'Inter Legends', il nuovo programma di InterChannel, accoglie per questo appuntamento una vera e propria bandiera nerazzurra. L'ospite d'onore di questa sera, infatti, è l'attuale team manager della società, lo Speedy Gonzales di mille battaglie che con la maglia nerazzurra ha conquistato tutto, Italia, Europa e mondo. Di seguito tutte le parole del grande Ivan Ramiro Cordoba riprese per i lettori di FcInterNews.it.

"Chi è dell'Inter non può essere di altre squadre. L'Inter è unica e speciale. Quando arrivai all'Inter dissi al presidente: io sono qui". Esordisce con questo pensiero il colombiano che poi prosegue scherzando sulla propria altezza: "Altezza? Sì, sono 173cm (ride, ndr). Sono sempre stato consapevole del mio fisico e delle difficoltà che avrei potuto incontrare, ma sin da piccolo ho cercato di sviluppare doti come velocità e stacco e crescendo ho capito che per fare la differenza dovevo lavorare proprio su questo".

Gli inizi al Deportivo Rionegro: il commento di Ivan sul grande Higuita - "E' particolare, ha caricato tanto la squadra e con la sua presenza è stato importante. L'unico suo neo è quello di non essere mai stato nella massima serie. Il Rio ha sempre lavorato bene a livello di settore giovanile e, personalmente, mi ha aiutato ad arrivare al Nacional, la squadra più importante e che ha tantissimi tifosi. E' speciale perché è il club della mia città, Medellin".

Sul San Lorenzo - "E' la squadra di Papa Francesco, una delle squadre migliori e che ha sempre lottato per i vertici. Ha una storia particolare, hanno cambiato anche lo stadio: le tribune erano in legno una volta- questo è quello che mi hanno raccontato - e nelle occasioni in cui c'erano tante persone si creava un casino tremendo. Quando fu necessario il cambiamento di impianto la gente non fu contenta perché lo stadio vecchio era quello storico del club. Ci fu anche una 'raccolta firme' per tornare nella vecchia 'casa'".

Arrivo a Milano - "Il presidente del San Lorenzo mi disse che mi voleva soprattutto il Real Madrid. Gli spagnoli erano disposti a pagare di più, sia a livello di cartellino che di ingaggio. Io, però, volevo solo l'Inter e quando decido una cosa non la cambio. Ero motivatissimo nel venire qui".

6 gennaio 2000, esordio contro il Perugia con un bel 5-0 - "Grande inizio e ricordo con emozione l'entrata a San Siro: fu particolare anche se faceva freddissimo ed io volevo solo entrare in campo e fare bene. Il mio ex tecnico al San Lorenzo mi caricò tantissimo e le sue parole mi aiutatorono sempre. Fu una grande gioia vincere quell'incontro".

Gara dell'Olimpico e l'infortunio di Ronaldo - "Fu un momento molto triste e difficile per tutti gli interisti, soprattuto per Ronaldo. Il gruppo fu colpito da quel grave ko, anche perché lui era una bella persona, molto tranquilla. Fu un grande dispiacere, ma ritornò con forza e riuscì a rimettersi in gioco. Noi contavamo molto su di lui e non averlo avuto per tanto tempo è stato un ostacolo grande per noi".

Stagioni con Hector Cuper, il pensiero sul tecnico argentino - "Lo dirò sempre: con lui abbiamo messo le basi per creare le vittorie che sono arrivate negli anni successivi. Svolse un lavoro grandissimo e ci mise in testa l'idea di essere protagonisti. Così è stato".

Coppia centrale con Marco Materazzi - "L'occhio dell'allenatore e dei visori fu importante e con Marco ho fatto anni bellissimi, anche se altri andarono meno. Tutto sommato siamo soddisfatti di quello che abbiamo dato. I momenti difficili servono per stare sul pezzo, pensando che il lavoro paga sempre. Abbiamo vissuto tanti momenti bellissimi insieme".

Annata sfortunata, quella del 5 maggio 2002 - "Dovremmo fare un programma a parte solo per questa gara. Avevamo la sensazione di essere molto vicini al titolo e tutto sembrava incredibile. La storia, in seguito, ha fatto capire come è andata veramente quel periodo".

