Arrivato nel settore giovanile dell'Inter nel luglio 2015, Matteo Rover ha vissuto una prima, indimenticabile, stagione da professionista. Prima 6 mesi al Vicenza, poi la seconda parte di annata passata nel Pordenone, con cui ha centrato la promozione in Serie B. Una prima volta storica per i 'Ramarri', a cui anche il giovane classe '99 ha contribuito con 13 presenze.
E' mancato solo il gol all'ala destra, in prestito ai friulani dall'Inter, che ha parlato in esclusiva ai microfoni di FcInterNews.it, raccontando cosa ha provato in questa stagione e quali potranno essere i suoi obiettivi. Sempre in chiave nerazzurra.
Prima di stagione tra i professionisti: impressioni?
"Un mondo nuovo, davvero. Non pensavo di trovare così tante differenze. La più grande credo sia dal punto di vista fisico, perché c'è gente molto strutturata, con diversa lettura delle situazioni. Secondo me sono mondi totalmente diversi. Il settore giovanile insegna a giocare a calcio, detta il livello qualitativamente, mentre tra i professionisti contano di più i risultati. Anche nel settore giovanile, ma lì dopo una sconfitta arrivata giocando una buona partita te ne fai una ragione, qua invece non c'entra nulla.
Dal punto di vista tattico invece siamo più o meno allo stesso livello. Tra i grandi ti rendi conto quanto sia importante "fare spogliatoio". Prima di Pordenone sono passato a Vicenza, e ho trovato due gruppi totalmente diversi. A Vicenza forse il gruppo era meno coeso, qui invece è stata tutta un'altra cosa. Non c'è una gran differenza, ma a Pordenone il gruppo mi è sembrato più unito, tutti hanno dato il massimo cercando di ottenere dei grandi risultati. Questo dimostra secondo me che il gruppo fa molta differenza. Essere coinvolto in un gruppo di grandi poi fa moltissimo, perché ricevi consigli, impari a fare molte cose. Capisci di avere a fianco giocatori di esperienza. E' un punto di crescita anche per me, avere giocatori che mi indirizzano, che mi aiutano. Io in quest''ultimo anno sono cresciuto molto, perché confrontarsi con giovani come te è un conto, affrontare gente con 20 anni più di te è totalmente diverso".
A questo proposito, hai trovato un ostacolo particolarmente duro da superare nel passaggio dai professionisti? Un passaggio invece per cui ti sei fatto trovare pronto?
"La cosa che noti subito è che tra i giovani serviva agonismo, mentre qui va giustamente dosato. Certi contrasti, per esempio, magari coi giovani li facevi, mentre qui no perché comunque è giusto valutare. Bisogna avere un minimo di rispetto per chi è più grande. Ora con un anno in più nelle gambe so come comportarmi, so che in allenamento non conviene mettere la gamba se sei in ritardo. Con gli avversari, ovviamente, va mantenuta la giusta dose di aggressività. Io in questo mi sono sentito un po' indietro, ma sono cresciuto. Serve una cattiveria diversa. Dopo 2-3 mesi in cui capisci come va, tutto è molto più semplice.
Invece una cosa in cui sono riuscito a giocarmela fin da subito è l'intensità fisica: gamba, tiro. In questo mi son trovato già dentro al mondo".
Hai faticato a trovare spazio nella prima metà di stagione a Vicenza, per poi importi con più continuità nella seconda parte di campionato di Serie C con il Pordenone. Cosa pensi sia cambiato?
"Diciamo che vista la stagione fatta in Primavera, sapevo che sarebbe stato difficile, parlando anche con altri ragazzi usciti dal vivaio. Trovare spazio tra i grandi è tutta un'altra cosa rispetto al trovar spazio nei giovani. E poi c'è stata questa avventura sfortunata a Vicenza: stavo male emotivamente, anche i mei compagni lo vedevano, ma non potevano far molto per aiutarmi. A quel punto ho provato a cambiare, abbracciando il progetto ambizioso del Pordenone. Ringrazio spesso mister Tesser perché è lui che mi ha dato la possibilità di farmi vedere, di giocare qualche minuto, che rispetto a quello che ho fatto a Vicenza era comunque qualcosa di importante. Mi ha dato fiducia, e sono stato molto contento di aver trovato questa continuità. Ma diciamo che sono stato sfortunato, non sono riuscito a fare quel paio di gol con cui avrei ripagato la fiducia, e mi avrebbero dato un po' di slancio per l'anno prossimo. Sono contento di aver potuto dare il mio contributo, anche di 5-10 minuti, e che abbiamo portato a casa un campionato. Avevo già vinto lo scudetto con la Primavera, ma fare il salto dalla C alla B è una cosa del tutto diversa. Devo ringraziare il Pordenone, mi ha dato ossigeno dopo mesi complicati di inizio stagione, ero parecchio giù. Ero abituato a giocare sempre nel settore giovanile, arrivare tra i professionisti e tutto d'un colpo non vedere il campo per 6 mesi è una bella botta. Lavorando sono riuscito a tirarmi su, e ora dovessi nuovamente star fuori 6 mesi, lavorerei in maniera ancora più forte rispetto a prima".
