è una pena: vittoria stentata col Real Salt Lake, rovesci pesanti con PSG (1-3) e Bayern Monaco (1-4) e pareggio-brodino con l'Estudiantes (1-1). Al di là dei risultati, emerge un'insoddisfazione ormai malcelata del tecnico e il tennistico 1-6 di Oslo con il Tottenham del 5 agosto è l'ultima goccia, l'indizio lampante che più di qualcosa non giri per il verso giusto. L'8 agosto, Mancini risolve il contratto con il club e il giorno dopo viene annunciato Frank de Boer come nuovo allenatore.

L'OLANDESE CHE NON VOLA - L'ex Ajax ci prova. Il buon Frank ha idee e volontà, preparazione e onestà intellettuale. Pregi che forse in Italia troppo spesso si trasformano in difetti. Ma che sia una scelta azzardata quella di puntare su De Boer, lo si capisce subito. Fin dalla prima amichevole, quella di Limerick con il Celtic: difesa altissima, pressing forsennato e strategia offensiva. De Boer si snatura all'esordio del Bentegodi e paga pegno. Il successo sulla Juventus è una luce in mezzo al buio. La squadra non digerisce la sua idea di calcio, sia per demeriti propri che per evidenti criticità fisiologiche. A monte, va ribadito, c'è l'errore del club, che in modo scriteriato propone un progetto che sa di non poter attendere: se prendi uno come De Boer, devi dargli il tempo di imparare, di sbagliare e di entrare nella testa dei giocatori. È un lavoro lungo e devi mettere in cantiere anche un anno di pene e di un piazzamento poco onorevole in campionato. Quando il 1° novembre, dopo l'ennesimo ko in campionato (0-1 a Genova con la Samp), Frank viene esonerato (tecnicamente è risoluzione anche per lui), la società ammette indirettamente l'errore commesso 84 giorni prima: l'olandese era l'uomo sbagliato nel momento sbagliato.

SVOLTA SUNING - E qui arrivano le prime scelte forti di Suning, che forse per troppo tempo avevano lasciato fare a chi come Erick Thohir ormai aveva perso il timone. Con l'addio a De Boer, di fatto, viene bocciata la gestione indonesiana almeno a livello tecnico. Icardi, dopo un'estate strampalata, era già stato richiamato all'ordine sul caso dell'autobiografia, sebbene pure gli stessi dirigenti non se l'erano certo cavata a buon mercato dopo qualche uscita troppo filo-ultrà. Una situazione gestita malissimo quella del capitano argentino, tanto in estate quanto successivamente nell'ambito della questione libro. La famiglia Zhang comincia a metterci la faccia, si avvicina alla quotidianità milanese e comanda. Il casting che fa tanto ridere qualcuno partorisce il nome del nuovo tecnico: Stefano Pioli. E intanto, un giorno prima della nomina dell'allenatore, il 7 novembre viene messo alla porta l'ad Michael Bolingbroke. È la svolta.

POTENZINTER - Pioli è uno che conosce il calcio italiano, caldeggiato – dicitur – dalla parte italiana della dirigenza, ossia Zanetti, Ausilio e Gardini. L'ex allenatore della Lazio ha una missione mica da ridere: ricompattare il gruppo, ricucire gli strappi e rimontare in classifica, visto che i nerazzurri sono al 12° posto e col morale sotto i tacchi. E il calendario non aiuta, perché gli avversari fino alla sosta sono di medio-alto livello. Ma Pioli non è un 'normalizzatore', come in tanti lo catalogano. No, lui è davvero un 'potenziatore' così come si autodefinisce nella prima conferenza. L'Inter domina il derby (non inganni il 2-2 racimolato nel recupero), esce dall'Europa League mestamente, batte la Fiorentina con un primo tempo brillante e poi va ko a Napoli. Sembra di rivedere la gestione De Boer, ma è qui che tutto cambia. Arrivano ben quattro vittorie di fila, quelle con Sparta Praga, Genoa, Sassuolo e Lazio. La squadra che chiude l'anno è lontana parente di quella di luglio. Adesso le certezze superano i dubbi su tutti i campi. A livello tecnico Pioli non solo ha trovato i risultati (13 punti su 18 disponibili), ma anche un'identità e restituito a tantissimi elementi una convinzione che pareva smarrita (da Murillo a D'Ambrosio, da Kondogbia a Brozovic e Banega). A livello societario, poi, Suning ha cominciato a capire come muoversi e la chiarezza è emersa. Il 2017 potrebbe essere davvero l'anno della rinascita nerazzurra, quella che i tifosi attendono dal 2011. 

Sezione: In Primo Piano / Data: Dom 01 gennaio 2017 alle 16:25
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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