Annata 2002-2003, semifinale di Champions League contro il Milan - "Due gare di altissima tensione e concentrazione, volevamo fare la partita della vita. Tutti parlavano solo di quel match, anche nei vari settori lavorativi. Ancelotti e lo sfogo post partita? Possono succedere cose di questo tipo. A volte non serve tutta questa 'carica' perché tutto era già al massimo, quindi capisco il suo sfogo".

Periodo con Roberto Mancini, Zanetti è con la Nazionale argentina e Cordoba alza la Coppa Italia consegnata da Galliani. Il vento comincia a girare - "Cominciava a sentirsi un'aria molto fresca (ride, ndr). Fu un onore alzare quella coppa ed essere l'incaricato di quel gesto che avrebbe dovuto fare Javier. Dopo che hai alzato il primo trofeo ti senti più carico ed è una responsabilità bella, che ci ha dato tanti stimoli e capisci dentro di te che quella è la strada giusta".

Arriva Walter Samuel, Ivan analizza il proprio comportamento in campo - "In campo mi trasformavo e non esisteva la parola amicizia per gli avversari e li vedevo come quelli da battere, volevo solo difendere i miei compagni. In campo non guardavo in faccia a nessuno, poi ovviamente, finita la partita, tutto terminava".

Stagione 05-06 - "In quel periodo c'era Mihajlovic che batteva i corner e io mi inserivo nei calci piazzati. Bastava spizzarla ed era gol".

Vittoria in Coppa America con la Colombia - "Non avevamo mai vinto quella competizione. Ci preparammo per quell'appuntamento avendo pesanti problemi interni come nazione. C'era molta paura per quel conflitto interno e la Colombia diede ugualmente le opportune garanzie per far svolgere il torneo. Noi eravamo già in ritiro, quindi eravamo pronti".

Gol decisivo di... Cordoba - "Mi marcava l'avversario più alto, ma era una punta. Io ho cercato di distrarlo un po' e sono riuscito a rubargli il tempo, proprio come avevamo preparato in allenamento. C'era un po' di tensione per i rigori, io ero il capitano e cominciavo a pensare proprio agli 11 metri, ma andò benissimo. Vedere un paese intero in festa fu una grandissima emozione e guardare il popolo colombiano festante per le strade fu una cosa positiva per tutti. Fu tutto magico, a volte riguardo le immagini e i commenti per capire bene tutto. Nonostante il clima extra campo tutti si fermarono per guardarci".

Stagione 2006-2007 - "Eravamo messi molto bene in tutti i reparti. Avevamo tranquillità, eravamo sicuri di noi stessi e la gente capiva il momento. Sapevamo tutto a memoria, con Maicon c'era sintonia assoluta e lo stesso nell'altra fascia. Così come Javier, ormai a quel punto bastava un'occhiata e ci capivamo al volo".

Zlatan Ibrahimovic - "Ha il suo carattere, è un giocatore fortissimo con un carattere speciale, ma in certi momenti è normale che quando uno tende ad alzare di più la voce in modo sbagliato possa capitare che si arrivi allo scontro. Con lui accadde proprio questo".

Stagione 2007-2008 - "Ricordo con piacere il quarto gol nella trasferta contro la Roma. Giocavamo a memoria e sapevamo tutto alla perfezione. In quel gol ci fu un rimpallo, ma sapevo i movimenti da fare e, infatti, arrivò la mia rete".

Capitolo Champions League... amara - "Liverpool? Pensavamo di passare, nonostante lo stadio, uno di quelli che mi è rimasto particolarmente nella mente. Dopo diventa difficile pensare di passare il turno, anche se avevamo giocatori forti, quando prendi gol a 15' dal termine".

José Mourinho - "Ci vedemmo la primissima volta in palestra. Voleva conoscere tutti e tutto, io stavo lavorando per recuperare dal mio ko al ginocchio e lì ci siamo incontrati. Sapeva già tutto di me e l'impatto tra noi fu molto buono".

I gol nel 2008-2009 - "Quello contro il Napoli non me lo sarei mai aspettato, è stato un gesto istintivo. Di solito quando la palla viene respinta io rientro per evitare pericoli in difesa, invece qui ho deciso di rimanere in attacco. Quando ho visto la palla non ci ho pensato un secondo e ho calciato. Esultai con la capriola e ringrazai i dottori e tutte le persone che mi aiutarono nel recupero. Il gol di Reggio arrivò dopo un periodo particolare, mancava pochissimo alla fine e fu una rete importante, con la palla che passò tra la gamba di un difensore della Reggina e il palo".