Come ti sei trovato a Pordenone, sia nel gruppo di Tesser, sia nell’ambiente?
"Con la squadra e col mister mi sono trovato benissimo fin dal primo giorno, ho subito percepito la voglia di farmi sentire parte della squadra, di farmi integrare al meglio. Il primo giorno ho parlato un'ora con Tesser, voleva che entrassi subito nei suoi meccanismi di gioco. La squadra mi ha accolto molto bene, non so neanche se mi conoscevano. Ci trattavamo tutti allo stesso modo, proprio perché era un gruppo unito, e i ragazzi arrivati a gennaio come me son stati subito integrati. Compagni, mister, ma anche società, tutti mi hanno voluto far sentire parte di questa famiglia, fin da quando sono arrivato. Coi tifosi mi sono trovato subito bene, ci sono stati subito vicino, forse anche per il campionato che stavamo facendo. Pordenone è una piazza non tanto grande, non è mai stata ad un passo dalla Serie B. Magari c'è stata una spinta in più. Vicenza sotto questo aspetto resta secondo me la top per la Serie C, fa quasi 10mila tifosi in casa. Passando da una piazza all'altra senti la differenza. Come città l'ho trovata bellissima anche da girare. Dopo una vittoria o una sconfitta, nessuno ti 'rompe'. Vivi l'ambiente senza troppe pressioni.
Posso dire che mister, compagni, società e tifosi mi hanno conservato una accoglienza perfetta, per un paesino così piccolo essere così uniti secondo me è un vantaggio non da poco".
Alla tua prima stagione - forse portando anche fortuna -, il Pordenone ha raggiunto la prima, storica promozione in Serie B. Che emozione è stata far parte di questo gruppo?
"Me lo ha detto anche il presidente, una volta vinto il campionato: "Allora sei tu che porti fortuna!", dopo aver vinto due scudetti con la Primavera dell'Inter, ho vinto subito anche a Pordenone. A parte gli scherzi, vincere un campionato tra i 'grandi' è diverso che farlo in Primavera. È un'emozione grandissima. Iniziare così la carriera, non sapendo come proseguirà poi in futuro, è davvero qualcosa di bellissimo. Sono molto orgoglioso di aver vinto questo campionato fantastico, spero possa arrivare la riconferma anche l'anno prossimo qui a Pordenone perché comunque mi trovo bene qui e sono pronto a dare tutto per il mister e per questi colori. È stato molto bello vincere il campionato qua. Vedere la commozione di giocatori 35enni, 38enni, fa capire quanto è importante. Io come giovane non riuscivo a capire tutta questa gioia qui. Ora mi rendo conto come trionfare in un campionato a questi livelli possa davvero cambiarti la vita. Una volta si sale in B, l'altra magari si va in Serie A. C'è stata molta soddisfazione da parte mia come da parte di tutta la squadra".
Quanto è importante, secondo te, per un giovane che esce dal settore giovanile giocare con continuità in campionato come quello di C?
"Molto, non tanto perché tu sei fuori e pensi di giocare, perché alla fine basta anche 10' per darti fiducia, per farti entrare anche nelle simpatie dei tifosi. Se un uomo entra e segna, la volta dopo i tifosi pensano 'Dai, adesso entra e segna ancora'. Anche solo in un spezzone è importante dare un buon contributo, una volta un assist, magari un'altra un buon impatto, dà tanto a te come calciatore. Nel calcio giovanile non è la stessa cosa. In questo mondo se entri bene, senti anche il pubblico che ti applaude, trasmette calore. Raramente trovi giocatori che appena usciti dal settore giovanile giocano subito partite intere o giocano 60' nel calcio dei grandi. Ma anche solo 10-15 minuti a partita, magari entri bene una volta, fai qualcosa di buono, trovi molta più fiducia, che è quella che alla fine secondo me ti serve appena esci dal settore giovanile.
Poi, ovviamente, dipende anche dal gruppo, dalla società come ti accoglie. Qui a Pordenone se non giochi, ti senti sempre parte del gruppo, del progetto. Poi se vedi che credono in te, cambia tutto. Per esempio a Vicenza, non ho giocato, non mi sono sentito molto considerato. Ed è ovvio che in un ambiente così, un giovane fa fatica".
Hai fatto parte di un ciclo vincente con l’Inter Primavera. Quale pensi sia stato il segreto?
"Eravamo un gruppo molto forte. Parlo dell'anno scorso in cui abbiamo vinto campionato, Supercoppa e Viareggio. Il segreto penso di averlo capito anche stando qui a Pordenone. Eravamo un gruppo, unito, a differenza degli altri. Poi c'è stato il mister, Vecchi, uno dei migliori secondo me in ambito giovanile, nel calcio dei grandi non l'ho visto e non posso giudicarlo. Grazie al suo lavoro, siamo sempre rimasti uniti, sempre sul pezzo. Poi noi abbiamo ripagato, con prestazioni importanti, vincendo tutto, anche il prestigioso torneo di Viareggio. Quello dell'Inter è uno dei migliori settori giovanili in Italia non solo per come ti prepara, ma anche per i risultati, penso sia il più vincente in Italia, perché si lavora molto bene. Penso che il segreto del gruppo fosse proprio quello: essere un gruppo. Poi certo, avevamo giocatori di qualità come Zaniolo, Emmers e molti altri. Eravamo forti, un gruppo forte, al contrario di altri che forse avevano qualità ma erano meno uniti. Merito del mister che ha saputo metterci insieme nel modo giusto".
