"I miei errori sono iniziati nella partita con la Pistoiese di 12 anni fa. Concordammo il risultato, non posso continuare a dire diversamente. E se qualcuno vorrà altre spiegazioni, sono pronto a darle". In una lunghissima intervista concessa alla Gazzetta dello Sport, Cristiano Doni ha parlato del suo momento delicato, dando uno sguardo generale ale sgradevoli abitudini del calcio italiano. Quello che ne viene fuori è l'immagine di un mondo marcio. "In Italia molte cose sbagliate diventano la prassi - spiega Doni -. Anche nel calcio. Mi vergogno di quando andavo e più spesso venivamo a chiedermi di non impegnarci perché a noi il risultato non serviva. In Spagna, dove ho giocato, non è così: la regolarità della una sfida è sacra. Da noi ti guardano male se fai il contrario". Parole durissime. "E sono vergognosi gli inseguimenti negli spogliatoi tra calciatori perché una squadra già retrocessa non ha perso in casa di una pericolante. E mi domando: perché nessuno fa nulla? Perché gli arbitri non sospendono una gara se si accorgono che un giocatore fa segnare l'avversario? Perché i tanti ispettori della procura federale non capiscono quello che ogni tifoso presente allo stadio intuisce? Il calcio non può continuare così, non è credibile". Poi un appello. "Sono stato stupido. Non fate come me, raccontate tutto il marcio che c'è come ha fatto Masiello".

Per la cronaca, la partita Atalanta-Pistoiese di Coppa Italia del 20 agosto 2000 finì 1-1. Ci fu un processo sportivo, come ricorda la Gazzetta, per tanti giocatori, compreso Doni, Allegri, Zauri e Siviglia. "Molti scommisero personalmente: non era ancora vietato. In primo grado quasi tutti condannati per illecito, ma in appello assoluzione generale. Mancava la pistola fumante di quel tarocco nonostante i sospetti fossero quasi certezze". Oggi quella pistola c'è.

Sezione: FOCUS / Data: Sab 28 gennaio 2012 alle 10:25 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni
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