Premessa doverosa: i modi e i tempi non sono il massimo, perché mandare frecciate dirette al tuo datore di lavoro e farlo dopo aver vinto una gran bella partita e a pochi giorni dalla ripartenza dell'Europa League non è il massimo. Però solo chi non ha mai seguito il calcio può sorprendersi di questa uscita di Antonio Conte ieri sera a Bergamo. Il personaggio è noto, lo conoscono tutti, non ama le mezze misure e questo ha i suoi pro e i suoi contro. Il contro si è visto anche ieri, quando ha esposto in pubblica piazza il proprio malcontento per la gestione della comunicazione da parte del club nerazzurro, senza troppi giri di parole. Al punto da suggerire una short-list degli imputati nel suo processo personale. I pro sono gli stessi motivi per cui Suning e Beppe Marotta lo hanno voluto alla guida dell'Inter: un uomo così affamato di vittoria, quasi ossessionato, è il profilo giusto per riportare la squadra dove merita, per permetterle di tornare a vincere. Nessuno, per questa ragione, deve pretendere che Conte agisca da interista (per quanto, recentemente, lui stesso ha sottolineato l'evidente disparità di valutazione da parte dei media o dei vertici istituzionali). Deve semplicemente contare sul fatto che entrambe le parti in causa mirino a vincere. Dopotutto, non era interista Giovanni Trapattoni, non lo era Roberto Mancini, non lo era José Mourinho, figurarsi Leonardo, per citare gli ultimi allenatori che hanno alzato un trofeo alla guida dei nerazzurri. Ma con la loro professionalità, unita al desiderio dell'ambiente, hanno saputo raggiungere gli obiettivi per la gioia della tifoseria. Questo è ciò che viene chiesto a Conte e questo è il suo obiettivo personale, manifestato indirettamente e con parole dure anche ieri sera all'Atleti Azzurri d'Italia.
L'attacco frontale del tecnico salentino non riguarda il mercato, per quanto il riferimento alle fatiche per farsi prendere Romelu Lukaku non sia certo un pensiero marginale. Lo sfogo di ieri riguarda la gestione della comunicazione da parte del club, a suo dire troppo debole e piena di falle. Troppi spifferi, troppa libertà concessa ai media di criticare anche gratuitamente l'operato di tecnico e squadra, anche di fronte a risultati positivi e in linea con le previsioni. Nessuna arringa difensiva quando serve. Atteggiamento ancora più evidente se si considera il credito concesso dagli organi di informazione ad altre piazze, il cui bilancio è decisamente meno entusiasmante alla fine di questo campionato.
Ecco alcuni degli episodi mediatici a cui fa riferimento l'allenatore.
Le perplessità che hanno accompagnato il suo arrivo in nerazzurro, il costante richiamo alla sua juventinità, con tanto di filippica in conferenza stampa contro chi alzava volontariamente i toni provocando reazioni, verbali e non solo, violente. Ben lontane dalla mentalità inglese e pericolose per le possibili conseguenze. Il famoso Salvo24 resta indimenticabile in tal senso.
La storia del proiettile inviato nella sede nerazzurra e a lui destinato, notizia che avrebbe preferito rimanesse tra le mura interne e che l'ha profondamente colpito a livello personale.
La marea di dubbi su Lukaku, non degno della valutazione di mercato persino prima che arrivasse, salvo poi diventare un giocatore di livello internazionale quando era dato per vicino alla Juventus. Per non parlare delle critiche al suo stato di forma, tornate in voga costantemente e senza alcuna ragione particolare. Critiche a cui non ha fatto seguito la coerente celebrazione dei numeri da record di un attaccante rivelatosi fondamentale per l'Inter e tra i migliori di tutto il campionato.
Stesso trattamento rivolto anche a Lautaro Martinez, le cui mancanze in zona gol venivano appuntate anche in sua assenza per squalifica (chi dimentica il conto dei giorni senza gol?), salvo poi diventare conseguenza di un futuro lontano dall'Inter tra distrazioni, testa altrove e voglia di andarsene (a cui l'attaccante ha risposto platealmente dopo il gol al Napoli).
L'apice dell'aggressione mediatica probabilmente è stato toccato con Christian Eriksen, bollato come sopravvalutato quasi prima di mettere piede in campo. Una linea editoriale condivisa un po' da tutti gli organi di informazione sportiva ancora in ampio uso. Alla faccia di un bilancio personale del danese migliore di altri calciatori con maglie diverse, non certo maltrattati allo stesso modo. E si parla di un giocatore che nobilita il calcio italiano ma che è stato trattato come un brocco inadatto. Allucinante.