Inter vincente sotto gli ordini proprio di Stefano Vecchi. Un allenatore che ha fatto cose straordinarie a livello giovanile, ma che ha faticato alla prima vera chance tra i professionisti. Tu, da suo ex giocatore, come valuti il suo modus operandi? Potrà rifarsi? Ti piacerebbe incontrarlo nuovamente lungo il tuo percorso?
"Sicuramente si potrà rifare a livello professionistico, uno come lui non si abbatte alle prime difficoltà, poco ma sicuro. Vorrei averlo, sì, perché mi ha dato tanto all'Inter, e averlo in futuro nei grandi potrebbe essere un'altra cosa, ma mi piacerebbe. Per quanto riguarda allenamenti e partite, chiede sempre il 100% a tutti, e se non fai quello che non chiede può arrabbiarsi. Se non le fai bene, comunque apprezza sempre il fatto che tu non molli mai, ma se cominci a fare il fenomeno o a non ascoltarlo, può venirti contro. Ma è un allenatore con molti più pregi che difetti, quello sicuramente. E secondo me quello di prima non è neanche un 'difetto'. Poi ha tante idee da mettere in campo, sa parlare coi giocatori, sa mettere gli uomini al posto giusto, sa fare delle scelte. A livello giovanile lo considero uno dei migliori mister che si possa trovare, a livello di calcio professionistico ha vissuto questa piccola disavventura. L'ho sentito dopo l'esonero, io stesso era molto dispiaciuto, ma lui è stato il primo a dirmi che non vuole mollare, e conoscendolo da anni sono sicuro che non mollerà dopo queste prime difficoltà".
Un compagno che hai avuto nel tuo percorso nelle giovanili dell'Inter da cui ti aspetti molto.
"Ti dico, non avrei previsto l'exploit di Zaniolo. O meglio, sì, ma non così presto. Lui è uno molto forte, lo diciamo dall'anno scorso. Uno che secondo me potrebbe fare una buona carriera è Valietti. È stato in camera con me a Interello l'anno scorso, quando non ha trovato tanto spazio, non quanto avrebbe meritato. Secondo me lui se trova la giusta continuità - come quest'anno a Crotone - dimostrerà il proprio valore, farà vedere ancora di più di quello che ha già mostrato. Può dimostrare ancora altro. Io punterei su di lui per il futuro".
Un ricordo particolare che hai della tua avventura nel settore giovanile nerazzurro?
"La cosa che mi è rimasta impressa più di tutte è la vittoria dello scudetto. Quando penso all'Inter penso sempre alla partita contro la Fiorentina, quella dell'anno scorso, quando ho realizzato il secondo gol. Forse sarà perché ho segnato, ma penso sempre a quella partita lì. Ma non a delle situazioni particolari, ma al finale, alla gioia dopo la vittoria e ai festeggiamenti nello spogliatoio e nel pullmann. Quando penso all'Inter Primavera penso a quei momenti. Ricordo quando ha fischiato l'arbitro, che siamo tutti corsi ad abbracciare il mister. Una partita, poi, la più difficile che abbiamo giocato. Loro non volevano perdere la terza finale tra Viareggio, Coppa Italia e campionato, noi al contrario volevamo fare il tris".
Stai seguendo il percorso della Primavera attuale?
"Devo dire la verità, non li sto seguendo tanto, ma quando ho la possibilità li guardo perché conosco molti ragazzi. Sono curioso perché alcuni di loro l'anno scorso ci hanno dato una mano a vincere il campionato. Ho visto che hanno fatto un inizio così così, ma si sono ripresi bene, spero riescano a vincere il campionato, anche se quest'anno mi sembra più dura rispetto agli anni scorsi. Ma ho visto poche partite in TV. Li sento, ma non conosco le dinamiche dello spogliatoio. Ho rapporti coi 99 che sono riusciti a giocare con me, agli altri sono meno vicino".
Obiettivi per il futuro?
"Il mio sogno rimane giocare in Serie A, e lo è tutt'ora. Ma adesso come adesso il mio desiderio sarebbe quello di rimanere qui a Pordenone, di giocarmi la B con loro, perché ce la siamo meritati sul campo. Poi questo è un gruppo fantastico, voglio bene al mister. Per questo, la mia volontà principale è quella di rimanere ancora qui a Pordenone. In futuro sogno la A, magari con l'Inter, che mi ha cresciuto negli anni. Il mio sogno principale rimane quello di giocare in Serie A, se con l'Inter meglio ancora. Ma il desiderio per il prossimo anno, e ne parlerò con l'Inter e col Pordenone, è quello di rimanere qui".
Autore: Federico Rana / Twitter: @FedericoRana1
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