Campionato 2009-2010 - "Gara interna contro la Sampdoria? A un certo punto eravamo in 9, ma per noi era una cosa normale. Ormai eravamo abituati e noi siamo particolari anche in quello. Anche contro il Milan accadde una cosa simile, era un match chiuso, ma forse questo ostacolo ha contribuito a rendere tutto più... saporito".

Champions League - "A Barcellona i 10' finali non finivano mai! Noi eravamo forti e penso che se la partita fosse andata avanti per altri 45 minuti non ci avrebbero comunque segnato. La squadra ha combattutto e siamo riusciti a raggiungere la finale".

La finale contro il Bayern Monaco - "Per me e Zanetti fu un match diverso. Mamma mia... arrivare a quel punto e vedere Pupi che alza la coppa è stato un momento bellissimo, avevo voglia di abbracciarlo perché mi sono venuti in mente tutti i momenti passati insieme, ma c'era ancora da divertirsi...".

Finale del Mondiale per club da titolare - "E' stato un momento importante, scendere in campo dal 1' contribuì a darmi ulteriore carica. La prima partita era più 'pesante' perché ci avrebbe permesso di giocare quella dopo e quando il mister comunicò la formazione mi caricai tantissimo e quel match fece capire quanto ancora poteva dare quel gruppo".

Ultimo giorno da giocatore, la partita contro il Milan - "Non avrei mai immaginato di entrare e dire addio al calcio in quel modo. Volevo dire addio proprio in campo, ma quel match andò oltre tutto. Vedere i miei compagni scaldarsi con la mia maglia fu bellissimo, troppo bello. Farei un altro addio al calcio (ride, ndr)".

Momento fotografico

Yepes - "Quasi un fratello, ci siamo conosciuti quando avevamo 15 anni. Abbiamo giocato insieme sia nei vari club che in Nazionale. Abbiamo vinto la Coppa America e siamo arrivati in Europa praticamente nello stesso momento. Siamo stati sempre 'collegati', anche da avversari. Nei derby Mourinho mi faceva marcare lui volontariamente! (ride, ndr)".

Fondazione 'Colombia te quiere ver' - "Ho voluto condividere la tanta fortuna che Dio mi ha donato e, insieme a mia moglie, ho voluto dare inizio a questo progetto".

Adriano Leite Ribeiro - "Poteva essere il migliore di tutti. E' una persona molto buona, fisicamente e tecnicamente aveva tutto e questo lo dimostrò subito nel primo match contro il Real Madrid. Nella vita, poi, possono accadere cose che ti ostacolano e dispiace perché avrebbe potuto fare la storia nell'Inter. Il suo ricordo ci sarà sempre".

Javier Zanetti - "E' un fratello, non è un amico. Tantissimi momenti mi uniscono a lui, soprattutto i momenti duri passati insieme perché hanno rafforzato il nostro rapporto".

Inzaghi e Shevchenko - "Pippo era molto furbo e fastidioso perché si buttava. Rischiavi sempre un rigore, ma faceva il suo lavoro. Sheva era formidabile, se mollavi un attimo lui ti puniva. Erano belle lotte, spero che anche loro possano ricordarsi di me come avversario".

Massimo Moratti - "E' stato come una 'mamma' che cura sempre i suoi figli, facendoli sentire responsabili, ma con la voglia di andare in campo e giocare per squadra e tifosi. Il suo aiuto fu importante per poter raggiungere tutto quello che abbiamo ottenuto dopo. Lui mi conosceva già prima del mio arrivo a Milano e sono fortunato perché ho condiviso con lui la mia esperienza all'Inter, un club unico e speciale".

Erick Thohir - "Vuole portare il calcio a un livello superiore, con la sua passione e le sue idee, oltre che con l'esperienza. Vuole il bene dell'Inter per portarla ai massimi livelli. Il progetto è ben definito, noi dobbiamo ascoltarlo e lavorare tutti insieme per fare in modo che il club diventi quello che lui ha in mente. L'Inter deve tornare a essere protagonista".

Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 08 maggio 2014 alle 22:12 / Fonte: InterChannel
Autore: Francesco Fontana
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