Mario Corso, ex bandiera della Grande Inter, si è raccontato a FcInterNews.it ripercorrendo il suo passato in nerazzurro e parlando a tutto tondo della situazione legata alla squadra di Spalletti.
Tra le tante pagine di storia scritte con la maglia dell’Inter, qual è il suo più bel ricordo legato ai colori nerazzurri?
"Rammento con orgoglio la cavalcata che ci ha portato ad alzare al cielo la prima Coppa dei Campioni (1963-64, ndr). Sono molto legato alla semifinale di ritorno contro il Liverpool: a San Siro completammo una rimonta perfetta, davanti al nostro pubblico, nella quale andai anche a segno siglando il provvisorio 1-0, aprendo le danze di una partita rimasta nella storia".
La Grande Inter è universalmente riconosciuta come una delle più forti squadre della storia del calcio: qual era il vero punto di forza di quel gruppo?
"Il cerchio era molto corto, giocavano sempre i soliti 13/14 giocatori per cui eravamo, e siamo sempre stati, molto uniti. Nello spogliatoio si respirava un bel clima, ciascuno di noi era determinato per il raggiungimento del risultato e tutti mettevamo in campo il 100% per questa maglia".
Il suo rapporto con il Mago?
"Conservo un ricordo non positivo di Herrera. Non digeriva la mia presenza, ogni anno si presentava dal Presidente e chiedeva la mia cessione. Ma io non ho mai mollato e sono rimasto per tanti anni a Milano, alla fine se n’è andato lui. Poi è tornato nel ’73 ed ha insistito ancora sul fatto di non volermi insieme a lui. C’è stato un lungo dissidio, il rapporto Corso-Herrera esisteva soltanto in campo".
Se qualcuno la spingeva via da Milano, qualcun altro remava nel verso opposto…
"Esatto. Il Presidente Moratti fu molto cordiale nei miei confronti: mi diceva sempre che Herrera faceva di tutto pur di mandarmi via, ma lui era assolutamente contrario a un mio addio. Gli riferiva che mi aveva messo sul mercato ma nessuno voleva acquistarmi. È stato disonesto, ma a fin di bene".
Quale ricordo conserva di Giacinto Facchetti?
"È stato un grande uomo. Ha sempre giocato per l’Inter, dando il massimo per questa maglia. Era una persona squisita, un gentiluomo vero. Ma devo dire che tutto il gruppo era composto da gente veramente eccezionale, sia in campo che fuori".
Un pensiero particolare va anche a Giuliano Sarti, scomparso lo scorso 5 giugno…
"Assolutamente sì, era una bravissima persona e con lui ero particolarmente legato. Sono andato anche al suo funerale, è stato toccante per me salutarlo per l’ultima volta".
Lei è l’inventore della cosiddetta punizione "a foglia morta", ripresa poi nel calcio moderno da giocatori come Pirlo, Baggio e Del Piero, anche se con l’altro piede. Com’è nato questo modo di calciare?
"Non è facile colpirla così: bisogna avere innanzitutto delle ottime qualità tecniche. E ci vuole poi tanto allenamento. I calciatori che sono venuti dopo di me negli anni hanno forse avuto un piccolo vantaggio: ai miei tempi il pallone era molto pesante e poco giocabile. Non era affatto facile alzarlo e scavalcare la barriera".
Facciamo adesso un tuffo nel presente: come vede la squadra di Spalletti quest’anno?
"Con l’avvento del nuovo allenatore è cambiato tutto, l’intera rosa - che è rimasta pressoché invariata rispetto alla scorsa stagione - ha un rendimento molto superiore. Spalletti è riuscito a tenere la squadra unita, è entrato nella testa dei giocatori. La squadra corre molto e i giocatori si aiutano a vicenda. Gran merito di questo improvviso miglioramento va dato al tecnico certaldese".
Da grande specialista quale è stato, a chi affiderebbe l’incarico delle punizioni in casa Inter?
"Il vero problema è questo: non riesco a capire come mai da diversi anni non ci sia uno specialista. Negli ultimi anni all’Inter ne sono stati segnati davvero pochi di gol su punizione. Perisic avrebbe le qualità per prendersi questa responsabilità, però vedo che non si sente sicuro. Probabilmente non si allena molto a calciarle".
Un’opinione su Mauro Icardi, che domenica contro il Chievo l’ha raggiunta nella classifica generale dei marcatori nerazzurri…
"Mi auguro che passi subito il numero 94 e vada avanti il più possibile. Ha qualità e capacità per fare ciò che vuole. Mauro merita questo ed altro, il raggiungimento del mio score non deve vederlo come un traguardo ma come un punto di partenza. Siamo di fronte a un grandissimo giocatore".
In quale giocatore della rosa attuale rivede le sue caratteristiche?
"Ognuno ha le proprie qualità, rispetto a quarant’anni fa ci sono stili di gioco completamente diversi. Perisic è mancino così come lo ero io, fa cose bellissime ma in modo differente. Giocatori uguali tra loro non ci sono mai stati".
Cosa si nasconde dietro la manita al Chievo?
"Si vede che rispetto agli altri anni c’è stato un grande miglioramento. Domenica l’Inter ha condotto la miglior prestazione stagionale: tutti hanno giocato bene, c’è stato un dominio totale dal punto di vista territoriale e non solo".
Sabato sera i nerazzurri sono attesi al varco per il big match…
"Juve-Inter è un classico del calcio italiano, un appuntamento immancabile. Noi siamo messi bene, possiamo farcela. Sarà una gara difficile ma alla nostra portata".
Per concludere, un breve pensiero sulla Nazionale…
"L’esclusione dal Mondiale è stato qualcosa di impensabile visti gli avversari che abbiamo incontrato, però la squadra ha dato pochissimo e secondo me in fin dei conti questa Italia non era molto competitiva. Mi è sembrata una squadra anche un po’ scarsa".
Autore: Andrea Pontone / Twitter: @_AndreaPontone
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