C'è poi Marcelo Brozovic, che sul campo non ha dato motivo di muovergli troppe critiche ma extra campo è stato al centro di più di una polemica. Si pensi al litigio con Lukaku nello spogliatoio, che lì doveva rimanere e invece qualcuno ha portato all'esterno (e Conte non ha mancato di sottolinearlo nella conferenza successiva). Oppure all'episodio del tasso alcolemico leggermente oltre la media. Infine, e questo forse è l'episodio che ha fatto traboccare il vaso, l'episodio del pronto soccorso, che ha trovato ampio spazio dal punto di vista mediatico e ha scosso non poco lo spogliatoio che di certo non si aspettava tanta enfasi.
In barba ai numeri, non è mancata la punzecchiatura alla difesa dell'Inter, che per qualcuno faceva acqua nonostante fosse tra le migliori all'epoca e si sia rivelata, a fine campionato, quella meno battuta in tutta la Serie A.
A questi singoli casi, a cui se ne potrebbero aggiungere altri, Conte può sommare le continue voci sul suo esonero o sul suo addio per risultati non all'altezza (nel periodo delle gare contro Sassuolo e Bologna), accompagnate dagli attacchi feroci alla squadra, che nonostante le difficoltà affrontate tra infortuni e squalifiche non ha goduto mai di un minimo di tolleranza, non come le altre dov'è si vivevano difficoltà pari se non peggiori. Un autentico assedio a cui nessuno in società ha posto rimedio, anzi c'è chi, a detta del tecnico salentino, ha alimentato la fuga di notizie e del famoso #CrisiInter invece di proteggere lui e la squadra come sarebbe stato ovvio. La chicca è poi il confronto con Stefano Pioli, che ha vinto il derby della simpatia. Così, dal nulla.
C'è poi l'enorme questione del peso politico dell'Inter: la storia del calendario, sottolineata dall'allenatore con più di una punzecchiatura a Marotta, evidenzia come in Lega il club nerazzurro conti poco, decisamente meno di Lazio e Napoli, ad esempio. E le conseguenze si riflettono sulla squadra, costretta a un surplus di lavoro più impegnativo rispetto ad altre.
Il mercato non era al centro dello sfogo di ieri, ma è chiaro che rimanga sempre un conto aperto con la proprietà. Conte per questa stagione ha insistito fortemente solo su tre giocatori: Lukaku, Arturo Vidal ed Edin Dzeko. Il primo, tra mille fatiche, è arrivato mentre il secondo è ancora a Barcellona e il terzo ha rinnovato con la Roma. Il resto del gruppo se l'è ritrovato, ha accettato la linea societaria di investire sui giovani come Nicolò Barella e Stefano Sensi, plasmandoli e portandoli al livello desiderato. Meno bene è andata con Valentino Lazaro, dimostratosi inadatto alla sua filosofia. Quando tempo fa Conte fece riferimento al pacchetto preconfezionato, si riferiva appunto a una rosa già maneggiata dalle scelte societarie (comprese le cessioni), su cui lui ha avuto poco margine di manovra e questo limite è stato evidenziato dalle assenze di molti calciatori in momenti clou.
Chiaramente, il mister non è esente da errori, alcune partite potevano essere gestite meglio, così come certe scelte tecniche e tattiche. Però i numeri parlano chiaro, con una rosa non da scudetto alla fine ha chiuso a un solo punto dalla tanto decantata Juventus, portando l'Inter sul secondo gradino del podio come non accadeva dal 2011. Passi avanti enormi, ma la prossima stagione deve essere quella della svolta è Conte vuole avere la certezza che quanto accaduto in questa non si ripeta. Non solo sul mercato, ma anche nella gestione della comunicazione ai media. Perché se anche continuassero a piovere attacchi (a cui lui, provenendo dalla Juventus, non era certo abituato), e probabilmente succederà, lui pretende che il club risponda con lo stesso vigore e che soprattutto dalle mura del Suning Training Centre non esca alcuno spiffero. Per vincere sul campo serve una società forte in tutte le sedi e chi critica Conte per lo sfogo di ieri sera oggi, a mente fredda, può riflettere sulle motivazioni che lo hanno provocato. E forse capirà che l'allenatore salentino, pur nel suo essere troppo estremista in certi aspetti, alla fine non ha tutti i torti.
Detto ciò, un margine sul suo possibile addio a fine stagione va mantenuto, perché proprio Conte in passato ha dimostrato di non avere problemi a stracciare un contratto e abbandonare una comfort zone se non è contento di come vanno le cose e se pensa che il club non lo segua fino in fondo. La speranza è che le parole di Bergamo non portino a una frattura tra lui e la proprietà ma servano come linea guida per continuare a crescere. Insieme, naturalmente.
VIDEO - SPALLETTI '17/'18, ECCO LA CONFERENZA A CUI FA RIFERIMENTO CONTE
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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