Non sono un tecnico, non sono un fanatico di statistiche (del giorno dopo) alla Sconcerti, in genere non mi piacciono i procuratori dei calciatori che parlano in nome e per conto dei loro “assistiti”. Per di più, ogni anno, quando arriva il momento del calcio mercato, da giornalista abituato a lavorare sulle notizie certe, soffro molto nel leggere titoli a sette, otto o nove colonne (dipende dal formato del quotidiano) totalmente basati su panzane, o “si dice”, o peggio ancora, su tentativi palesi di manomettere la regolarità delle contrattazioni, a beneficio dei polli di turno. Lo so: questa è una premessa terribile per un editoriale. E forse, a questo punto, più di metà dei lettori ha cliccato sulla home page del portale in cerca di qualcosa di più appetibile. Ma non ci posso fare niente. Vivo ancora con un certo disagio questa fase di passaggio della nostra storia. Intendo la storia dell’Inter, naturalmente. Crisi d’astinenza, innanzitutto. Non si può finire così una stagione complicata, asmatica, faticosa, eppure capace di regalarci tre perle stupende, e di farci sospirare per le altre due, ingordi e assatanati come siamo stati per un anno che ricordiamo giorno per giorno (date, numero di gol, minuto esatto… formazioni, sostituzioni, insomma: tutto). Ci voleva quanto meno una festa, tutta nostra, con la squadra Campione del Mondo, al Meazza (prima che cambi nome).
Invece il rompete le righe, per le vacanze anticipate e per i ritiri delle duecento nazionali sparse per il globo, ci ha privato della fetta di dolce e dello spumante. Abbiamo brindato da soli, o in piccole compagnie. Ci siamo scambiati cenni di intesa, ammiccamenti, ma poco più. E ora siamo alle prese con il Grande Guado verso la Rivoluzione Dolce. Già, perché ormai è chiaro, questa volta non staremo fermi a pettinare le bambole o a smacchiare le zebre… Il mercato ci sarà. Arrivi e partenze. Non numerosi gli arrivi, credo, e neppure tante le partenze. Però qualcosa sta succedendo. Dove? Con chi? Le notizie di questi giorni sono un po’ strane, volatili. Mi pare di essere sulla spiaggia, quando la risacca comincia a preannunciare l’alzarsi della marea. Un momento di quiete, con pochi gabbiani che volteggiano in cielo e girano in cerchi concentrici, prima larghi, poi sempre più serrati, fino a tuffarsi ad afferrare col becco il pesce che già avevano predestinato da tempo per la cena.
La scelta di conservare Leonardo in panchina sembra proprio la premessa di un passaggio dolce verso il nuovo, ed effettivamente c’è bisogno di un traghettatore, che si intenda di calciatori forse ancora più che di calcio. E questo a Leo lo riconoscono tutti. A mio parere il problema più serio è il complesso del centrocampo. Zanetti, Stankovic, Cambiasso e Thiago Motta non sono mai stati, nello scorso anno, in forma tutti e quattro nello stesso momento. I nostri guai sono cominciati lì, dove il gioco si imposta o si subisce, dove gli avversari possono creare superiorità numerica o venire infilzati da fulminanti aperture e lanci centrali o sulle corsie. Mi stupisce che si parli tanto degli attaccanti, di Sanchez, di Tevez, di Giuseppe Rossi. E poco del centrocampo. Io credo che almeno un innesto di gran classe, lì, tra la difesa e Sneijder (guai a lasciarlo scappare senza combattere fino all’ultimo euro!), ci voglia come il pane.
Perché i vari Mariga, Obi, Kharja, Coutinho, non sono – con tutta la simpatia e il rispetto – alternative capaci di farci mantenere identità di gioco a livello di Champions o di scudetto. Dietro siamo messi decisamente meglio, con Lucio e Samuel di nuovo insieme, con Yuto Nagatomo e Maicon (se resta), senza contare Chivu e Ranocchia. E in porta Julio Cesar con prima alternativa Viviano. Davanti abbiamo Eto’o, Pazzini e un certo Milito che, se non ho avuto le traveggole, sta tornando a interpretare il ruolo del Principe di un anno fa, o quasi. E poi, se non sbaglio, sta arrivando il giovane di belle speranze Castaignos. Perché mai dovremmo impazzire su un mercato da nababbi, quando il nostro vero obiettivo dovrebbe essere, appunto, una Rivoluzione Dolce, un passaggio indolore attraverso le generazioni, plasmando la squadra del futuro sulle orme di quegli incredibili protagonisti di un 2010 indimenticabile?
Diciamo la verità, l’alchimia più difficile e delicata, vera prova per Moratti, Branca, Ausilio e Leonardo, sarà quella di proporre innesti di qualità senza spaventare il gruppo, senza ripetere l’errore commesso da e con Benitez. Ma qualcosa, lentamente, deve accadere. Per non dover ricorrere alle primarie, il giorno in cui ci renderemo conto che capitan Zanetti, e gli altri eroi di Madrid, potrebbero aver bisogno di un erede.
*Franco Bomprezzi, nato a Firenze, 58 anni, giornalista e scrittore. Vive e lavora in sedia a rotelle per gli esiti di una malattia genetica. Professionista dal 1984, ha lavorato in quotidiani, agenzie di stampa, portali internet. Attualmente free lance a Milano, esperto di comunicazione sociale. Editorialista del magazine “Vita”, modera il forum “Ditelo a noi” di corriere.it, è direttore responsabile di DM, periodico della Uildm, unione italiana lotta alla distrofia muscolare, e del portale Superando.it. Ha scritto “La contea dei ruotanti” (1999) e “Io sono così” (2003). Membro del comitato scientifico della Fondazione Vodafone, è portavoce di Ledha, Lega dei diritti delle persone con disabilità, è stato nominato Cavaliere della Repubblica il 3 dicembre 2007 dal presidente Napolitano in occasione della giornata internazionale delle persone con disabilità.
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